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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.6 I plebisciti - Giorni pericolosi: Abba sui plebisciti in Italia centrale
Giorni pericolosi: Abba sui plebisciti in Italia centrale
Giuseppe Cesare Abba nel suo libro di memorie sull’impresa dei Mille così racconta le vicende che nel marzo 1860 portarono all’annessione della Toscana e dell’Emilia al Regno di Sardegna. Una buona parte dell’Italia centrosettentrionale si era così unificata e tra poco sarebbe cominciata la conquista del Sud.
Nei dieci mesi che volsero dalla pace di Villafranca alla Spedizione dei Mille, l’Italia di mezzo diede prove di virtù civili meravigliose, ma col Piemonte corse dei pericoli gravi forse quanto quelli che il Piemonte stesso aveva corsi, prima della guerra del 1859. I duchi, gli arciduchi, i legati pontifici fuggiti dalle loro sedi, fin da prima di quella guerra, non avevano più osato tornarvi; e allora Parma, Modena, Bologna con la Romagna fino a Cattolica, si strinsero in un solo Stato, che nel bel ricordo della gran via romana da Piacenza a Rimini, chiamarono l’Emilia. Spento così d’un tratto ogni vecchio sentimento di gelosia, conferirono la Dittatura al Farini, romagnolo venuto su, da giovane, nelle cospirazioni, e poi maturo ed esule fattosi alla vita dell’uomo di stato vicino al Cavour, in Piemonte. Si crearono un esercito proprio, con gioventù propria e d’ogni parte d’Italia; e il loro governo procedeva d’accordo con quello di Toscana, libera anche essa, e col suo grande statista Bettino Ricasoli risoluta d’unirsi al regno di Vittorio Emanuele. Intanto quelle regioni si chiamavano, tutte insieme, Italia centrale.
Quello Stato provvisorio era tranquillo come se non ci fosse in aria nessuna minaccia, ma senza mostrarne paura, conosceva i pericoli tra i quali viveva. L’Austria, che non aveva potuto aiutar con l’armi i principi fuggiti a tornare, dichiarava caso di guerra l’ingresso anche d’un solo soldato piemontese nell’Italia centrale: la Russia era apertamente ostile non soltanto a che Toscana e Ducati e Legazioni si unissero al regno di Vittorio Emanuele, ma ancora a che si scegliessero un Sovrano: la Prussia consigliava il Piemonte di rimetter esso stesso in trono i principi fuggiti. I diplomatici italiani avevano un bel dire fin da allora ai prussiani che la Germania mostrava desiderio di rompere i legami posti anche a lei dai trattati del 1815: quegli uomini di Stato, sebbene sapessero che presto la Germania avrebbe fatto ciò che già faceva l’Italia, insistevano perché il Piemonte si contentasse della Lombardia, si consolidasse bene e lasciasse tempo al tempo. In quanto a Napoleone III, questi diceva di non voler correre i rischi di una nuova guerra che l’Austria avrebbe immancabilmente intrapresa se fosse avvenuta l’annessione dell’Emilia e della Toscana al nuovo regno; ed erano avversi all’Italia la Spagna, la Baviera, persino il Belgio.
Sola l’Inghilterra si mostrava amica al nuovo Stato, che si veniva formando; sola suggeriva agli Italiani dell’Emilia e della Toscana di stare saldi nella loro risoluzione. Al Piemonte consigliava di fare, di osare senza domandare e di non darsi briga né dell’Austria né della Francia, né di nessuno. E il Ricasoli e il Farini erano uomini da sentir bene il consiglio, perché stavano al governo di popolazioni che sapevano ragionare il loro diritto.
Come s’erano formate le grandi potenze, esse che mormoravano e minacciavano perché Piemontesi e Lombardi volevano aiutare i loro fratelli del centro a divenir com’essi liberi, e tutti insieme Italiani? L’Austria, la Francia, la Prussia, la Russia si erano costituite in secoli di violenze e di usurpazioni, calpestando popoli, che due o tre di esse ritenevano ancora con la forza; gli Italiani non conquistavano, non usurpavano nulla; non abbattevano se non delle dinastie che loro erano state imposte. Ora perché esse, le grandi potenze, volevano impedirli?
Si ragionava così, e così stavano le cose nel principio del 1860, quando appunto Cavour, che dopo la pace di Villafranca, sdegnato contro Napoleone e fin contro il Re, si era ritirato dal governo, tornava alla presidenza dei Ministri. Egli allora osò da uomo che sapeva di aver dei collaboratori potenti, e un popolo pronto a tutto. E d’accordo con lui, il Ricasoli per la Toscana e il Farini per l’Emilia, pubblicarono il Decreto che convocava i Comizi, in tutta l’Italia centrale, pel plebiscito. In quei Comizi, i votanti dovevano dichiarare se volessero l’unione alla Monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele, ovvero il regno separato. E nell’Emilia su 2.916.104 abitanti, comprese donne e fanciulli, 426.006 voti furono per l’unione; contrari, solo 756. Nella Toscana, su 1.806.940 abitanti votarono per l’unione 366.871, pel regno separato 54.925. Così l’Europa, che tante sciagure aveva versate o lasciato versare sull’Italia, da secoli, vide meravigliata Emiliani e Toscani concordi ed entusiasti fondersi con Piemontesi e Lombardi; e i duchi e gli arciduchi – parole di Cavour – «sepolti in perpetuo sotto il cumulo di schede deposte nelle urne.»
Protestarono i principi che vedevano levati via per sempre i pretesi loro diritti; protestò l’Austria, protestò quasi tutta l’Europa, ma nessuno si mosse: e un regno dell’Alta Italia, di undici milioni, fu fatto.
Da Abba G.C., Storia dei Mille, in: http://www.liberliber.it, pp. 4-5.
Guida alla Lettura
1) Quando si formò lo Stato chiamato Emilia e dalla fusione di quali precedenti stati? Chi ne era a capo e con quale tendenza politica?
2) In Toscana chi era a capo del governo provvisorio e con quale tendenza politica?
3) Quali stati europei erano contrari all’unificazione di Emilia e Toscana al Regno di Sardegna? Quali erano favorevoli? Sapresti dire perché per ciascuno di loro?
4) Spiega con le tue parole il significato della frase detta da Cavour dopo aver visto i risultati dei plebisciti.
5) Perché, dopo l’annessione di Emilia e Toscana al Regno di Sardegna, molti protestarono ma nessuno si mosse?
6) Abba parla di un «Regno dell’Alta Italia». Ma si era formato un nuovo regno con questo nome o si era solo allargato il Regno di Sardegna?
7) Perché Abba, all’inizio del brano, dice che «l’Italia di mezzo diede prove di virtù civili meravigliose»?