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Gaeta: svolgimento ed esito dell’assedio

L’assedio durò 102 giorni, di cui 75 trascorsi sotto il fuoco nemico, e fu l’ultimo grande assedio dell’Ottocento.

Tale durata si spiega con la determinazione disperata di Francesco II e sua moglie Maria Sofia di resistere in quell’ultimo baluardo del loro regno, consapevoli che, una volta lasciata anche Gaeta, qualunque speranza di riavere la corona, magari per la mediazione di qualche potenza europea, sarebbe finita per sempre.

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Re Francesco II di Borbone e la regina Maria Sofia di Baviera, fotografia, 1865 

D’altra parte i piemontesi disponevano di cannoni con una gittata più lunga dei cannoni borbonici e quindi si attrezzarono per un assedio di lunga durata, sicuri della propria artiglieria e di poter avere ricambio di truppe e vettovagliamenti.

Tra l’11 novembre e i primi di dicembre i borbonici tentarono alcune sortite da Gaeta per forzare l’assedio, ma furono respinti. Il 1° dicembre i piemontesi iniziarono a bombardare la città e la piazzaforte causando molte perdite anche perché alcuni ex ufficiali borbonici, passati nello Stato Maggiore del generale Enrico Cialdini, conoscevano bene la fortezza e il territorio e contribuirono a rendere davvero efficaci i tiri d’artiglieria. Ai primi di dicembre si diffuse in città un’epidemia di tifo che fece molte vittime sia tra i militari che tra i civili. Nel mese di dicembre ci furono  tentativi di Napoleone III di convincere il re Francesco II di Borbone ad accettare trattative di resa. A metà gennaio Francesco II avviò una riduzione delle truppe, congedando oltre 4500 uomini che non poteva più né pagare né sfamare. Nello stesso periodo i bombardamenti piemontesi si intensificarono e furono colpiti sempre più spesso anche obiettivi civili (case, chiese, l’ospedale), abbattendo così il morale degli assediati. Furono anche colpiti due depositi di munizioni che causarono esplosioni gravi e il crollo di alcune abitazioni. La famiglia reale stessa si trasferì in una casamatta, ovvero in un locale dotato di protezioni rinforzate e di armamenti autonomi, all’interno di una fortificazione. 
 

Trattative e resa


Il 19 gennaio 1861 le navi da guerra straniere presenti in rada si allontanarono, perché Cavour e Napoleone III, con una trattativa segreta, avevano raggiunto un accordo che consentiva alla Francia di acquisire i comuni di Mentone e Roccabruna in cambio della rinuncia a difendere Francesco II e la roccaforte di Gaeta. Lo stesso giorno dieci unità da guerra della flotta piemontese salparono da Napoli e gettarono l’ancora a Mola di Gaeta. Il giorno successivo una nave francese portò via da Gaeta 600 civili (donne e bambini). Dopo l’ennesimo rifiuto da parte dei borbonici di trattare la resa il generale Cialdini fece consegnare la lettera che notificava l’inizio del blocco navale di Gaeta: l’assedio era quindi totale. Cominciarono le diserzioni e i tentativi di fuga. Il 10 febbraio Francesco II accettò di trattare la resa con il generale Cialdini, che comunque continuò i bombardamenti. Decisiva fu alla fine l’esplosione di un altro deposito di polveri che aprì brecce nelle fortificazioni. Gli assediati che sfilarono fuori dalle mura erano affamati e scheletrici, nella città i piemontesi trovarono solo macerie, cadaveri e feriti, molti anche della popolazione civile. Il 15 febbraio ci fu la capitolazione definitiva. 
 

Le conseguenze


Dopo la capitolazione di Gaeta e la partenza del re per Roma, si arresero anche le ultime due fortezze rimaste fedeli al sovrano. Messina resistette dal 17 febbraio al 12 marzo, quando un nutrito fuoco d’artiglieria indusse gli ufficiali alla capitolazione. Civitella del Tronto oppose un’accanita resistenza alle truppe piemontesi, molto superiori per numero e armamenti, e si arrese solo il 20 marzo 1861 quando ricevette, tramite un messo reale, l’ordine di Francesco II. Il regno per cui Civitella aveva resistito non esisteva più: il 17 marzo era già stato proclamato il Regno d’Italia.

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