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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il biennio 1848-1849 - 1 IL TEMA - L'incendio si propaga da paese a paese
L’incendio si propaga da paese a paese
La prima rivolta dell’anno fu il 12 gennaio a Palermo. Da quel momento, moti rivoluzionari scoppiarono in diverse parti d’Europa, alimentati, come in un incendio, dall’esempio di chi li aveva preceduti, anche se le motivazioni che portavano alla lotta potevano essere diverse per ogni paese.
In questa cartina puoi vedere i diversi focolai di rivolta.
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In Sicilia
Da secoli la Sicilia aspirava a essere indipendente dal regno dei Borbone di Napoli. Lo voleva l’aristocrazia siciliana, ma lo voleva anche l’Inghilterra, che aveva molti interessi nell’isola. Cacciate le truppe napoletane dall’isola, i siciliani proclamarono l’indipendenza e si diedero una Costituzione liberale sul modello di quella inglese. Il nuovo Stato durò sedici mesi e vide la partecipazione di molti uomini che in seguito furono tra i protagonisti dell’impresa dei Mille che portò alla fine del regno dei Borbone.
Michelangelo Pinto, Stampa allegorica satirica che mostra la Sicilia che rifiuta il governo napoletano, 1850
Nel Parlamento che venne eletto c’era un forte contrasto tra chi voleva una monarchia, chi una repubblica e chi una federazione di stati. Di fronte alle indecisioni del nuovo governo, le masse contadine divennero sempre meno controllate, così nell’aprile 1849 per il re Ferdinando II di Napoli fu facile riconquistare la Sicilia, bombardando le città e accanendosi sulla popolazione. La Costituzione venne abolita e i capi della rivolta dovettero partire per l’esilio, mentre nell’isola cresceva l’odio per il re e per i soldati napoletani.
A Parigi
Dal 1830 la Francia era diventata una monarchia costituzionale, ma il diritto di voto era riservato ai cittadini con un reddito altissimo, banchieri, speculatori di borsa, azionisti delle compagnie ferroviarie, che si stavano sviluppando in quegli anni, proprietari delle miniere di carbone e delle foreste che servivano per far funzionare le macchine a vapore. Contro il potere di questa alta borghesia, a Parigi si era sviluppata un’opposizione formata da una piccola e media borghesia più moderata e da operai e artigiani più radicali. Il 22 febbraio 1848, dopo che la polizia aveva proibito un incontro pubblico, la rabbia esplose: il palazzo reale fu invaso e il trono fu scagliato dalla finestra, mentre centinaia di barricate furono erette contro l’esercito che aveva l’ordine di reprimere la sommossa. Spaventato, il re fuggì, e il 25 febbraio un nuovo governo provvisorio proclamò la nascita della Seconda Repubblica (la prima era stata quella della Rivoluzione del 1789).
Henri Félix Emmanuel Philippoteaux, Lamartine davanti all’Hôtel de Ville di Parigi il 25 febbraio 1848 rifiuta la bandiera rossa, olio su tela, Museo Carnavalet, Parigi
Il governo provvisorio aveva un carattere fortemente democratico e lo si vide dalle sue decisioni: fu introdotto il suffragio universale maschile, la libertà di stampa e di riunione; furono abolite la pena di morte e la schiavitù nelle colonie; la Guardia nazionale, che prima era riservata ai borghesi, fu aperta a tutti i cittadini; fu riconosciuto il diritto al lavoro e per questo furono creati gli ateliers nationaux (laboratori nazionali) che diedero impiego a più di centomila operai disoccupati, mentre la giornata di lavoro fu ridotta a dieci ore. Per sostenere questo programma il governo dovette aumentare le tasse che colpirono anche i contadini, che erano la grande maggioranza della popolazione francese e che quindi si schierarono contro il governo. Anche la borghesia si cominciò a spaventare per scelte così radicali e alle elezioni riuscì a ottenere la maggioranza del Parlamento e a eleggere come presidente della Repubblica Luigi Bonaparte, nipote di Napoleone, che sembrava dare garanzie di moderazione.
Nel giugno la tensione riesplode perché il governo moderato voleva riprendere il controllo del potere e cancellare le conquiste della classe operaia. Nei quartieri operai si formarono nuove barricate, ma dopo giorni di scontri l’esercito riuscì a sconfiggere gli insorti.
A migliaia vennero uccisi, imprigionati o deportati nelle colonie penali, mentre tutte le conquiste ottenute a favore dei lavoratori vennero gradualmente cancellate. Nel 1852 anche la Repubblica fu abolita, quando Luigi Bonaparte fu proclamato imperatore con il nome di Napoleone III.
A Vienna
Nell’Impero austriaco le ragioni di tensione erano molte: nelle diverse parti del grande impero multinazionale erano sempre più forti le richieste di indipendenza e tra i borghesi più ricchi e colti era sempre più diffusa la richiesta di una Costituzione che limitasse i poteri del sovrano, ma il vecchio imperatore e i suoi ministri erano sordi a queste richieste. Inoltre gran parte del paese soffriva la fame per la scarsità del raccolto degli anni precedenti.
Il 13 marzo una folla di studenti universitari scese in piazza chiedendo una Costituzione e un governo più liberale. L’imperatore finse di fare concessioni, ma poi fuggì da Vienna, ordinando all’esercito di reprimere i disordini. Intanto la rivolta si era estesa nelle varie parti dell’impero e le truppe imperiali dovettero accorrere nelle diverse città insorte. In breve tempo le riconquistarono.
A Vienna, invece, gli insorti, dopo aver dato fuoco agli edifici che simboleggiavano il potere imperiale, continuarono a resistere dietro le barricate, ma alla fine l'esercito mise sotto assedio la città bombardandola e alla fine riuscì a domare la rivolta.
A Budapest
L’Ungheria faceva parte dell’Impero austriaco, ma aveva da sempre goduto di una certa autonomia. Ma quando a Vienna la nuova Costituzione abolì le autonomie di cui godevano alcune delle province per garantire maggiore unità al grande impero multietnico, l’Ungheria insorse e proclamò la propria indipendenza.
Lajos Kossuth proclama l’indipendenza
Il nuovo Stato repubblicano comprendeva oltre all’Ungheria, anche le attuali Slovacchia, Transilvania, Croazia, e Istria, cioè buona parte dell’Europa centrale e questo preoccupò gli stati confinanti, in particolare la Russia che voleva garantire i suoi interessi nei Balcani. Così, in nome degli accordi della Santa Alleanza del 1815 che impegnavano tutti i sovrani assoluti a dare appoggio a quello tra di loro che dovesse affrontare disordini rivoluzionari, l’esercito russo intervenne insieme a quello austriaco contro il nuovo stato e lo sconfisse nell’agosto 1849. Kossuth riuscì a fuggire, ma molti ufficiali e uomini politici ungheresi vennero impiccati e l’Ungheria tornò a essere una semplice regione dell’Impero austriaco.
A Berlino
I diversi stati tedeschi erano uniti da tempo in una confederazione che aveva abolito i dazi doganali e unificato pesi, misure e valute e questo aveva portato a un rapido sviluppo economico di tutta l’area e specialmente della Prussia. Con il crescere della borghesia, si era fatta sempre più chiara la volontà di unificare i diversi staterelli tedeschi in un’unica nazione grande e forte guidata dal sovrano prussiano e dove finalmente non solo l’aristocrazia ma anche la classe media avesse il diritto di governare.
All’arrivo delle notizie delle rivoluzioni a Vienna e a Parigi, anche Berlino insorse e il re di Prussia, spaventato, promise una Costituzione, un Parlamento eletto e il suo appoggio all’unificazione tedesca.
Ludwig von Elliot, Prima seduta del Parlamento tedesco, Historisches Museum, Francoforte sul Meno
Il 18 maggio il Parlamento si insediò a Francoforte con i deputati eletti dai vari stati tedeschi.
Ma era un’assemblea debole, divisa, e quando provò a offrire al re di Prussia Federico Guglielmo la corona del nuovo stato unitario, questi rifiutò, appoggiato dall’aristocrazia terriera, autoritaria e conservatrice. Il Parlamento si sciolse e molte persone della borghesia liberale dovettero fuggire all’estero. Due anni dopo, nel 1850, il re prussiano emanò una sua Costituzione, in cui riconosceva la Confederazione degli Stati tedeschi del Nord, ma concentrava il potere nelle sue mani e in quelle dell’aristocrazia terriera.
A Venezia
Il 17 marzo, appena giunse la notizia della rivolta di Vienna, Venezia insorse e proclamò la rinascita della Repubblica veneta di San Marco che resistette all’assedio austriaco fino all’agosto 1849, quando alla fine dovette arrendersi.
A Milano
Anche in questo caso i milanesi si mossero alla notizia dei fatti di Vienna. Dal 18 marzo, in cinque giornate di combattimento riuscirono a liberare la città e a creare un governo provvisorio che accolse Carlo Alberto in guerra all’Austria. Persa la guerra, gli austriaci rientrarono in città, mentre molti milanesi partirono per l’esilio.
In diversi stati italiani
Tra febbraio e marzo la pressione popolare e la paura di insurrezioni di più grave portata spinsero molti sovrani italiani a concedere una Costituzione: Ferdinando II di Borbone nel Regno delle Due Sicilie, Leopoldo II nel Granducato di Toscana, Carlo Alberto nel Regno di Sardegna, persino il papa Pio IX a Roma. Tutti i sovrani di questi stati decisero di intervenire nella guerra che Carlo Alberto aveva dichiarato all’Austria, ma ben presto si ritirarono e si rimangiarono le costituzioni. Rimasto solo, il Piemonte perse la guerra, ma non ritirò la Costituzione, quello Statuto Albertino che resterà in vigore come Costituzione italiana fino alla fine della Seconda guerra mondiale.
A Roma
Nello Stato della Chiesa era molto forte la delusione dei patrioti romani contro il papa, che prima aveva appoggiato la guerra contro l’Austria, ma poi si era improvvisamente ritirato. Quando nel novembre 1848 il ministro Pellegrino Rossi venne assassinato, il pontefice ebbe paura e si rifugiò presso il re di Napoli. A Roma, venne eletta una nuova assemblea che nel gennaio 1849 dichiarò decaduto il potere temporale dei pontefici e proclamò la Repubblica Romana.
Ma ormai l’ondata rivoluzionaria si stava spegnendo in tutta Europa. Il papa chiese aiuto alle potenze cattoliche per recuperare il trono. Risposero Austria, Spagna, il Regno delle Due Sicilie e specialmente la Francia repubblicana di Luigi Bonaparte, che cercava in questo modo di portare dalla sua parte i cattolici francesi. Tutti mandarono truppe contro la Repubblica Romana che resistette per molti mesi, in cui morirono centinaia di romani e di volontari accorsi da tutta Italia in sua difesa, ma alla fine dovette arrendersi.
Guida alla Lettura
1) In quali parti d’Europa si ebbero i maggiori moti nel 1848? Come si può spiegare?
2) Perché nel 1848 non si ebbero moti rivoluzionari in Inghilterra? E perché non ci furono neppure in Spagna? Ricorda le tre cause principali delle rivolte e prova a dare una risposta, vedendo se anche in quei paesi quelle motivazioni erano valide.
3) Completa questa tabella, segnando, per ogni paese insorto, quali delle tre parole d’ordine del 1848 fu la rivendicazione principale.
4) Come interpreti la vignetta satirica intitolata La cacciata relativa all’insurrezione siciliana?
5) Nel quadro di Henri Félix Emmanuel Philippoteaux, vedi rappresentate persone delle due classi sociali che fecero la rivoluzione a Parigi. A quale delle due pensi che appartenesse Lamartine? Da che cosa lo capisci?
6) Perché, secondo te, il re di Prussia rifiuta il trono che gli viene offerto dal Parlamento di Francoforte?
7) Tutte le costituzioni concesse dai sovrani o conquistate dal popolo nel 1848 furono abolite?
8) Anche se le rivolte del 1848 finirono male, quali furono, secondo te, le idee che in seguito rimasero nell’opinione pubblica di molti paesi europei?
9) Perché, secondo te, le classi lavoratrici nel 1848 non riuscirono a ottenere nessun vantaggio?
10) Immagina di essere un patriota italiano dopo il fallimento di tutti i moti del biennio 1848-1849. Quali insegnamenti potresti aver appreso per rilanciare la lotta per l’indipendenza e l’unità d’Italia?