Guida alla Lettura
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Fonti consultate
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Fonti consultate
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Fonti consultate
L’impianto manualistico serve poco
L’impianto manualistico serve poco
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - La guerra nell’Ottocento: le battaglie e i modi di combattere nel Risorgimento - 3. Le forze armate - Bersaglieri e corazzieri
Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.6 I plebisciti - Mezza Italia si unisce grazie ai plebisciti
Mezza Italia si unisce grazie ai plebisciti
Puoi scaricare la versione pdf di questa carta cliccando sull'icona.
Alla fine della guerra del 1859 la Lombardia diventò parte del Regno di Sardegna senza bisogno di nessuna formalità. Infatti si considerò valido il referendum del 12 maggio 1848, dopo le Cinque Giornate, che aveva deliberato l’annessione al Piemonte. Diversa invece era la situazione in Toscana, a Parma, a Modena e nell’area romagnola che aveva fatto parte dello Stato della Chiesa (Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì). Lì, allo scoppio del conflitto del 1859, insurrezioni popolari avevano cacciato i sovrani e si erano formati due stati, la Toscana e l’Emilia, che avevano partecipato alla guerra con truppe volontarie inserite nell’esercito piemontese. Dopo l’armistizio, ovviamente nessuno pensava a un ritorno dei vecchi sovrani, ma i patrioti erano divisi tra chi voleva l’unificazione con il Regno di Sardegna e chi voleva mantenere un’autonomia, possibilmente di tipo repubblicano.
Cavour inizialmente non aveva pensato di poter ampliare lo stato piemontese in quelle regioni, ma capì l’opportunità che si offriva e cominciò subito a lavorare per coglierla. Per prima cosa inviò in Toscana e in Emilia uomini di sua fiducia per creare un’opinione pubblica favorevole all’unificazione. Per seconda cosa riuscì a convincere Napoleone III, che non voleva un allargamento eccessivo del Piemonte, specie se sottraeva terre di proprietà della Chiesa. Cavour sostenne infatti che questo allargamento compensava la mancata conquista del Veneto (che negli accordi tra Francia e Regno di Sardegna avrebbe dovuto essere un obiettivo della guerra contro l’Austria), ma specialmente fece capire che, se il Regno di Sardegna non fosse intervenuto a tempo, in Toscana e in Emilia avrebbero potuto sorgere governi democratici, repubblicani e mazziniani.
I plebisciti
L’11 e il 12 marzo 1860 in Emilia e in Toscana furono indetti plebisciti per decidere le sorti di quei territori. Lo strumento del plebiscito era stato usato già in epoca napoleonica per sostenere le conquiste francesi con il consenso delle popolazioni espresso a suffragio universale. Anche Napoleone III lo aveva usato per legittimare con l’appoggio popolare il colpo di stato che il 2 dicembre del 1851 in Francia aveva abbattuto la repubblica e restaurato l’impero; non poteva quindi negare al Piemonte l’uso di questa forma di approvazione corale del popolo per far riconoscere a livello internazionale i suoi ampliamenti territoriali.
Al plebiscito ebbero diritto di voto tutti i cittadini maschi che avessero compiuto ventun anni, sapessero leggere e scrivere e godessero dei diritti civili.
La scheda indicava che si doveva scegliere fra «Unione alla Monarchia Costituzionale del re Vittorio Emanuele II» oppure «Regno separato», quest’ultimo espresso in modo generico, tanto che non si capiva se si intendesse il precedente regime, oppure un nuovo stato autonomo; in ogni caso non era contemplata la possibilità di una repubblica.
In Emilia su 526.218 iscritti votarono 427.512 (81,1%), dei quali 426.006 a favore dell’annessione, 756 per il regno separato e 750 nulli. In Toscana su 534.000 iscritti, votarono 386.445 (73,3%), dei quali 366.571 a favore dell’annessione, 14.925 per il regno separato e 4.949 nulli.
In base ai risultati, le due regioni vennero dichiarate parti integranti del Regno di Sardegna.
Truffa elettorale o partecipazione democratica?
Cavour aveva capito come i plebisciti potevano essere facilmente manipolabili e quindi mise in moto tutti gli strumenti a sua disposizione per far sì che i risultati fossero a favore dell’unificazione di Toscana ed Emilia al Regno di Sardegna. Tutta la propaganda organizzata dalla Società Nazionale fu diretta a quello scopo, mentre chi voleva forme di autonomia maggiori non ebbe modo di esprimersi. La stessa domanda sulla scheda elettorale non era chiara e non proponeva una reale alternativa. I votanti furono portati in corteo ai seggi sotto la guida e il controllo di patrioti liberali esponenti della borghesia moderata, che aveva tutto l’interesse a unirsi a uno stato monarchico costituzionale e a evitare il rischio di possibili governi repubblicani e democratici.
È da notare che al voto per i plebisciti furono chiamati quasi tutti i maschi adulti, mentre nelle votazioni successive per il Parlamento il suffragio fu ristretto a meno del 2% della popolazione. Ma in questo modo i liberali moderati poterono affermare che l’unità d’Italia e il suo carattere monarchico costituzionale non era solo un desiderio dei “signori”, ma di tutto il popolo.
Nonostante questo scarso rispetto per le regole democratiche, molti storici hanno visto nella partecipazione ai plebisciti una prima occasione di apprendistato politico da parte delle classi popolari italiane. Infatti, non solo i votanti furono moltissimi, ma i plebisciti si svolsero in un clima di festa che coinvolse anche chi, come le donne e i più giovani, non aveva diritto al voto. Quella votazione fu sentita come il coronamento del processo risorgimentale, un rito nazional-patriottico, e per un momento sentimenti di fraternità e concordia prevalsero sulle divisioni di partito, di classe, di genere e di età. La proclamazione dei risultati fu salutata con baci e abbracci e con una grande festa che restò nel ricordo di tutti. Persino molti mazziniani furono presi dal clima di gioia popolare di quei giorni. E Vittorio Emanuele, sovrano “eletto”, padre, santo e guerriero, cominciò a diventare il simbolo della unità nazionale in base alla volontà popolare.
Guida alla Lettura
1) Quali aspetti della propaganda elettorale e del sistema di voto dei plebisciti non sarebbero considerati accettabili in una votazione odierna in Italia? Perché?
2) Perché per i plebisciti il suffragio fu quasi universale (maschile), mentre poi venne riservato solo alla componente più ricca della popolazione?
3) Immagina di partecipare alla festa dei plebisciti e inventa qualche slogan da gridare in piazza.