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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 La fine del potere temporale dei papi: Italia e contesto europeo - Lo scontro di Mentana
Lo scontro di Mentana
Il problema di Roma è ancora aperto
Dopo la annessione del Veneto al Regno d’Italia in seguito alla Terza guerra d’indipendenza del 1866, l’esistenza dello Stato della Chiesa, che tagliava la penisola e impediva a Roma, con tutta la sua storia, di diventare la capitale d’Italia, apparve sempre più insostenibile. Ma il 15 settembre 1864 era stato firmato un accordo tra il governo italiano e la Francia, protettrice del papa, in cui l’Italia si impegnava a rispettare l’indipendenza del residuo Patrimonio di San Pietro e di difenderla, anche con la forza, da ogni attacco dall’esterno; in cambio la Francia ritirava le sue truppe da Roma, lasciandone la difesa all’esercito pontificio. Per poter rimettere in discussione il potere del papa, quindi, era necessario che un moto insurrezionale partisse dall’interno, per iniziativa di cospiratori romani. All’inizio del 1867 i patrioti laziali clandestini a Roma e quelli esuli in Italia chiesero a Garibaldi di guidare una nuova spedizione per la liberazione dello Stato della Chiesa. Il piano era che colonne di volontari accorressero a Roma mentre un’insurrezione scoppiava nella città.
Garibaldi ci riprova
Il vecchio Generale non desiderava altro, perché l’annessione di Roma e la fine dello Stato della Chiesa erano una sua ossessione e cominciò a organizzare un nuovo piccolo esercito di volontari. Molti, invece, erano contrari all’azione, non solo tra i moderati, ma anche tra gli esponenti della sinistra e tra i garibaldini come Crispi, perché temevano l’opposizione internazionale e il rischio di un nuovo fallimento dopo quello dell’Aspromonte pochi anni prima. Persino Mazzini si dissociò perché temeva che la liberazione di Roma andasse ancora a favore della monarchia. Ma Garibaldi non li ascoltò e continuò la preparazione dell’iniziativa: si raccolsero soldi, si tennero comizi, si cercò di convincere parte del governo a non intervenire militarmente quando l’iniziativa dei volontari fosse partita. Ma il governo, spaventato dalle possibili ripercussioni diplomatiche, il 24 settembre arrestò Garibaldi con molti suoi ufficiali e lo rilasciò solo a condizione che tornasse a Caprera e ci rimanesse. Però, nella notte del 14 ottobre, il Generale con una fuga romanzesca scappò dall’isola, arrivò a Firenze accolto da manifestazioni di gioia e si diresse verso i confini del Lazio.
Le cose cominciano ad andare male
Ma la situazione non stava andando nel senso sperato. A Roma la popolazione non rispose all’invito all’insurrezione. Alcuni dei patrioti furono arrestati e giustiziati, altri caddero in scontri a fuoco con la polizia.
Il 23 ottobre due dei fratelli Cairoli, Enrico e Giovanni, che cercavano di penetrare in Roma con un gruppo di settantasei compagni per portare armi e unirsi agli insorti, non trovarono nessuno ad attenderli e furono intercettati dai soldati del papa a Villa Glori. Nello scontro Enrico venne ucciso e Giovanni fu ferito così gravemente che morì due anni dopo.
Enrico Cairoli
Solo a sera, dopo molte ore di fuoco, i superstiti riuscirono a riunirsi a Garibaldi, che era entrato nel Lazio e si era fermato nella cittadina fortificata di Monterotondo.
Mentre Vittorio Emanuele con un proclama sconfessava l’azione dei garibaldini e confermava la fedeltà agli accordi presi nel 1864, un corpo di spedizione francese sbarcò nel Lazio e si diresse verso Roma. La situazione si presentava disastrosa e molti volontari, privi di esperienza in guerra, senza l’attrezzatura necessaria per l’autunno che cominciava ad avanzare, senza cibo e rifornimenti e con poche speranze di una rapida vittoria, cominciarono a disertare.
Lo scontro a Mentana
Ma Garibaldi non era capace di interrompere un’azione una volta che l’aveva iniziata. Il 3 novembre si mosse da Monterotondo verso Roma con 4500 volontari, sperando che la sua presenza avrebbe indotto la popolazione di Roma a insorgere. Ma questo non avvenne e a Mentana i garibaldini furono intercettati da un numero molto maggiore di soldati pontifici e francesi. I volontari si batterono con il solito coraggio, ma i nemici erano troppi e disponevano di nuovi fucili, gli chassepots, che permettevano di tirare più rapidamente e più lontano. Alla fine Garibaldi dovette ordinare la ritirata e ripassare il confine. Decine furono i morti e i feriti e più di 1500 i prigionieri.
Il 5 novembre Garibaldi in treno si diresse a Firenze, ma venne arrestato e incarcerato dai carabinieri italiani. Solo il 25 novembre, dopo accese dimostrazioni in Italia e all’estero, venne liberato e riportato a Caprera, da cui in seguito si mosse solo raramente. Il suo mito di eroe invincibile aveva ricevuto un colpo molto duro. E Roma continuava a non essere italiana.
Acquerello di S. Magro
Guida alla Lettura
1) Perché il governo italiano, che pure aveva tutto l’interesse alla fine dello Stato della Chiesa, non solo non appoggiò Garibaldi, ma anzi lo arrestò?
2) Quali sono le cause che provocarono il fallimento dell’iniziativa garibaldina? Quale credi che fosse la più importante?
3) Perché Napoleone III, che pure aveva aiutato gli italiani nella Seconda guerra d’indipendenza, mandò i suoi soldati contro Garibaldi? Lo aveva già fatto? Per capirlo meglio, guarda:
4) Garibaldi altre tre volte aveva combattuto per liberare Roma dal potere temporale dei papi, senza riuscirci. Prova a ricordare cosa era successo le altre volte, andando a leggere: