Guida alla Lettura
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Fonti consultate
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Fonti consultate
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Fonti consultate
L’impianto manualistico serve poco
L’impianto manualistico serve poco
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - La guerra nell’Ottocento: le battaglie e i modi di combattere nel Risorgimento - 3. Le forze armate - Bersaglieri e corazzieri
Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L'impresa dei Mille - 3.1 SOGGETTI e PROTAGONISTI - Gli eserciti - L’esercito meridionale: le camicie rosse di Garibaldi
L’esercito meridionale: le camicie rosse di Garibaldi
Che cosa si intende quando si dice “i Mille”? I garibaldini partiti da Quarto all’alba del 6 maggio 1860? Oppure l’intero esercito di volontari che, al comando di Garibaldi e al grido di «Italia e Vittorio Emanuele», compì in pochi mesi l’impresa di rovesciare la dinastia dei Borbone dal Regno delle Due Sicilie, unendo l’intero Meridione a quello che di lì a poco (17 marzo 1861) sarebbe diventato il Regno d’Italia?
Nella prima ipotesi ci si riferisce soltanto ai 1089 garibaldini che sbarcarono a Marsala l’11 maggio 1860, come è documentato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 12 novembre 1878. Il dato venne stabilito a conclusione del lavoro di una commissione incaricata di accertare numero e nominativi dei Mille per assegnare loro una medaglia e, secondo una legge del 1865, una pensione annua di 1000 lire.
Ma a quel primo contingente si aggiunsero numerosissimi volontari siciliani, calabresi, napoletani e successive spedizioni da Genova che ingrossarono di molte migliaia “l’esercito meridionale”.
Mentre molti “picciotti” siciliani correvano ad arruolarsi con Garibaldi (in proposito si può vedere il ruolo avuto dal frate-soldato Giovanni Pantaleo), Agostino Bertani organizzava dalla città ligure l’invio di circa 20.000 “camicie rosse”. Il primo contingente di 2500 volontari, al comando del generale Giacomo Medici, raggiunse Garibaldi a Palermo il 20 giugno, poi fu la volta di 800 volontari guidati da Enrico Cosenz, altri continuarono ad affluire per tutto il tempo della spedizione dalle diverse regioni italiane e dai paesi stranieri. Tra questi i più numerosi erano gli ungheresi, circa 500, raggruppati nella brigata Eber comandata dal colonnello brigadiere Ferdinando Nandor Eber (1825-1885), corrispondente del quotidiano «The Times» con cittadinanza inglese.
Durante la campagna, poi, interi reparti dell’esercito borbonico cambiarono uniforme, poiché si consideravano italiani.
Giuseppe Garibaldi
Garibaldi organizzò i volontari in quattro divisioni, al comando di Stefano Türr, Enrico Cosenz, Giacomo Medici e Nino Bixio.
Passati alla storia come “camicie rosse” i garibaldini per lo più non vestivano uniformi definite e regolate.
I volontari partiti da Quarto indossavano i propri normali vestiti. La stoffa rossa che proprio Anita Garibaldi nel 1848 aveva scelto per confezionare le casacche dei volontari era bastata solo per poche centinaia di divise che furono indossate dagli ufficiali e dai soldati più vicini al Generale e doveva servire anche come elemento di riconoscimento sul campo di battaglia.
Si calcola che i combattenti fossero circa 50.000 quando l’11 novembre 1860, venne sancito con decreto regio lo scioglimento dell’esercito meridionale.
Ai volontari garibaldini fu data la possibilità di arruolarsi con una ferma biennale nell’esercito piemontese oppure di chiedere le dimissioni con sei mesi di paga. Agli ufficiali fu concessa l’ammissione nell’esercito, purché sottoponessero i loro titoli all’esame di una commissione.
Il risultato furono le dimissioni in massa dei soldati a cui si unirono quelle di un buon numero di ufficiali, nonostante le raccomandazioni in senso contrario di Garibaldi che, del resto, si era già ritirato a Caprera, lasciandoli confusi e incerti, senza un punto d’appoggio per il presente e senza una prospettiva per il domani.
Con lo smantellamento dell’esercito meridionale si chiudeva la via verso Roma e Venezia, si interrompeva il processo di unificazione territoriale, in modo da non turbare, secondo il volere di Cavour, il delicato equilibrio internazionale, in cui l’Italia si stava inserendo come potenza emergente nell’area mediterranea. Ma soprattutto si negava ai garibaldini un ruolo riconosciuto e legittimo nella costruzione dello Stato nazionale, che si sarebbe formalmente costituito il 17 marzo 1861. Una scelta che si rivelerà funesta, soprattutto per il rinnovamento della classe dirigente e l’integrazione delle classi sociali nel Meridione.
Nel 1862 quel che rimaneva dell’esercito garibaldino sarà inglobato nell’esercito italiano e sarà impiegato, in una sorta di paradosso storico, per combattere il brigantaggio nel lungo conflitto che insanguinerà il Sud Italia.
Guida alla Lettura
1) Che cosa si intende propriamente con “i Mille”?
2) Che cosa, invece, con “esercito meridionale”?
3) Quante migliaia di soldati vi accorsero e vi furono arruolati?
4) Quando e come venne sciolto l’esercito meridionale?
5) Sulle motivazioni, la composizione, il modo di combattere dei garibaldini e, inoltre, sull’esito politico della loro impresa, puoi consultare e svolgere con i compagni le attività della pista di lavoro Perché Garibaldi e i garibaldini sconfiggono i Borboni?.