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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 3 SOGGETTI E PROTAGONISTI - Felice Orsini, terrorista e martire
Felice Orsini, terrorista e martire
Chi pensa che il terrorismo sia un fenomeno dei nostri tempi, si sbaglia.
Anche durante il Risorgimento si fece ricorso a questo tipo di guerriglia, con attentati improvvisi e violenti. Non furono numerosi, poiché i rivoluzionari della Carboneria o della Giovane Italia preferivano lo scontro armato a viso aperto, oppure la battaglia nelle vie delle città ostruite da barricate di fortuna.
I primi attentati furono successivi al 1849 e furono considerati delle vendette nei confronti di quelli che avevano ostacolato l’indipendenza italiana. In particolare Napoleone III, imperatore francese, subì più di un attentato per la repressione contro la Repubblica Romana.
Il più noto e sanguinario fu quello del 14 gennaio 1858 in cui persero la vita otto persone, 156 rimasero ferite, numerosi cavalli furono dilaniati, un’intera strada ebbe finestre e cornicioni divelti dall’esplosione di tre bombe lanciate contemporaneamente da tre posizioni diverse.
L’autore fu un ex mazziniano italiano, Felice Orsini, aiutato da tre cospiratori: Pieri, Di Rudio e Gomez. Le bombe erano state confezionate in Inghilterra sotto la guida di un medico rivoluzionario francese, Simon Bernard. Si trattava di bombe di nuovo tipo, antesignane delle bombe a mano, costituite da due semisfere saldate contenenti frammenti di ferro, che esplodevano con fulminato di mercurio.
L’evento fece scuola e altri attentati furono attuati in seguito, per lo più da singoli personaggi di fede anarchica: l’individualismo anarchico uccise con il pugnale o a colpi di pistola capi di governo in Spagna, Francia e il re d’Italia Umberto I (Monza, 29 luglio 1900), ma non mancarono anche le bombe.
L’evento fece scuola e altri attentati furono attuati in seguito, per lo più da singoli personaggi di fede anarchica: l’individualismo anarchico uccise con il pugnale o a colpi di pistola capi di governo in Spagna, Francia e il re d’Italia Umberto I (Monza, 29 luglio 1900), ma non mancarono anche le bombe
Ma torniamo a Felice Orsini: chi era costui?
Nato in Romagna a Meldola nel 1819, dal carattere piuttosto sanguigno, non ancora ventenne uccise un avversario in amore, ma per l’intervento di uno zio legato alle alte sfere del Vaticano, evitò il carcere ed entrò in seminario. In mancanza di vocazione si dedicò alla carriera di avvocato e cominciò a frequentare gli ambienti carbonari prima e mazziniani poi.
Ebbe una vita avventurosa: partecipò a numerosi moti insurrezionali, uscendone sempre indenne. La sua azione più famosa fu la fuga dalla fortezza di Mantova dove era rinchiuso per aver cercato di sollevare una rivolta in Ungheria. Dopo essersi lanciato dalle mura oltre il fossato della fortezza, grazie ai carcerieri corrotti dalla sua protettrice, Emma Siegmund, fu salvato da contadini patrioti, e accolto poi nella carrozza di Emma che si spacciava per una ricca signora inglese. Accadde che alla carrozza si ruppe il timone e ingannando la polizia asburgica, riuscirono a farselo riparare in una stazione di polizia gratuitamente. Quando la notizia si diffuse, fece il giro di tutta Europa fra lo scherno generale.
Orsini aiutato dai popolani dopo la fuga dal carcere di Mantova,
litografia di Paolo Calvi, 1860 circa
In seguito non si accontentò di essere un seguace di Mazzini, ma volle diventare un protagonista del mondo rivoluzionario italiano. Si rivolse direttamente a Cavour per offrirgli il suo servizio, ma il conte era troppo astuto per lasciarsi coinvolgere apertamente. Ruppe con Mazzini ed entrò nell’area rivoluzionaria anarchica che si stava organizzando in Francia e in Inghilterra. Qui maturò l’idea dell’attentato a Napoleone III, riprodotto in un fotogramma del film di Mario Martone Noi credevamo del 2010.
A sinistra, un fotogramma dell’attentato a Napoleone III tratto dal film Noi credevamo di Mario Martone.
A destra, G. Marchetti, L’esecuzione di Felice Orsini, Museo nazionale del Risorgimento italiano, Torino.
Napoleone III e l’imperatrice Eugenia ne uscirono miracolosamente illesi, ma lo spavento fu tale che indusse Napoleone a seguire le proposte di Cavour e a incontrarlo a Plombières dove fu sottoscritto il famoso accordo.
Orsini fu arrestato e nel giro di due mesi ghigliottinato. Mentre si trovava in carcere scrisse a Napoleone III una lettera così convincente che l’imperatore decise di renderla pubblica, forse anche per giustificare la sua decisione di sostenere la causa italiana di fronte agli oppositori interni.
Nella lettera Orsini scriveva:
Presso al finire della mia carriera, io voglio tuttavia tentare un ultimo sforzo per venire in aiuto dell’Italia, per l’indipendenza della quale sono andato incontro a tutti i pericoli ed ho sopportato tutti i sacrifìzii. […] Sta in poter vostro di fare l’Italia indipendente o di tenerla schiava dell’Austria e di ogni specie di stranieri. Gli Italiani vi chiedono che la Francia non permetta che la Prussia intervenga nelle future e forse imminenti lotte dell’Italia contro l’Austria. Io scongiuro Vostra Maestà di ridare all’Italia quella indipendenza che i suoi figli perdettero nel 1849, proprio per colpa dei Francesi. Rammenti la Vostra Maestà che gli Italiani (e tra questi il mio padre stesso) accorsero a versare il sangue per Napoleone il Grande, dovunque a questi piacque di condurli; rammenti che sino a che l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella vostra non saranno che una chimera. Vostra Maestà non respinga il voto supremo d’un patriota sulla via del patibolo: liberi la mia patria e le benedizioni di 25 milioni di cittadini la seguiranno dovunque e per sempre.
Un ritratto di Felice Orsini e un fotogramma da film Noi credevamo con l’interprete di Felice Orsini.
Prima di essere giustiziato gridò «Viva l’Italia, viva la Francia» assumendo un atteggiamento molto coraggioso che lo presentò agli occhi dei contemporanei come un eroe, così che i suoi successori costruirono il mito del rivoluzionario martire.
Fondamentale a questo proposito fu il libretto che scrisse a Londra nel 1857, Memorie politiche, in cui si rivolgeva ai giovani italiani in questo modo:
Che la Indipendenza può bensì esservi data da una Monarchia costituzionale, ma che la vera libertà politica e religiosa non può aversi se non se quando le altre nazioni insorgeranno contro il dispotismo, e le une delle altre si renderanno solidali;
Che le sorti della causa della libertà italiana ed europea sono riposte in voi, nella generazione che sta crescendo, e non già nei rivoluzionari del 1848, i quali, per gli errori, le sconfitte, e gl’inganni dei principi e delle fazioni, caduti sono nello scetticismo e nella corruzione dell’animo.
Se i miei scritti saranno valevoli a persuadervi col fatto delle verità accennate, mi terrò soddisfatto pienamente per quel qualunque pericolo che io possa incontrare nello averle date francamente al pubblico.
Guida alla Lettura
1) Negli scritti di Orsini sono messi in evidenza due valori: l’indipendenza dell’Italia e la libertà intesa come democrazia consapevole.
In quale dei due scritti riportati nel testo li puoi riconoscere? Riporta almeno un esempio per ciascuno dei due valori.
2) Sono riprodotte immagini d’epoca messe a confronto con una rappresentazione filmica attuale. Ti sembra che il film di Mario Martone abbia dato una versione scenografica così differente da quella ottocentesca?