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Il Risorgimento italiano

 

 

 

Tra il 1815 e il 1870 nella penisola italiana si verificò un violento processo di trasformazione politica, fatto di dibattiti teorici, campagne di propaganda, moti insurrezionali, guerre di indipendenza, che portò all’unificazione del territorio in un’unica nazione: il Regno d’Italia. 
Gli storici hanno dato a questo periodo il nome di Risorgimento italiano perché, nelle lotte di quegli anni, c’era la volontà di far risorgere quell’Italia che era andata perduta con la fine dell’Impero romano antico e di ritrovare una patria unitaria, ricca del suo glorioso passato. 
In realtà erano molti secoli che le diverse regioni italiane avevano seguito percorsi storici differenti. Anche nel 1815, quando il Congresso di Vienna rimise al potere le monarchie assolute cacciate dalla Rivoluzione francese e dalle guerre napoleoniche, la penisola italiana risultò divisa in otto stati, con sovrani diversi, sistemi economici, legislazioni, istituzioni militari e amministrative differenti. Persino le lingue che si parlavano nelle varie regioni risultavano incomprensibili tra loro.

L’idea di Italia

 

Eppure un’idea d’Italia esisteva, almeno nelle persone che avevano un’istruzione. Queste, infatti, in tutte le regioni della penisola conoscevano e utilizzavano l’italiano, una lingua più scritta che parlata, ma che da secoli era diventata il linguaggio comune della letteratura e della scienza. Inoltre avevano costruito un sentimento nazionale, recuperando nella storia personaggi del passato che avevano tentato di unificare la penisola e di renderla indipendente, oppure ricordando episodi in cui l’indignazione popolare si era opposta eroicamente all’oppressione dei tiranni e degli stranieri. 
Alla fine del Settecento sulla spinta della Rivoluzione francese e delle conquiste napoleoniche, che in Italia avevano cacciato i sovrani assoluti preesistenti e creato delle repubbliche su modello francese, negli ambienti intellettuali e politici cominciò a formarsi molto più chiaramente il progetto di uno Stato italiano unitario, libero e indipendente da realizzare con forme di insurrezioni e di lotta armata e il simbolo di questo progetto era il tricolore.

I disaccordi sul tipo di Stato da realizzare

 

L’indipendenza dallo straniero, cioè dall’Impero austriaco che controllava direttamente il Lombardo-Veneto e, indirettamente, altri stati della penisola, trovava d’accordo tutti i patrioti.
Invece esistevano molte divergenze su come realizzare l’unità dell’Italia e sul modello di stato da costruire: chi voleva la monarchia e chi la repubblica, chi pensava a un futuro stato unitario e chi a uno confederale, chi era convinto che il papato fosse il maggior responsabile della mancata unificazione della penisola e chi invece era sicuro che il popolo italiano, profondamente cattolico, potesse essere unito solo in uno stato che fosse guidato dalla Chiesa. 
Questo dibattito politico può essere riassunto in due correnti principali: una corrente repubblicana e democratica, a cui appartenevano per esempio Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, e una corrente monarchica e moderata che faceva riferimento al re Vittorio Emanuele II e al suo ministro Camillo Benso di Cavour.
Su queste diverse linee politiche i patrioti italiani si scontrarono nel corso di tutto il periodo risorgimentale. Alla fine vinse la posizione monarchica moderata e l’Italia unificata e indipendente fu il risultato di un graduale ampliamento territoriale del Regno di Sardegna che cambiò nome, ma mantenne tutte le sue istituzioni e scelse una linea di rigida centralizzazione.

Chi erano i patrioti

 

I protagonisti del Risorgimento furono soprattutto uomini e donne colte di origine aristocratica e borghese. Ad essi si unirono artigiani, commercianti e membri dei ceti popolari urbani. Invece i patrioti non seppero o non vollero coinvolgere le masse contadine, che pure erano la maggioranza della popolazione e che quindi rimasero sempre lontane e spesso ostili al processo risorgimentale.

Le tappe del processo risorgimentale

 

Possiamo dividere il processo risorgimentale in quattro fasi. 


1) Dal 1815 al 1847, il dibattito politico rimase vivo e alimentato dalle idee della Rivoluzione francese, diffuse in Europa da Napoleone e dai suoi eserciti, nei salotti borghesi e nelle riviste letterarie, mentre si formarono associazioni segrete, tra le quali la più importante fu la Carboneria, che cercavano di indurre i sovrani a concedere Costituzioni di tipo liberale. L’insuccesso di questi tentativi spinse Mazzini a fondare la Giovane Italia, un’associazione non più clandestina, ma che si esprimeva attraverso pubblicazioni e altre forme di propaganda con l’obiettivo di formare nel popolo italiano una coscienza nazionale e rivoluzionaria. Anche i mazziniani organizzarono diversi moti rivoluzionari, ma tutti furono duramente repressi dai governi esistenti. 


2) Nel biennio 1848-1849, in concomitanza con lo scoppio di movimenti insurrezionali in diverse parti d’Europa, un’ondata di moti rivoluzionari mise in discussione il quadro politico e territoriale della penisola italiana uscito dal Congresso di Vienna. Rivolte popolari scoppiarono in diverse città: a Milano, in cinque giornate di scontri e barricate, il popolo riuscì a cacciare gli austriaci. Spinti dall’entusiasmo popolare i sovrani concessero la Costituzione e dichiararono guerra all’Austria. Volontari accorsero da tutta la penisola per partecipare alla guerra. Roma e Venezia si proclamarono repubbliche indipendenti. Ma ben presto i sovrani si tirarono indietro e il movimento popolare venne represso nel sangue. L’unica Costituzione che sopravvisse fu lo Statuto Albertino nel Regno di Sardegna. 


3) Il biennio 1859-1860 fu decisivo per l’unificazione. Era stato preceduto da un decennio in cui i mazziniani avevano tentato altre insurrezioni, tutte fallite, mentre Camillo Cavour, primo ministro piemontese, era riuscito a stabilire accordi diplomatici a livello internazionale e a presentare il Regno di Sardegna come lo stato più liberale della penisola. Nel 1859, appoggiato dalla Francia in una guerra contro l’Austria, che vide ancora la partecipazione entusiasta di volontari accorsi da tutte le regioni italiane, lo stato dei Savoia ottenne la Lombardia e gran parte dell’Italia centrale. 
L’anno successivo, dopo che Garibaldi e i suoi Mille conquistarono il Regno delle Due Sicilie, l’Italia meridionale fu annessa al Piemonte e Vittorio Emanuele di Savoia poté proclamare il Regno d’Italia il 17 marzo 1861. Perché l’unificazione fosse completa, però, mancavano ancora lo Stato della Chiesa e il Veneto. 


4) Dal 1861 al 1871, mentre lo Stato italiano cominciava la sua non facile vita, una serie di fortunate combinazioni internazionali permise di completare l’unità. Nel 1866, alleandosi con la Prussia in guerra contro l’Austria, l’Italia riuscì a ottenere il Veneto, anche se rimasero escluse le regioni di Trento e di Trieste che vennero unite all’Italia solo dopo la Prima guerra mondiale. Nel 1870, quando l’imperatore francese Napoleone III (che fino a quel momento aveva bloccato qualunque azione dei patrioti a danno del papato) fu sconfitto dai tedeschi, i bersaglieri italiani entrarono a Roma, mettendo fine allo Stato della Chiesa.

Le ragioni del successo nell'unificazione

La realizzazione di un’Italia unita e indipendente sotto la monarchia dei Savoia non era il progetto iniziale e maturò lentamente dopo il 1848. Probabilmente non era neppure un’esigenza dei ceti borghesi che agivano a livello locale o internazionale e quindi non avevano ancora bisogno di un mercato nazionale. 
Altre ragioni invece contribuirono in modo determinante al processo risorgimentale:

Risultati deludenti

 

Nel 1870 l’Italia era unita e indipendente, ma il risultato raggiunto non può essere giudicato un completo successo, anzi, la nuova Italia si trovò ad affrontare molti problemi e molte delusioni. 
Inoltre, le guerre di quegli anni avevano visto italiani combattere contro altri italiani e, se alcuni avevano vinto, altri avevano perso e quindi per questi ultimi fu difficile identificarsi nella nuova realtà nazionale. Tra gli sconfitti c’erano ovviamente i sovrani degli stati preunitari, a cominciare dal papa, e chi era rimasto a loro fedele. Ma si sentirono sconfitti anche i seguaci della corrente repubblicana e democratica: protagonisti che avevano sempre combattuto in prima linea, ma che non potevano riconoscersi nel tipo di patria conquistata a prezzo di tanti sacrifici. Sconfitta era poi la plebe contadina, in particolare quella meridionale, che non aveva partecipato agli ideali risorgimentali e ora si trovava a dover vivere in un contesto politico e istituzionale nuovo e per nulla attento ai suoi bisogni. 
Negli anni successivi il Risorgimento fu trasformato in un mito con cui si cercò di cementare l’identità nazionale e di allargare il consenso popolare. Molta retorica venne usata e vennero tacitate le divisioni interne tra i patrioti e quelle tra chi voleva un’Italia unita e chi no. 
Ma le divisioni sono rimaste e anche la storiografia successiva ha letto questo periodo della storia italiana in modi molto diversi. Persino oggi, a oltre centocinquanta anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, le polemiche non sono ancora finite.

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