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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 La fine del potere temporale dei papi: Italia e contesto europeo - La questione romana 

La questione romana

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Papa Pio IX

Molti consiglieri del papa, subito dopo il 20 settembre 1870 (breccia di Porta Pia), gli suggerirono di allontanarsi da Roma, come avevano fatto altri papi in occasione di precedenti occupazioni della città, ma Pio IX, consapevole del fatto che l’occupazione di Roma da parte dell’esercito italiano era un evento epocale, definitivo, rifiutò.
Poche settimane dopo gli avvenimenti di Porta Pia, il 1° novembre 1870, il papa emanò l’enciclica Respicientes ea
omnia
nella quale ricostruiva, dal suo punto di vista, la lunga serie di spoliazioni e soprusi («usurpazione») subiti con
l’occupazione dei domini della Santa Sede fin dal 1860.
Attribuiva tutti gli eventi, anche il tentativo garibaldino di Mentana del 1867, a un’unica volontà, quella del re e del
governo italiano. Giudicava gli eventi del 20 settembre una «sacrilega invasione», considerava il plebiscito una «finzione» e respingeva qualunque offerta di garanzie della propria indipendenza.
Confermava di considerarsi «prigioniero» e ribadiva la «scomunica maggiore e altre censure e pene ecclesiastiche»
«per tutti coloro [...] che abbiano perpetrato l’invasione, l’usurpazione o l’occupazione di qualunque provincia del Nostro
dominio e di quest’alma Città, e così pure i loro mandanti, fautori, collaboratori, consiglieri, seguaci».
Il Parlamento italiano, consapevole delle implicazioni internazionali, nazionali e religiose del problema, il 13 maggio
1871
promulgò la legge delle Guarentigie.
La legge sanciva, appunto, delle garanzie (Guarentigie) per il Papa, era costituita da venti articoli e si divideva in due parti.
La prima parte garantiva le prerogative del pontefice, ovvero i vantaggi che venivano concessi al Papa in quanto guida riconosciuta della Chiesa cattolica:

  • inviolabilità della persona e onori sovrani;

  • pieno possesso di alcuni palazzi (Vaticano, Laterano, Cancelleria e villa di Castel Gandolfo);

  • diritto di avere al proprio servizio guardie armate a difesa dei palazzi apostolici;

  • libertà di comunicazioni postali e telegrafiche e diritto di rappresentanza diplomatica;

  • introito annuo di 3.225.000 lire (pari a circa 15 milioni di euro) per il mantenimento del pontefice, del Sacro Collegio e dei palazzi apostolici.

 

La seconda parte regolava i rapporti fra Stato e Chiesa cattolica, garantendo a entrambi la massima indipendenza.
Inoltre venivano riconosciute alcune importanti prerogative al clero:

 

  • illimitata libertà di riunione;

  • esenzione dal giuramento al re per i vescovi.

 

Il papa però non mutò atteggiamento, anzi nel 1874 proclamò il decreto Non expedit con il quale vietava ai cattolici
italiani di partecipare alla vita politica italiana, vietava cioè di votare e di presentarsi candidati alle elezioni. Letteralmente Non expedit significa «Non è opportuno».

Il re Vittorio Emanuele II si trasferì nella nuova capitale solo il 2 luglio 1871. In veste privata però il re aveva già visitato Roma il 27 dicembre 1870 in occasione di un’alluvione del Tevere, per decidere le misure di prevenzione e soccorso alla popolazione.

Erano stati necessari molti lavori per preparare la città ad accogliere le istituzioni nazionali, scegliendo gli edifici più adatti e adattandoli alle nuove funzioni. 

Dopo molti sopralluoghi fu scelto il palazzo di Montecitorio come sede per il Parlamento. La prima riunione del Parlamento a Roma si svolse il 27 novembre 1871.

Con l’occupazione di Roma e il rifiuto da parte del papa di qualunque accordo con lo Stato italiano si era aperta la
questione romana: così chiamarono i politici e i giornalisti dell’epoca il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, che ebbe parziali soluzioni solo a partire dall’età giolittiana.

Soltanto con il patto Gentiloni, infatti, del 1913 i cattolici italiani furono autorizzati dalla Santa Sede a partecipare alla
vita politica sia come elettori sia come eletti. Nel 1919, con la fondazione del Partito popolare italiano di don Luigi
Sturzo, i cattolici divennero una forza significativa nella politica dello Stato italiano.
La legge delle Guarentigie, per quanto unilaterale, regolò i rapporti tra il Regno d’Italia e il papato fino ai Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, il concordato sottoscritto durante il fascismo.

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Pochi giorni dopo la firma dei Patti Lateranensi «La Domenica del Corriere» (uno dei settimanali più diffusi in Italia) dedicava la copertina all’evento a testimoniare quanto fosse sentito il problema dei difficili rapporti tra Stato e Chiesa

Guida alla Lettura


1) Ricordi quali erano gli stati europei cattolici? Quale era intervenuto anche militarmente a difesa del papa e in quali occasioni?

Puoi consultare l'unità La Repubblica Romana: 9 febbraio-4 luglio 1849.


2) Cosa aveva fatto il governo italiano per ridurre l’ostilità internazionale all’occupazione di Roma negli anni precedenti?
Consulta anche l’unità Il problema: Roma capitale.

3) Nel testo si fa riferimento anche alle implicazioni religiose della presa di Roma. Prova a formulare delle ipotesi sulle motivazioni di chi si opponeva all’occupazione per motivi religiosi.     

4) Il termine guarentigie significa «garanzie». Spiega in che cosa consiste la legge delle Guarentigie e a qual fine il Parlamento l'approvò nel 1871.

5) Che cosa sono i Patti Lateranensi? Quando e da chi vennero sottoscritti?

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