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L’impianto manualistico serve poco
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L’internazionale liberale dalla Spagna (1820-1823) alla Grecia (1821-1829)
Se la scelta del Foscolo rappresentò l’opzione clamorosa di un personaggio famoso, la decisione di un eroe solitario che sdegnato abbandonava la patria per non farvi più ritorno, fu solo con i moti napoletani e piemontesi del 1820 e del 1821 che si assisté al primo esodo di massa.
Chi erano e dove si diressero i numerosi fuoriusciti di quella prima grande migrazione politica?
Quelli che sbarcarono in Spagna, dove per un triennio (1820-1823) sventolerà la bandiera della Costituzione, erano in larga maggioranza gli ufficiali e gli uomini d’arme che erano stati protagonisti delle insurrezioni nel Regno di Sardegna e nel Regno delle Due Sicilie; un numero inferiore, ma significativo, era costituito da studenti, liberi professionisti e intellettuali, alcuni dei quali erano stati al centro delle breve ma intensa stagione de «Il Conciliatore».
Si andava in Spagna per combattere con l’esercito rivoluzionario in difesa della Carta costituzionale e per combattere con la forza delle parole e delle idee. A Madrid gli esuli italiani Giuseppe Pecchio, studioso di economia e collaboratore del periodico milanese soppresso dagli austriaci nel 1819, e Guglielmo Pepe, il generale che aveva guidato gli insorti napoletani, diedero vita insieme al generale Lafayette e ad altri liberali spagnoli e portoghesi alla Società dei fratelli costituzionali europei. A Barcellona, tra il 1823 e il 1824, il piemontese Fiorenzo Galli e il lombardo Luigi Monteggia fondarono e animarono, con altri liberali catalani e con l’irlandese Charles Ernest Cook, una rivista letteraria, significativamente intitolata «El Europeo» che, sul modello de «Il Conciliatore», introdusse in Spagna i principi del Romanticismo transnazionale, secondo i quali la libertà e il progresso avrebbero potuto essere raggiunti solo in una dimensione paneuropea, con il contributo delle diverse culture nazionali.
La condivisione del triennio rivoluzionario spagnolo (1820-1823) da parte di tanti esuli europei (circa 850 i fuoriusciti italiani che vi parteciparono) fu fondamentale per il consolidarsi di una rete transnazionale liberale, che trasformò le preesistenti società segrete diffuse sul territorio europeo in una sorta di “santa alleanza dei popoli” in grado di sovvertire il quadro politico e istituzionale definito dal Congresso di Vienna.
Il liberalismo, secondo i principi affermati dalle Rivoluzioni americana e francese, individuava le condizioni necessarie per ogni forma di governo legittimo nella Carta costituzionale, come garanzia delle libertà individuali e dei diritti dei cittadini, e nel sistema rappresentativo che, attraverso il voto, era l’espressione della sovranità popolare. Gli ideali di riferimento del liberalismo politico erano dunque rappresentati da questi elementi: Costituzione, Parlamento e partecipazione dei cittadini all’amministrazione e al governo, diritto all’autodeterminazione dei popoli. La volontà popolare con insurrezioni dal basso avrebbe infatti generato nazioni libere, indipendenti e “sorelle” nelle garanzie sancite dalla Carta costituzionale.
Altri meno numerosi fuoriusciti piemontesi, di ispirazione più moderata, come il conte di Santarosa ripararono invece in Francia, a Parigi, o in Svizzera e successivamente in Inghilterra, dove con i loro scritti contribuirono al formarsi di un’opinione pubblica favorevole alla questione nazionale italiana. Analogo percorso venne compiuto da esponenti dei circoli romantici lombardi: per esempio da Giovanni Berchet che si allontanò precipitosamente da Milano, all’indomani del tentativo insurrezionale organizzato dai federati lombardi.
Un secondo rilevante punto di riferimento per gli esuli italiani, dopo il fallimento dei moti del 1820-1821, fu rappresentato dalla partecipazione alla lotta per l’indipendenza della Grecia.
Nel paese, a seguito dell’insurrezione popolare, si era sviluppato un complesso conflitto internazionale che vedeva schierate dalla parte dei patrioti greci, nella difesa conclamata dei valori della “civiltà cristiana”, Francia, Inghilterra e Russia contro l’Impero ottomano. Precise ragioni di supremazia territoriale e commerciale spinsero, ovviamente, le potenze cristiane a intervenire, ma ebbe il suo peso anche l’opinione pubblica che si riconosceva nelle posizioni del filellenismo. Con questo termine (letteralmente «amico della Grecia») si definiva un movimento di ispirazione romantica che, identificando nella Grecia la culla e il baluardo della civiltà occidentale, riconosceva una sorta di “missione civilizzatrice” nella lotta in sua difesa contro i turchi, considerati invasori e infedeli.
Il movimento filoellenico era costituito da una rete transnazionale di sostenitori che, attraverso comitati attivi a Londra, Parigi, Ginevra, Monaco, riuscì a organizzare l’invio di volontari, armi e finanziamenti al governo e ai patrioti greci.
Gli scritti del Foscolo e del Berchet a proposito della cessione della città di Parga influenzarono molto favorevolmente l’opinione pubblica occidentale nei confronti della causa greca. Entrambi avevano trasformato la questione diplomatica della località cristiana, ceduta dal governo inglese all’Impero ottomano, in un potente strumento di propaganda filoellenica. Con una modalità che oggi definiremmo di “uso pubblico o politico” della storia, Foscolo e Berchet avevano rappresentato la vicenda paragonando l’esilio volontario di massa dei parganioti al destino di tutte le nazioni oppresse d’Europa. In tal modo il destino della Grecia era avvicinato a quello dell’Italia e, insieme, veniva promossa la causa delle due “nazioni sorelle”: entrambe nel Mediterraneo ed entrambe sottoposte al giogo di un impero.
Tra il 1824 e il 1825 un consistente numero di volontari stranieri partì dall’Europa occidentale per raggiungere la Grecia. Tra gli esuli italiani ricordiamo il conte Alerino Palma di Cesnola che, incaricato dal London Greek Committee (Comitato londinese per la Grecia) di una missione diplomatica presso il governo greco fra il settembre 1824 e il giugno 1825, ci ha lasciato il più preciso resoconto del coinvolgimento dell’Europa nella rivoluzione greca. Citiamo inoltre la più nota e drammatica vicenda del conte Santorre di Santarosa che, costretto dagli eventi ad arruolarsi come soldato semplice, morì combattendo nell’isola di Sfacteria l’8 maggio 1825. Il suo corpo non fu mai ritrovato.
La sua figura, così come quella di lord Byron, il poeta inglese scomparso durante l’assedio di Missolungi il 19 aprile del 1824, divennero simboli del patriottismo greco riconosciuti a livello internazionale.
Nell’esperienza della migrazione verso la Spagna e nella condivisione di quel triennio rivoluzionario da parte di circa 850 fuoriusciti italiani, così come nella partecipazione alla guerra d’indipendenza greca da parte di circa 140 volontari italiani, un’esperienza numericamente meno consistente, ma politicamente assai significativa, si consolidò tra gli esuli italiani l’idea di un patriottismo cosmopolita. Di ispirazione romantica l’idea si era alimentata nel contatto con altri espatriati in vari luoghi d’asilo ed era stata validata nella lotta combattuta con i volontari accorsi in Spagna e in Grecia da diversi paesi europei.
Attività
1) Rispondi alle seguenti domande.
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In quali stati nel biennio 1820-1821 scoppiarono delle insurrezioni? Consulta la carta e rispondi.
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Quali ideali e richieste comuni animarono i moti rivoluzionari del 1820-1821?
Per rispondere puoi consultare le seguenti unità:
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Il Lombardo-Veneto: ideali patriottici e repressione (1820-1848)
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I moti del 1820-1821 nel Regno di Sardegna e nel Lombardo-Veneto
2) Leggi le biografie di Ugo Foscolo, Santorre di Santarosa, Giovanni Berchet, Guglielmo Pepe, Giuseppe Pecchio e rispondi alle seguenti domande.
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Quali possono essere considerati esempi di eroi romantici? Spiega perché sì o perché no.
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Quali tra questi personaggi definiresti sostenitori del movimento filoellenico? Perché?
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Quali possono essere considerati dei “patrioti-cosmopoliti”? Spiega perché.