Guida alla Lettura
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Fonti consultate
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Fonti consultate
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L’impresa dei Mille - 4 INTERPRETAZIONI E PISTE DI LAVORO - 4.3 Le fonti - Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Fonti consultate
L’impianto manualistico serve poco
L’impianto manualistico serve poco
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - La guerra nell’Ottocento: le battaglie e i modi di combattere nel Risorgimento - 3. Le forze armate - Bersaglieri e corazzieri
Referenze delle immagini utilizzate nel modulo
Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L'impresa dei Mille - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.14 Capua e Gaeta – Gaeta: campo di battaglia e forze impegnate
Gaeta: campo di battaglia e forze impegnate
La città fortificata e il porto
La piazzaforte di Gaeta era ben difesa e difendibile: collocata su un promontorio che dava protezione al porto, era infatti attaccabile solo da un lato. Nel porto, all’inizio dell’assedio, erano ancorate dodici navi straniere di cui sette francesi, che consentivano alla popolazione e alle truppe di ricevere rifornimenti di cibo provenienti dallo Stato Pontificio.
Le forze in campo
Le truppe borboniche
Le forze di terra erano composte da oltre 16.000 soldati e quasi 1000 ufficiali dislocati in diversi punti della città. Disponevano di circa 700 tra cannoni e obici perlopiù a canna liscia distribuiti su otto batterie.
Le munizioni per l’artiglieria erano scarse, mentre erano adeguate le munizioni per i fucili.
C’erano poi un migliaio tra cavalli e muli utilizzati dall’esercito. Le scorte di cibo però, sia per i soldati, che per la popolazione civile e gli animali erano scarse.
Le forze navali rimaste fedeli a Francesco II erano solo cinque unità da guerra napoletane. Il resto della flotta borbonica era rimasto nella rada di Napoli.
Le truppe piemontesi
Il corpo d’assedio dell’esercito piemontese, al comando del generale Enrico Cialdini, era composto da: 18.000 soldati, circa 800 ufficiali, 1600 cavalli, 66 cannoni a canna rigata, più precisi di quelli a canna liscia, e 180 cannoni a lunga gittata.
Le batterie di artiglieria furono collocate all’inizio del promontorio in posizione per bersagliare la città e le sue mura.
Il generale Enrico Cialdini