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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L'impresa dei Mille - 3.2 SOGGETTI e PROTAGONISTI - Le biografie - Nino Bixio nel racconto dei suoi compagni garibaldini

Nino Bixio nel racconto dei suoi compagni garibaldini

Ecco una breve antologia di brani tratti dalle memorie di alcuni garibaldini, compagni di Nino Bixio nell’impresa dei Mille, che ne descrivono il carattere e i modi di fare. 

 

 


A Calatafimi
 
Precedea quella gente Nino Bixio, a cavallo, il quale, chiamando a nome quanti di noi conosceva, cominciò ad invitarci ad un terzo assalto, e si mise a correre intorno alla spianata, agitando la bandiera di Garibaldi, che aveva nelle mani. Le gran schioppettate che ebbe quel demonio, quando fu alla destra della spianata, dove il ciglio era bassissimo e non offriva alcun riparo, sono impossibili a ridirsi; ma pareva fatato, e corse e ricorse e sventolò la bandiera sul viso ai nemici, senza che neanche lo stoppaccio d’uno schioppo lo cogliesse, per quanto i cacciatori lo tempestassero talvolta quasi a bruciapelo. 

 


Da Bandi G., I Mille. Da Genova a Capua, in: http://www.liberliber.it, pp. 322-323.
 

 

 


A Palermo
 
Erano usciti da poco tempo gli ufficiali del Palazzo Pretorio, quando un gran chiasso s’udì nella piazza. Nino Bixio avea schioccato un ceffone all’Agnetta: che, due anni più tardi, dovea costargli una mano, trafitta da una palla di pistola, in un duello a morte. I soldati d’Agnetta, vedendo offeso il loro capitano, avean preso lo spunto; certi soldati di Bixio, lì presenti, vollero fare alto là; e poco andò che non nascesse un parapiglia. […] Per fortuna, amiche mani si frapposero tra Bixio e l’Agnetta, e il chiasso finì lì, e i due nemici si separarono, digrignando i denti, e bestemmiando; ma con le mani monde di sangue. Garibaldi, appena avuto notizia di quella nuova scappata di Bixio e del gran rumore che se ne facea per Palermo, mandò a chiamare il peccatore, e gli disse cose da chiodi. Nino Bixio, che si rammenta e si celebra come uomo audacissimo e intollerante d’ogni autorità, pareva un pulcin bagnato, quando venne al cospetto di Garibaldi. La parola del gran capitano suonava così: – Bixio, voi mi avete guasta una bella giornata, una gran bella giornata... Come farete a comandare diecimila uomini, voi che non sapete comandare a voi stesso? […] Il dittatore condannò Nino Bixio a star prigione nelle sue stanze […]. 
 
Da Bandi G., I Mille. Da Genova a Capua, cit., pp. 384-386.

 

 

 


A Catania
 

Arrivarono polverosi, ma abbaglianti. […] Questo è un reggimento da presentargli le armi i più vecchi del mestiere. Ne parlai con gli amici, e mi hanno detto che attraverso l’isola Bixio non gli ha lasciati riposare un istante. I soldati per le marce forzate, furono più d’una volta sul punto d’ammutinarsi: ma sì! chi oserebbe essere il primo con quest’uomo che non mangia, non dorme, non resta mai? Non saprei perché, ma egli entrando in Catania non pareva guari contento. Anzi gli cresceva quella minaccia che ha sempre tra ciglio e ciglio. 

 


Da Abba G.C., Da Quarto al Volturno. Noterelle d’uno dei Mille, in: http://www.liberliber.it, pp. 144-145. 
 


Trovai per via molti amici della brigata Bixio, che tutti hanno ormai qualcosa di lui nel fare, nel dire, sin nella guardatura. Questo generale pare fatto per tempi come questi e per noi. Piglia la gente, la rimpasta, la rifà: con lui o fare, o rimanere spezzati in mezzo alla via. Uno sguardo, una parola; non basta? gli scatta via magari una sciabolata: e questa è la sola deformità del suo essere. Se ne lagnano tutti; ogni poco i suoi volontari vorrebbero abbandonarlo. È violento, è insopportabile! “Ebbene? Sotto chi preferireste servire? Sentiamo”. “Ma!... eh!... sotto Bixio!”. Infatti non ci sono in Italia trenta come lui. Se una palla lo toglie di mezzo, sarebbe come ad avere le nostre forze scemate a un tratto un bel poco: e se il Borbone avesse un ufficiale come Bixio, forse... ma no, non voglio scrivere questo pensiero. Dicono che Bosco vale lui? Eresia! 
 


Da Abba G.C., Da Quarto al Volturno. Noterelle d’uno dei Mille, cit., p. 157. 
 

 


A Melito
 

Il Torino era un bellissimo e grosso legno, che per la prima volta appariva nella gloriosa baraonda nostra, e che seppe ricevere a bordo quasi tremila volontari. Lo comandava Nino Bixio, che impaziente di più lunghi riposi, e dispettoso di non aver potuto dividere con Medici gli allori di Milazzo, sentiva prudersi le mani. […] Erano circa le due del mattino, quando la spedizione fu vicina a Melito, luogo fissato per l’approdo, e le cose procedevano nel miglior modo desiderabile, quando il caso maledetto volle che Bixio, colla solita sua furia, spingesse innanzi a tutto vapore il Torino, e sorpassato il Franklin, lo facesse dare in secco in un basso fondo. […] Garibaldi, accortosi subito di quel nuovo malestro di Bixio gridò: – E due! Anche a Marsala accadde lo stesso! 

 


Da Bandi G., I Mille. Da Genova a Capua, cit., pp. 533-535.
 

 

 


A Reggio
 
La sera della espugnazione di Reggio, Garibaldi, siccome suole, coricossi alle otto e mezzo. In letto egli costumava leggere i giornali, fumare mezzo sigaro, e ciarlare confidenzialmente con alcuni amici suoi del quartier generale, che ritti gli facevano cerchio. Il generale Bixio, entrando vivacemente, avvertì il dittatore che il nemico ritiravasi lentamente verso Villa San Giovanni, e dimandò se dovevasi sorprenderlo. E Garibaldi, affisando con sembiante di compiacenza l’audacissimo fra’ suoi luogotenenti, che favellava in vernacolo genovese sì caro ai suoi orecchi: – I nostri soldati hanno bisogno di riposo, e voi curatevi la ferita. Domani sorprenderemo il nemico. – Sto benissimo, replicò Bixio, col braccio sinistro al collo, colpito di palla al mattino. E Garibaldi sorridendo: – Le palle che feriscono voi, sembrano di pastafrolla! 

 


Da Mario A., La camicia rossa, in: http://www.liberliber.it, p. 34. 
 

 

 

 


A Paola
 
Intanto che le Divisioni si riunivano a Paola in attesa d’ordini, seppesi che Garibaldi aveva dato incarichi ai più audaci insorti di Napoli di impossessarsi, in una notte oscura, di 2 piroscafi dell’Impresa di Navigazione allo scopo si trasportare, al più presto le truppe a Napoli, ardua operazione che venne effettuata con una lotta sanguinosa corpo a corpo col personale di guardia delle due navi, costringendole a far vela su Paola. Medici, appena scopre l’avvicinarsi nel piccolo porto dei due vapori, dispone subito per imbarcarci, e quando già parecchie squadre erano a bordo del piroscafo più vicino al sito dell’imbarco, arriva Bixio, furibondo e rabbioso, indossante la beduina bianca e lo scudiscio in mano, il quale per non trovarsi senza combattere, come gli era successo a Milazzo, voleva avere la precedenza su tutti per arrivare primo a Napoli. Infatti salito a bordo ordina con modi brutali ai garibaldini di scendere a terra per imbarcare i suoi. L’imbarco di Bixio si effettua in poche ore con grande slancio, restando noi stupefacenti e delusi spettatori a vedere i due vapori far rotta per Napoli. 

 


Da Ferrari G., Memorie di guerra e brigantaggio. Diario inedito di un garibaldino (1860-1872), Interlinea Edizioni Novara, Novara 2011, pp. 26-27. 
 

 

 

 


Sul Volturno
 
1° ottobre. E da Maddaloni una Guida volando... “Dov’è, dov’è il generale Türr”. Bixio domanda aiuto! – Aiuto Bixio? Dunque dev’essere agli estremi. O sole che vedesti tante cose orrende nel mondo, o Dio, non lasciate perir l’Italia, oggi... qui... Primo battaglione, prima e seconda compagnia, pigliate l’armi, fianco destr, via. Tocca a noi. Portiamo a Bixio questi quattro petti; sgriccioli che andiamo in aiuto dell’avvoltoio. 

 


Da Abba G.C., Da Quarto al Volturno. Noterelle d’uno dei Mille, cit., pp. 178-179. 
 

 

 

 


[…] s’intese che il generale Bixio, caduto da cavallo, ruppesi la testa e una gamba. […] Difatti poco stante, ad un trivio, lo trovai seduto a terra col capo fesso, col naso ferito, col viso insanguinato e colla gamba spezzata prestar mano impassibile agli infermieri, rammaricarsi d’essere impedito dal combattere, raccomandare che la disgrazia rimanesse celata alla moglie. Garibaldi aveva ordinato che s’arrestasse un prete fuggitivo. Bixio, immemore del grado e trasportato dalla consueta foga, scagliossi a tutta briglia sull’orma del prete, e nel girar la via incassata e selciata, il cavallo, focoso al pari del cavaliero, cadde di fianco, ed ei rimasto in sella percosse la testa contro la muraglia; la botta del cavallo gl’infranse la gamba, e la rovina di lui fu la salute del prete. 
 


Da Mario A., La camicia rossa, cit., p. 88.    

 

Guida alla Lettura     


1) Sottolinea nei testi le parole che ti danno informazioni sul carattere e sui modi di fare di Nino Bixio. Per esempio che cosa significa nel primo testo di Bandi «pareva fatato»? 
Descrivilo completando la frase: Nino Bixio è… con gli aggettivi che ti sembrano appropriati.

   
2) Perché i soldati ai suoi ordini sono spesso sul punto di ammutinarsi? Perché però tutti vogliono restare con lui?    


3) Che atteggiamento ha Garibaldi nei confronti di Bixio?    


4) Perché il 1° ottobre Giuseppe Cesare Abba è così preoccupato che Bixio chieda aiuto? Che paragone fa tra i soldati che ha con sé e Bixio?  

 
5) Cosa puoi dire sul modo in cui Bixio si ruppe la testa e la gamba sul Volturno? È stato in combattimento?    


6) Perché Bixio con la gamba rotta guarda con invidia gli altri garibaldini?

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