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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il contesto internazionale. Movimenti e istituzioni - 5 GLI ESULI, I RIFUGIATI POLITICI DEL RISORGIMENTO - Il decennio di preparazione (1849-1859) - Il Piemonte dall’amnistia alla Società Nazionale, da Carlo Alberto a Cavour

Il Piemonte dall’amnistia alla Società Nazionale, da Carlo Alberto a Cavour

L’accorta politica nei confronti degli esuli che i ministri di casa Savoia, prima D’Azeglio e poi Cavour, praticarono nel cosiddetto decennio di preparazione (1849-1858) era stata anticipata dai provvedimenti di amnistia e indulto messi in atto da Carlo Alberto nel 1842, in occasione delle nozze del figlio Vittorio Emanuele con Maria Adelaide e addirittura da atti di clemenza ad personam come nel caso di Fortunato Prandi, un militare esiliato per l’insurrezione del 1821 e poi reintegrato nei ruoli dell’esercito con il grado di capitano. Secondo studi recenti, Carlo Alberto con questi provvedimenti di perdono intendeva recuperare la parte più moderata dei costituzionalisti del 1821 e riportarli in patria, sottraendoli all’influenza mazziniana. Insomma, per creare consenso intorno alla prospettiva monarchica, occorreva dividere il fronte democratico. Questa politica venne applicata con piena coerenza nel 1848 con la concessione della Carta costituzionale, lo Statuto Albertino, e con l’istituzione del primo parlamento del Regno di Sardegna, nel quale risultarono eletti alcuni ex fuoriusciti del 1821, tra i quali lo stesso Prandi.
Dopo la sconfitta di Novara (marzo 1849), a cui seguì l’abdicazione di Carlo Alberto e l’insediamento di Vittorio Emanuele (che sottoscrisse con gli austriaci l’armistizio di Vignale, ma mantenne lo Statuto elargito dal padre), si calcola che circa centomila profughi confluirono in Piemonte: un numero enorme per le dimensioni e le risorse del paese d’arrivo, un’emigrazione di massa simile a quella che oggi spinge decine di migliaia di persone dalle coste meridionali del Mediterraneo verso l’Europa. 
Tra gli esuli rientrati in quel periodo nel Regno di Sardegna ricordiamo Giovanni Berchet e Guglielmo Pepe e, tra i democratici, Pisacane e Garibaldi.
Carlo Pisacane soggiornò per qualche anno tra Torino e Genova dove, pur sorvegliato dalla polizia sabauda ma ispirato dal filosofo russo Aleksandr Herzen circa il ruolo decisivo delle masse in una rivoluzione, mise a punto lo sfortunato progetto della spedizione di Sapri, che gli costerà la vita.
Garibaldi nel 1854 rientrò a Genova con il permesso del governo piemontese e si trasferì nell’isola di Caprera, dove impiantò una fattoria. Di lì a poco, allontanatosi da Mazzini, aderì alla Società Nazionale che si riconosceva nel motto «Italia e Vittorio Emanuele» ed era ispirata dallo stesso Cavour. 
Dopo gli ultimi tentativi insurrezionali falliti, l’egemonia mazziniana stava tramontando. Ormai molti, anche fra i democratici e i repubblicani, individuavano in Vittorio Emanuele e nel piccolo Regno di Sardegna il percorso più favorevole verso l’unità nazionale.

Attività

1) Consulta nel web e/o alle seguenti unità le biografie di Berchet, Pepe, Manin e Garibaldi:

 

Adesso rispondi alle seguenti domande:

  1. Perché Guglielmo Pepe e Giovanni Berchet, rientrando dall’esilio, scelgono Torino? Come mai possono farlo?

  2. Perché Manin e Garibaldi, di fede repubblicana, decidono di aderire alla Società nazionale?

  3. Che cosa invece si proponeva Cavour? Puoi consultare l’unità La Società Nazionale.

 

2) Rispondi alle seguenti domande.

  1. Perché Pisacane può essere considerato il primo socialista italiano?

  2. Quale ruolo ebbe nell’evoluzione del suo pensiero politico l’esilio e l’incontro prima con i socialisti francesi Proudhon e Fourier poi con il filosofo russo Herzen?

  3. Dove conobbe gli uni e l’altro?

 

Puoi consultare queste unità:

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