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Quintino Sella

Anni fa un ministro del ministero dell’Economia e delle Finanze del governo italiano, entrando nel palazzo ministeriale di Roma, in via XX Settembre, dichiarò tutta la sua stima verso Quintino Sella, che fu il primo ministro delle Finanze del Regno d’Italia. Soprattutto sedersi alla sua scrivania gli induceva timore reverenziale.
Perché questo personaggio viene ricordato con tanto rispetto?

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La facciata del ministero dell’Economia in via XX Settembre a Roma,
fatto costruire da Quintino Sella nel 1876

La vita e l’orientamento politico

 

Quintino Sella visse solo 57 anni (Sella di Mosso, presso Biella 1827 – Biella 1884).
Apparteneva a una ricca famiglia di industriali tessili: la loro fabbrica ora è trasformata in un museo di archeologia industriale, simbolo di uno dei più ricchi e famosi distretti industriali del tessile laniero italiano.

Ingegnere e studioso di mineralogia, fu professore universitario, grande sostenitore dello sviluppo culturale della popolazione italiana. Promosse il rinnovamento dell’Accademia dei Lincei a Roma e contribuì alla fondazione dei politecnici universitari di Torino e di Milano.

Fu anche un grande sportivo amante della montagna, e fu il primo italiano a scalare il Monviso. Divenne poi fondatore del Cai, Club alpino italiano.

Soprattutto viene ricordato per il suo ruolo politico: rappresentante della Destra storica, partecipò a numerosi governi del giovane Regno d’Italia dal 1862 al 1873, come ministro delle Finanze e per breve tempo anche come ministro dell’Istruzione.

Sull’onda del pensiero laico di Cavour, sostenne con convinzione il principio di Roma capitale d’Italia. A Roma dovevano aver sede i ministeri italiani, per dare prospettiva storica ai rapporti internazionali. Considerava Roma un faro di cultura, scienza e civiltà per l’intera Europa oltre che per il nostro paese. In una sua affermazione sosteneva «non solo a dare all’Italia la sua eterna capitale, ma agli effetti che nell’interesse della nazione e della umanità sarebbero derivati dalla abolizione del potere temporale, e dalla creazione in Roma di un centro scientifico».

E dopo l’impresa della breccia di Porta Pia, fu lui a convincere Vittorio Emanuele II a trasferirsi a Roma, sebbene il re non amasse l’atmosfera ancora clericale e papalina della nuova capitale.

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Quintino Sella

La politica economica: il pareggio di bilancio


La fama di Quintino Sella è legata alla sua politica economica di rigore e insieme di stimolo alla crescita, e in particolare all’obiettivo del pareggio del bilancio, raggiunto dopo di lui nel 1876. Secondo lo storico Rosario Romeo, fu «uno straordinario continuatore di Cavour, oltreché il “massimo autore” di quella politica economica che trasformò l’Italia da una realtà prevalentemente agricola in un Paese industriale moderno».

La situazione finanziaria dell’appena costituito Regno d’Italia era drammatica, per i forti debiti degli stati preunitari e in particolare del Regno di Sardegna che, per le spese sostenute con le guerre d’indipendenza, presentava il debito maggiore.

La situazione fu aggravata dalla scelta economica liberista di abolire gran parte dei dazi doganali preesistenti tra gli stati preunitari e di estendere a tutto il regno il sistema fiscale del Regno di Sardegna di impronta cavouriana e liberista, riducendo possibili introiti fiscali. E tra l’altro molte attività economiche del Sud Italia furono danneggiate, aggravando il passivo del bilancio statale, perché private del protezionismo borbonico precedente.

Nel 1862, come nuovo ministro delle Finanze, Quintino Sella propose un nuovo piano di risanamento del bilancio dello Stato, comprendente la vendita di una grossa parte di beni della Chiesa incamerati dallo Stato e la concessione a privati (sia italiani che francesi e inglesi) della costruzione e gestione di ferrovie e canali. Era convinto che uno Stato che volesse paragonarsi alle grandi potenze europee dovesse avere un sistema di infrastrutture moderno. Nel 1905, con oltre 10.000 km di strade ferrate, le ferrovie furono nazionalizzate e nacque la società delle Ferrovie dello Stato.

Fece poi approvare una legge di imposizione fiscale sui redditi mobiliari (ossia quelli da lavoro, da profitto, da servizi professionali, commerciali e sui titoli del debito pubblico posseduti per lo più dai benestanti), che allora erano quasi liberi da imposte. Fu invece molto leggero con la rendita fondiaria. 
 

La politica economica: la tassa sul macinato

 

Poiché non si risolse il problema del deficit di bilancio, anche per le spese di guerra intervenute nel 1866 con la Terza guerra d’indipendenza, nel 1868 fece approvare la legge sul macinato , rivolta in particolare ai proprietari dei mulini, ma di fatto una tassa sul consumo delle farine alimentari (in un periodo storico in cui le farine erano alla base dell’alimentazione popolare). La legge, già esistente negli stati preunitari del Centro e Sud Italia, era stata abolita dai “liberatori” durante la Spedizione dei Mille e nel periodo dei plebisciti; riproporla significava attirarsi inevitabilmente l’ostilità delle masse popolari. Per rendere equa la tassazione, Sella fece progettare un contatore da applicare ai mulini per numerare i giri delle macine, stabilendo anche differenze di calcolo per il tipo di cereale macinato. Il sistema era laborioso e venne applicato solo nei mulini più moderni, mandando in crisi i mulini più piccoli e arretrati. In un intervento parlamentare affermava:


Riflettete un istante alla massa di capitali che diventa disponibile per la tassa sul macinato; sarà pure in forza di questa tassa che si produrrà l’effetto di riavvicinarci al pareggio, di migliorare il nostro credito e quindi di rendere disponibili tanti capitali. Or bene, o signori, io vi dico che i vantaggi economici che derivano al Paese per l’aumento dei capitali disponibili, per la fiducia che farete rinascere ricompenseranno con tanta usura la classe operaia della tassa sul macinato che, quando questa in qualche maniera potesse rendersi conto di tale fenomeno economico, non dubito che ove si accalcasse sotto le nostre finestre, come disse taluno, lo farebbe per incoraggiarci, o signori, a prendere i provvedimenti che sono indispensabili ed a votare anzitutto il macinato.


Di fatto questa imposta causò l’aumento del prezzo del pane e di tutti i derivati dei cereali, nonché molti tumulti e proteste, soprattutto nella Bassa Padana, repressi spesso con la violenza. Comunque contribuì insieme agli altri provvedimenti economici a raggiungere il tanto desiderato pareggio di bilancio e quella stabilità finanziaria che permise all’Italia di avviarsi verso la modernizzazione. 

 

 

 


Il giudizio degli storici

 

Tutto questo si poté realizzare per due motivi contrapposti: perché si ricorse a un forte autoritarismo e per il rigore morale di molti parlamentari della Destra storica, laica e liberale.

Come esempio si può ricordare un aneddoto che riguardava appunto Quintino Sella. Una volta divenuto deputato fece sottoscrivere al fratello che dirigeva il lanificio di famiglia che «per tutto il tempo in cui rimango al ministero non farai alcun contratto col governo». A questo contratto familiare aggiunse poi una postilla in cui stabiliva che, finché fosse rimasto deputato, «il lanificio non avrebbe concorso alle forniture statali».
 giudizi degli storici italiani e stranieri di area liberale su Sella furono lusinghieri. Per Benedetto Croce fu «l’eroe che impersonò la lotta per il pareggio […] con tenacia pari solo al coraggio di […] reggere alle strida dolorose dei tassati». Questo anche per ricordare quanto fosse un inesorabile persecutore degli evasori fiscali.

Molto più negativi furono gli apprezzamenti degli storici di area socialista e marxista, che videro in lui uno spietato, rigido persecutore delle masse lavoratrici. Fu accusato di spogliare «senza riguardi e senza pietà» i cittadini e di «perturbare l’ordine sociale».
Comunque, nel bene e nel male, riuscì a coniugare rigore, sviluppo infrastrutturale e crescita culturale del paese, a costituire un primo forte accumulo di capitali pubblici, utili oltre che per il pareggio di bilancio anche per investimenti.
Non poco, soprattutto se visto alla luce della crisi delle odierne finanze italiane.

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