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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.3 Il Regno delle Due Sicilie - Il decennio nel Regno delle Due Sicilie

Il decennio nel Regno delle Due Sicilie

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Lo stemma reale del Regno delle Due Sicilie

Nel 1848 scoppiarono moti liberali a Palermo e in tutta la Sicilia, il re Ferdinando II accettò in un primo tempo l’elaborazione di una Costituzione, tentando una politica di conciliazione con i liberali moderati. I moti si estesero anche nella parte continentale del regno e il re giurò sulla Costituzione e si adattò a partecipare alla guerra contro l’Austria che si svolgeva nei territori del Lombardo-Veneto (Prima guerra d’indipendenza). Ci furono però gravi contrasti tra i patrioti moderati e quelli più radicali e il re ritirò le proprie truppe, circa duemila uomini, dalla guerra contro l’Austria. Dopo un tentativo fallito di conciliazione con gli indipendentisti siciliani inviò l’esercito che stroncò la rivolta e riconquistò Palermo.
La Costituzione fu sospesa e il re diede avvio a una repressione generalizzata dei patrioti: duemila furono imprigionati in condizioni disumane, tanto che il politico inglese William Ewart Gladstone, che aveva soggiornato per alcuni mesi a Napoli tra la fine del 1850 e i primi mesi del 1851, scrisse due lettere al primo ministro inglese in cui definiva il Regno delle Due Sicilie la «negazione di Dio», proprio in riferimento alle condizioni delle carceri. I governi francese e inglese ritirarono i propri ambasciatori nel 1856.
Mentre nel Regno di Sardegna Cavour riorganizzava lo stato preparandolo allo scontro con l’Austria, nel meridione si susseguivano nuovi tentativi insurrezionali dei mazziniani: infatti, dopo la sfortunata spedizione dei fratelli Bandiera del 1844, si succedettero, nel 1856, un attentato fallito al re e, nel 1857, la disastrosa spedizione di Carlo Pisacane a Sapri.
Ferdinando II morì nel maggio del 1859 lasciando il trono al figlio Francesco II.
Francesco II era uomo mite e molto pio. Regnò per poco più di un anno e prese inizialmente provvedimenti che gli procurarono la simpatia di molti popolani: dimezzò le tasse sul macinato e ridusse le imposte doganali, fece donazioni di grano per alleviare la carestia.
Non aveva però una percezione adeguata del quadro politico della penisola e degli equilibri europei. Durante la Seconda guerra d’indipendenza, tra la primavera e l’estate del 1859, dichiarò la neutralità del Regno delle Due Sicilie, proseguendo la politica di ambizioso isolamento già tenuta dal padre, ma perse così la possibilità di essere considerato un utile interlocutore da parte di Francia e Inghilterra. E perse anche la possibilità di porsi come interlocutore paritario di Vittorio Emanuele, come si vedrà più tardi.
Fu ancora la Sicilia, come nel 1848, il focolaio delle ultime crisi su cui si innesterà la spedizione di Garibaldi: nell’autunno del 1859 scoppiarono diversi disordini nell’isola e altri tentativi di rivolta si verificarono tra il febbraio e l’aprile del 1860 a Messina e Palermo. Alcuni democratici mazziniani, tra cui Francesco Crispi erano sbarcati clandestinamente sull’isola per organizzare la protesta popolare. I moti vennero rapidamente repressi, ma le condanne suscitarono l’indignazione straniera e gruppi di contadini armati e affamati affluirono verso Palermo: il malcontento si allargava e non coinvolgeva più soltanto ristretti gruppi di intellettuali liberali. L’11 maggio Garibaldi e i suoi volontari sbarcarono a Marsala, appoggiati da alcune navi inglesi: iniziava la fine.

Durante le prime settimane della Spedizione dei Mille Francesco II tentò un accordo con Vittorio Emanuele II, che era suo cugino, ma questi rifiutò. La moglie, Maria Sofia di Baviera, sorella di Elisabetta d’Austria (la famosa imperatrice Sissi), aveva un carattere più determinato ed energico e aveva assunto via via un ruolo sempre più importante nella politica del regno, anche durante le vicende militari determinate dalla spedizione di Garibaldi. Durante l’assedio di Gaeta, lo scontro che determinò la fine del Regno delle Due Sicilie, accanto al marito diede prova di coraggio e valore.

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