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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 3 SOGGETTI E PROTAGONISTI - Carlo Pisacane: una vita spericolata, una fine eroica
Carlo Pisacane: una vita spericolata, una fine eroica
Carlo Pisacane
Nato a Napoli nel 1818 da una famiglia nobile ma decaduta, viene avviato alla carriera delle armi con studi che si compiono al Collegio militare della Nunziatella e che gli fanno conseguire il grado di alfiere, il primo livello tra gli ufficiali del Real Esercito borbonico, dove gli si prospetta una brillante carriera. Ma il suo carattere idealista e visionario e, soprattutto, la sua passione per le donne lo costringono a scelte diverse. Nel 1841, sorpreso in flagrante adulterio con la moglie di un oste, viene condannato e trasferito nella fortezza di Civitella del Tronto. Nel 1844, rientrato a Napoli si avvicina alla causa dell’unità d’Italia e a Enrichetta De Lorenzo, una donna sposata che per lui lascerà il marito e i tre figli e che gli sarà compagna nell’esilio.
Carlo diventa sempre più insofferente al conformismo tipico degli ambienti aristocratici e militari borbonici e, dopo aver subito nell’ottobre del 1846 un attentato, da cui si riprenderà velocemente, nonostante il pessimismo dei medici, abbandonerà Napoli e la carriera militare. Con la sua amata Enrichetta viaggerà tra Marsiglia, Londra e Parigi ed entrerà in contatto con illustri esuli italiani: Mazzini e il generale Pepe e con i più celebri esponenti della cultura contemporanea: gli scrittori Alexandre Dumas, Victor Hugo, Alphonse de Lamartine, George Sand.
Nel 1847 riprende la carriera militare e, arruolatosi nella legione straniera francese come sottotenente, parte per l’Algeria. Quell’esperienza gli è utile per imparare i vantaggi della tattica imprevedibile della guerriglia contro un esercito regolare, abituato ad agire secondo schemi fissi. Ma lo scoppio rivoluzionario del 1848 lo vede rientrare in patria e partecipare alla Prima guerra d’Indipendenza tra le fila dell’esercito piemontese. Poi è fra i difensori della Repubblica Romana, dove, spesso in polemica con Garibaldi, organizza e guida l’esercito popolare. Dopo la caduta della città andrà esule a Losanna e poi a Londra, dove vivrà con Enrichetta.
In quegli anni Pisacane prende le distanze da Mazzini che critica in quanto promotore di un semplice mutamento nella forma di governo, da monarchia a repubblica, di per sé non sufficiente a suscitare l’interesse delle masse per la rivoluzione nazionale. Pisacane è assolutamente convinto della priorità della questione sociale su quella politica e di come sia necessario collegare l’ideale dell’indipendenza nazionale alle aspirazioni di riscatto sociale e politico dei ceti subalterni e, in particolare, dei contadini. Influenzato dal socialismo utopistico e libertario di Fourier e Proudhon, sostiene che l’abolizione della proprietà privata, dei mezzi di produzione e del principio di autorità deve essere lo scopo ultimo della rivoluzione. Solo una completa riforma dell’ordine sociale, a cominciare dalla riforma agraria con la distribuzione delle terre ai contadini, può spingere il popolo alla battaglia, offrendogli la speranza di un futuro migliore. La posizione di Pisacane è ormai più vicina a quella di un socialismo anarchico alla Bakunin che all’idealismo religioso e interclassista di Mazzini. Carlo si trasferisce a Genova, dove conosce il filosofo Aleksandr Herzen e, convintosi di quale ruolo potessero assumere le masse in una rivoluzione, comincia a pensare a un’iniziativa che partendo dal profondo Sud, possa coinvolgere i contadini e tutta la popolazione.
Viene così messo a punto con la collaborazione di Mazzini e di tutta la rete mazziniana il progetto insurrezionale del 1857 che, dopo lo sbarco a Sapri, finirà tragicamente nel massacro di Sanza, dove Pisacane e i suoi saranno uccisi proprio da quei contadini che avrebbero voluto liberare.
Dopo la sua morte Pisacane esercita una profonda influenza sul movimento repubblicano attraverso i suoi scritti e con alcuni compagni sopravvissuti. In particolare nel Sud Italia si crea un clima favorevole alla predicazione di Bakunin e alla diffusione dell’associazionismo anarchico.