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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L'impresa dei Mille - 3.2. SOGGETTI e PROTAGONISTI - Le biografie - Liborio Romano

Liborio Romano

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Liborio Romano

Liborio Romano è un personaggio su cui le interpretazioni sono diverse e spesso malevole. Eppure il suo ruolo nella fine del Regno delle Due Sicilie fu di grande importanza.

Patriota ed esule don Liborio, come veniva chiamato, nacque a Patu, in provincia di Lecce, nel 1795, primogenito di una nobile e antica famiglia. Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Napoli, ancor giovanissimo ottenne la cattedra di diritto civile e commerciale in quella stessa università. Avvicinatosi agli ideali del Risorgimento, nel 1820 prese parte ai moti di Napoli, di conseguenza venne destituito dall’insegnamento, imprigionato per un breve tempo, poi inviato al confino e infine in esilio all’estero.

Ritornato a Napoli nel 1848, firmò insieme ad altri la petizione a Ferdinando II di Borbone perché concedesse la Costituzione. Ma quando il movimento rivoluzionario si concluse, fu nuovamente arrestato e poi rimandato in esilio, dove rimase fino al 1854. 

 

 

 


Il suo ruolo nella vittoria di Garibaldi


Nel giugno 1860, mentre i Mille di Garibaldi avanzavano vittoriosi in Sicilia, Francesco II di Borbone lo nominò capo della polizia. Il giovane re, infatti, salito al trono per la morte improvvisa del padre, aveva concesso una Costituzione e formato un governo liberale, nel tentativo di salvare il regno in pericolo. Con questa mossa sperava di dare un “contentino” ai liberali, di arginare le simpatie popolari per Garibaldi e di bloccare lo sgretolamento dell’esercito borbonico.

A capo della polizia, Liborio Romano promosse subito alcune riforme: nelle carceri soppresse le “segrete” (celle sotterranee, fredde, oscure e isolate) e la pena corporale delle legnate. Inoltre, invece di ricorrere ai soliti strumenti polizieschi, indirizzò un manifesto alla popolazione napoletana perché contribuisse a mantenere l’ordine in città.

Il 14 luglio, quando i garibaldini stavano per conquistare la Sicilia, Francesco II lo nominò ministro dell’Interno. Con questo incarico don Liborio riuscì a tenere sotto controllo tutte le province del regno, grazie all’introduzione del telegrafo e con la nomina di prefetti a lui fedeli.

Mentre i garibaldini avanzavano, Romano era sempre più consapevole che la fine dei Borboni fosse inevitabile. Preoccupato che la battaglia per la conquista di Napoli da parte di Garibaldi potesse trasformarsi in un massacro, riuscì a convincere Francesco a non attuare l’ultima resistenza nella capitale e a ritirarsi a Gaeta. Si narra che, prima di partire, Franceschiello, che ormai non si fidava più del suo primo ministro, gli dicesse:

«Don Libò, guardat’u cuollo.»

«Sire», rispose  Liborio, «farò di tutto per farlo rimanere sul busto il più a lungo possibile.»

 
Intanto però aveva preso segretamente contatti con Cavour, che gli promise un seggio nel futuro Parlamento italiano e gli mandò per nave un carico di armi, perché i napoletani insorgessero contro i Borboni prima dell’arrivo dei garibaldini. Cavour, infatti, non voleva che fosse Garibaldi a liberare la capitale del Regno delle Due Sicilie e per questo invitava Romano a formare un governo provvisorio e a invocare subito la protezione del re di Sardegna. Ma Liborio stava già intrattenendo rapporti segreti con Garibaldi a cui diresse questo messaggio:

 

All’invittissimo generale Garibaldi, dittatore delle Due Sicilie, Liborio Romano, ministro dell’interno e polizia.

Con la maggior impazienza Napoli attende il suo arrivo, per salutarla il redentore d’Italia e deporre nelle Sue mani il potere dello Stato e i propri destini. Mi attendo gli ulteriori ordini suoi e sono, con illimitato rispetto di Lei, Dittatore invittissimo,

suo Liborio Romano. 


Di conseguenza Garibaldi, dopo essere entrato in Napoli senza sparare un colpo, assegnò a Romano l’incarico di proporre un governo provvisorio, mantenendogli la carica di ministro dell’Interno. 

 

 

 


L’utilizzo della camorra


Così Romano dovette incaricarsi di nuovo dell’ordine pubblico in quei giorni di grande tensione, in cui c’era il pericolo che molti sfruttassero la confusione per commettere ogni sorta di delitto. Per mantenere l’ordine Romano non poteva contare sulla vecchia polizia, odiata dai napoletani; decise allora di affidare questo compito alla camorra, che aveva un’organizzazione capace di controllare tutto il territorio. Contraddistinti da una coccarda tricolore i nuovi sbirri camorristi riuscirono a impedire non solo rivolte ma anche furti, vendette personali e azioni di microcriminalità, tipici dei periodi di transizione politica. Così il trapasso dei poteri avvenne senza grandi scosse. Ovviamente la camorra ne ottenne vantaggi: poté organizzare meglio il contrabbando perché alla dogana bastava che i suoi uomini dicessero «Lasciate passare, è robba e zi Peppe» (è roba di Garibaldi) e subito venivano obbediti. Gli importatori erano esonerati dal versare il dazio all’erario, ma non dal consegnare ai poliziotti camorristi grosse somme che finivano nei forzieri della camorra.

Romano si dimise da ministro il 24 settembre 1860 perché sentiva di non avere voce nel governo di Garibaldi, a carattere dittatoriale.

Nel 1861 fu eletto nel Parlamento italiano tra le file della sinistra e, come deputato, cercò senza successo di sostenere la causa delle popolazioni meridionali. Nel 1865, disgustato, si ritirò dalla politica. Morì due anni dopo, nel paese natale. 

 

 

 


Il giudizio diviso da parte degli storici


Liborio Romano è stato un personaggio criticato e spesso diffamato, anche se nessuno ha mai potuto accusarlo di aver utilizzato il suo potere per interessi privati. Infatti fu giudicato un traditore dai borbonici, ma anche Cavour non gli perdonò mai di aver favorito il successo di Garibaldi e successivamente di aver criticato la politica del governo unitario nei confronti del Mezzogiorno. L’accusa principale, aver dato inizio alla collaborazione tra camorra e potere politico, impedì che al suo nome venissero intitolate vie e piazze nell’Italia unita.

Molti storici attuali, invece, hanno rivalutato la figura di Liborio Romano e hanno sottolineato la coerenza con cui, nel passaggio tra un regno e l’altro, riuscì ad adempiere al mandato che aveva ricevuto in quanto capo della polizia e cioè quello di proteggere la città dai disordini e dalle violenze. Utilizzò la camorra, ma, come scrisse nelle sue memorie: «Improvvisai una specie di guardia di pubblica sicurezza, frammischiai l’elemento camorrista in proporzione che, anche volendolo, non potesse nuocere. Questo provvedimento sconcertò i disegni dei tristi e così la città, l’ordine e le libere istituzioni furono salvi». Quando però, proclamata l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia, i camorristi, inorgogliti dai loro meriti, ripresero ad abusare del loro potere per fare violenza tra i cittadini, Romano provvide con fermezza a ripulire la polizia allontanando, con apposita ordinanza, i camorristi violenti.

 

 

 

 

Guida alla Lettura

1) Perché Liborio Romano accettò l’incarico di Francesco II, lui che era stato perseguitato per tanti anni dai Borbone? Insieme ai tuoi compagni prova a fare qualche ipotesi.
 
2) Dalla biografia di Romano ti sembra che accettasse di cambiare bandiera per rimanere al potere a tutti costi? Osserva:

  • per quanto tempo fa parte del governo di Garibaldi a Napoli e come ne esce;  

  • se ha usato il suo potere per arricchirsi;  

  • qual è stato l’obiettivo che si è sempre proposto di raggiungere.    
     

3) Romano ha utilizzato la camorra come polizia.

 

  • Quali argomenti puoi portare a suo favore?

  • Quali contro?    
     

4) Nelle Memorie Romano scrive: «Così si compiva in queste meridionali provincie una rivoluzione, che quasi preparata con settanta anni di ogni maniera sacrifici, che tante volte soffocata nel sangue dei più illustri cittadini, avea sempre ripreso il suo lavoro con indomita costanza, e dando esempi di sublime. I sacrifici e il sangue versato erano già troppi, ora veniva la gioia del fatto compito» (Memorie, LXI).

 

  • Di che rivoluzione parla?

  • In che modo è stata preparata questa rivoluzione?

  • Perché ora sente gioia?

  • Dalle sue parole potresti dire che è un patriota?    
     

5) Perché nessuna strada o piazza italiana è stata dedicata a Liborio Romano? Fai le tue ipotesi e confrontati con i compagni.

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