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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.6 I plebisciti - Carlo Collodi racconta la festa per il plebiscito toscano

Carlo Collodi racconta la festa per il plebiscito toscano

All’annuncio della vittoria dei “sì” tutta Firenze si unì in una notte di festa. Carlo Collodi, il creatore di Pinocchio, la descrisse in un articolo sul giornale «La Nazione»del 18 marzo 1860.

 

[…] E la votazione è stata esemplare: raramente una intera popolazione ha esercitato il suo diritto sovrano, con tanta calma, con tanta dignità, con tanta cognizione di causa, come in questa circostanza.
La mattina di giovedì tutta la popolazione mostravasi parata di bandiere tricolori. Le strade affollate di gente: su tutti i visi appariva la fiducia del trionfo, l’allegrezza di una vittoria tenuta certa, la soddisfazione di aver degnamente corrisposto alle speranze di tutta Italia. […]
La giornata del 13 marzo 1860 sarà indelebile nella memoria dei Toscani. Dio sa, se dal 1847 in poi delle feste cittadine ne abbiamo vedute – ma nessuna potrebbe assomigliarsi a quella di giovedì. L’importanza stessa dell’atto compiuto, donava alla città un aspetto solenne, che sarebbe difficile immaginarlo, senza averlo veduto.
Sul fare della sera, si confermò sempre più la voce, che […] lo scrutinio generale delle schede non sarebbe stato ultimato che a notte avanzata.
Il popolo non se ne diè per inteso […] scese tranquillamente in mezzo alla via, nulla curando le fatiche della giornata, le abitudini casalinghe, l’aria pungente della sera, e l’incertezza dell’ora della solenne sentenza. […]
La parola d’ordine fu quella di non accendere lumi ai balconi, né di intuonare inni, o grida festose, fino a tanto che la suprema decisione non fosse stata ufficialmente profferita.
Ma a dispetto della parola d’ordine, già dal primo imbrunire della notte, cominciarono a farsi sentire dei Viva al Re Eletto, e qua e là molti lumi apparivano alle finestre, come i segnali di un’allegrezza che non pativa di essere più a lungo compressa e dissimulata. […]
Però, tutto questo tripudio che precedette la mezzanotte, potea dirsi un cenno lontano, come il concerto d’una armonia portata dai venti: lo scoppio immenso, unanime, indescrivibile della gioia universale fu al primo colpo di cannone, che tuonò dalla Fortezza del Basso.
Era quello il segnale prestabilito, per indicare al paese il momento della promulgazione del plebiscito. […]
Tutte le vie si illuminarono ad un tratto di mille fanali, come al tocco d’una bacchetta fatata: un grido d’allegrezza, fragoroso, come un tuono di primavera, si fece sentire fino nei punti più remoti della città. Il Messia era nato!...

Il punto culminante di questa straordinaria festa nazionale fu sulla piazza della Signoria, allorquando il Ministro di Giustizia e Grazia si affacciò alla terrazza del Palagio per darvi lettura del risultato complessivo della votazione.
La vastissima area era stivata di popolo: uomini e donne, di ogni età e d’ogni condizione, si accalcavano a più non posso, quasi ognuno volesse intendere coi propri orecchi le parole del plebiscito.
All’apparire del Ministro sulla terrazza, si fece istantaneamente un silenzio, intero, profondo, religioso, qual si conviene al compimento dei grandi riti. Giunta la lettura alla cifra dei votanti per l’Unione, e pronunciato il numero 366.571, scoppiò un grido di universale esultanza.
La cifra dei 14 mila dissenzienti fu accompagnata da una risata prolungatissima e calorosa, come le risate degli eroi d’Omero.
Finito di leggere il plebiscito, l’aria rintronò d’un concerto smisurato di grida festose, fra le quali spiccavano i viva all’Italia, al Re Eletto, al Ricasoli, inflessibile propugnatore del gran fatto dell’annessione! […]
La festa si è prolungata fino a giorno. […]

Da Collodi C., La notte di giovedì (15 marzo 1860), in Aveto A. e Contorbia F. (a cura di), Giornalismo italiano. 1860-1901, Mondadori, Milano 2007, pp. 15-20; citato in: Collodi C. – La notte del giovedì

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Carlo Collodi 

Guida alla Lettura

 

1) Perché per Collodi il 13 marzo 1860 è una data così importante per i fiorentini?

2) Quale comportamento tengono i fiorentini nel corso della giornata delle votazioni?

3) Perché i fiorentini gridano: «Viva il Re Eletto»? Quali significati può assumere la parola “eletto”?

4) Perché secondo te Collodi scrive «Il Messia era nato!»? Che cosa vuole dire?

5) Secondo te per che cosa avrà votato Collodi?

6) Credi che i 14.000 dissenzienti all’unificazione volessero tutti riportare al potere il precedente granduca di Toscana? Spiega perché si o perché no.

7) Confronta questo testo con quello intitolato I plebisciti manovrati dall’alto. Come puoi spiegare la grande partecipazione popolare raccontata da Collodi?

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