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Marco Minghetti

Marco Minghetti (1818-1886) fu uno dei più stretti collaboratori di Cavour.

Di origini bolognesi, e va ricordato che Bologna in quel tempo era governata dallo Stato Pontificio, visitò numerose capitali europee e frequentò personaggi della borghesia inglese all’avanguardia per l’epoca.

Si dichiarò ostile a ogni azione di tipo insurrezionale, infatti, pur essendosi dimesso da ministro dello Stato della Chiesa per contrasti con Pio IX, non aderì alla Repubblica Romana del 1849.

In seguito fu chiamato a Torino da Cavour con il quale collaborò fino a diventare ministro delle Finanze nel suo primo governo del Regno d’Italia.

Dopo la proclamazione dello Stato italiano, fu primo ministro e ministro delle Finanze: in tale funzione e, dopo una fattiva collaborazione con Quintino Sella, raggiunse il pareggio di bilancio.
Fu un rappresentante della cosiddetta Destra storica, sebbene di idee non sempre conservatrici.

In seguito a un accordo con la Francia di Napoleone III, spostò la capitale da Torino a Firenze, in modo da garantire l’intoccabilità del papato e di Roma, ma fece reprimere nel sangue i tumulti che scoppiarono a Torino per protestare contro tale scelta.

Nel 1876, dopo la vittoria della cosiddetta Sinistra storica, divenne il rappresentante dell’opposizione: la destra non andò più al governo. Da serio amministratore finanziario qual era, si considerò protagonista della stagione «della prosa e non della poesia del Risorgimento».

Si dichiarò contrario, come altri esponenti della destra moderata e liberale, alle politiche accentratrici del nuovo Stato italiano: infatti nel 1861 propose al Parlamento di Torino una legge con progetto federalista, che fu però bocciata.

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G. Riccio, Ritratto di Marco Minghetti

Marco Minghetti e il decentramento amministrativo


Cavour aveva proposto il 13 marzo 1861 un disegno di legge che «consisteva nel riunire insieme in consorzi obbligatori e permanenti quelle province che fossero più affini tra loro per natura di luogo, per comunanza d’interessi, di leggi, di abitudini». Il disegno di legge non poté essere sottoposto alla Camera per la morte improvvisa di Cavour e quando Minghetti presentò un analogo progetto di legge dopo un lungo dibattito fu bocciato. Il progetto federalista di Minghetti prevedeva:

 

[…] un ordinamento che consenta di conservare le tradizioni e i costumi delle popolazioni locali. Ad ogni Grande Provincia dovrà spettare il potere legislativo e l’autonomia finanziaria per quanto riguarda i lavori pubblici, l’istruzione, la sanità, le opere pie e l’agricoltura. Le Grandi Province e i Comuni dovranno ampliare […] le rispettive basi elettorali estendendo il diritto di voto a tutti […] senza escludere gli analfabeti. I sindaci non saranno più di nomina regia ma dovranno essere nominati dal consiglio comunale regolarmente eletto. Allo Stato spetteranno soltanto la politica estera, la difesa, i grandi servizi di utilità nazionale (ferrovie, poste, telegrafi e porti), nonché un’azione di vigilanza e controllo sull’operato degli enti locali.

Guida alla Lettura

1) Il governo Minghetti trasferisce la capitale da Torino a Firenze. Perché lo fa? Quali stati e personaggi si vogliono rassicurare?

2) In che cosa consiste il progetto federalista di Minghetti? Quali poteri vengono esercitati dalle «Grandi Province»? 

3) A che cosa si possono paragonare le «Grandi Province» nella Repubblica italiana di oggi?

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