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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.1 I problemi dell'Italia unita - Gente di confine (M. Rigoni Stern)
Gente di confine (M. Rigoni Stern)
Con la Terza guerra d’indipendenza (1866) l’altipiano di Asiago, insieme a Veneto e Friuli, viene acquisito dal Regno d’Italia. Mario Rigoni Stern, nel suo romanzo Storia di Tönle, ci racconta come la gente dell’altipiano si adattasse al nuovo contesto politico e territoriale.
Il fatto del ferimento della guardia di finanza da parte di Tönle Bintarn si seppe nel paese capoluogo e in tutti gli altri borghi del circondario con una rapidità telefonica, anche se telefoni ancora non ce n’erano. Il pretore aprì una pratica; il sottoprefetto chiamò a rapporto il regio commissario di polizia, il comandante delle guardie di finanza e quello dei reali carabinieri. Ma più di tutto se ne parlò nella bottega del Puller, il barbiere-calzolaio che raccoglieva e diramava notizie e informazioni per contrabbandieri e guardie, funzionari dello Stato e osti, bottegai e sergenti furieri, boscaioli e malghesi, cacciatori e preti.
L’incidente, quella stessa sera, fu anche argomento di discussione alla mensa ufficiali della 63° compagnia alpina del presidio. Tra i giovani ufficiali piemontesi venne criticato il comportamento di questa gente di confine e la loro selvatichezza; e venne anche ricordato quando il famoso capitano Casati dovette intervenire con una compagnia di bersaglieri contro un centinaio di montanari che senza la superiore autorizzazione volevano sboscare legname dai boschi consortili. Cosa credono costoro? Ma il tenente Magliano, che alla regia commissione di leva si premurava di segnalare alcuni nomi perché venissero assegnati al suo reparto, e ricordando anche che il feritore era stato zappatore nel suo plotone quando lui, sottotenente fresco di accademia, era stato mandato in questo nostro paese, impose fine alla discussione invitando i commensali a intonare in coro una canzone che proprio in quei giorni aveva composto sull’aria di un vecchio motivo popolare.
Dicevano le parole: «Sul cappello portiamo un trofeo / dei reali di casa Savoia / lo portiamo con fede e con gioia / viva l’Italia e i suoi sovran. / Scavalcheremo le mura di Trento...»
Circostanza curiosa è anche che Tönle Bintarn, prima di fare l’alpino zappatore con il sottotenente Magliano, era stato anche soldato scelto nella landwehr, nelle terre di Boemia, a Budejovice, ai comandi del maggiore von Fabini. Quando dopo quattro anni venne congedato e ritornò a casa, il nostro paese aveva cambiato padrone: al posto di Francesco Giuseppe c’era ora Vittorio Emanuele.
Il giorno dopo il fattaccio la moglie di Tönle si recò in paese con una dozzina d’uova e due chili di zucchero nella borsa. Prima di attraversare la Piazza della Fontana si fermò dietro l’angolo degli Stern per levarsi le babbucce e mettersi le calze e le scarpe; dopo si rassettò, camminò per la piazza sino alla casa che cercava e salì le scale dell’avvocato Bischofar.
L’avvocato, come sentì il passo, uscì nel corridoio per farla entrare nello studio dopo aver fatto uscire la nipotina che era lì a tenergli compagnia e intanto spolverava i libri e i quadri con i ritratti di Garibaldi a cavallo e di Mazzini con la mano sulla grande fronte.
Da studente, anzi da seminarista, nel 1848, era stato all’assedio di Venezia con Daniele Manin e poi con il «corpo franco», o legione cimbrica, al valico delle Vezzene per ricacciare gli austriaci e i croati di Radetzky.
– So già tutto, – disse alla donna dopo averla fatta accomodare.
– Il vostro uomo è meglio che per un bel pezzo di tempo non si faccia vedere in giro. Non era stato a far stagione nelle miniere di ferro della Stiria? Che ci ritorni subito anche se non ha l’ingaggio; la strada la sa. E poi troverà bene il modo di mandarvi qualcosa per tirare avanti; dopo tutto è meglio nella miniera di ferro che nelle prigioni.
- Da come si sono svolti i fatti, ne ho parlato con il pretore, non c’è possibilità di assoluzione; poi, magari con il tempo, ci potrà essere l’occasione di qualche amnistia. Intanto cercherò di farvi avere qualcosa dal Pio Istituto Elemosiniere.
L’avvocato Bischofar non parlava curiale; anzi rivolgendosi alla gente del contado diceva più parole nell’antica lingua che non venete o italiane. Non volle le uova né lo zucchero e nel congedarla gli raccomandò, giacché doveva passare per la contrada Chescie, di salutargli l’amico Christian Sech.
Da Rigoni Stern M., Storia di Tönle, in: Trilogia dell’Altipiano, Einaudi, Torino 2010, pp. 10-12.
Guida alla Lettura
1) Il nuovo Stato italiano è presente nell’altipiano di Asiago? A quali istituzioni si fa riferimento nel testo?
2) Come Rigoni Stern ci rappresenta i rapporti fra gli ufficiali piemontesi e la gente del posto? Quali i motivi dell’incomprensione?
Fai la tua ipotesi e confrontati con i compagni.
3) Confronta la storia personale di Tönle con la storia d’Italia e della sua unificazione. Quando puoi collocare il servizio militare di Tönle in Boemia? Quando il suo servizio come alpino zappatore sotto il comando del tenente Magliano?
4) Qual è l’orientamento politico dell’avvocato Bischofar? Moderato o democratico? Rispondi facendo precisi riferimenti al testo.
5) Come valuti il consiglio che dà alla moglie di Tönle? Come si comporta con lei? Esprimi un giudizio sulla figura dell’avvocato Bischofar.