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La vita di Rossini

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Gioachino Rossini, chiamato dagli ammiratori “il cigno di Pesaro”, nacque a Pesaro il 29 febbraio 1792. Compiuta la sua formazione al liceo musicale di Bologna, esordì a Venezia nel 1810 con La cambiale di matrimonio, che riscosse un buon successo. Fino al 1837, anno in cui, all’apice della fama, smise di comporre melodrammi, produsse circa quaranta opere liriche (tragiche, serie, semiserie, comiche) e fu il dominatore assoluto delle scene musicali. Dopo il 1837 si dedicò alla musica sacra, alle sonate per pianoforte e alla musica da camera.

Nel 1824 si trasferì a Passy, un sobborgo di Parigi in cui visse (senza però tralasciare prolungati soggiorni in Italia) fino alla morte, avvenuta il 13 novembre 1868. Tra le opere di Rossini, oltre a quelle segnalate in questa unità, ricordiamo Cenerentola, La gazza ladra, Maometto II, Otello, Tancredi e, naturalmente, il celeberrimo Barbiere di Siviglia.

Gioachino Rossini in una foto del 1865

Rossini e il Risorgimento

Rossini suscitò accesi sentimenti libertari pur non essendo, in senso stretto, un patriota (anche se figlio e amico di patrioti e di carbonari). Una delle prime opere in cui risuona il termine “patria” è una sua opera buffa, l’Italiana in Algeri (1813), in cui il librettista e uomo politico Angelo Anelli ha inserito nel finale (Rondò di Isabella) un tema tutto politico: «Pensa alla patria, e intrepido / Il tuo dover adempi / Vedi per tutta Italia / Rinascere gli esempi / D’ardir e di valor». Il coro conclude con una frase che allarmerà molto i delegati di polizia: «Quanto vaglian gl’Italiani / Al cimento si vedrà». La frase suonava sovversiva, perché per secoli gli italiani non avevano potuto combattere per una loro patria, ma soltanto come mercenari. E, nella partitura, Rossini ha inserito note della ormai famosa Marsigliese. Quel rondò subirà ogni sorta di censure, a Roma e a Napoli.

Nel 1815, a Bologna, i patrioti, mentre Gioacchino Murat sta cercando di mobilitare gli italiani con il proclama di Rimini, chiedono al giovane Rossini un Inno dell’indipendenza, che lui compone e, al Teatro Contavalli alla presenza di Murat, canta tra l’entusiasmo generale. Sorgi, Italia, venuta è già l’ora è il verso iniziale, il solo che conosciamo. Il clima della Restaurazione peserà molto sullo spaventato Rossini (schedato a vita dalla polizia asburgica), il quale si terrà lontano dalla politica. Tuttavia non manca in lui il patriottico anelito alla libertà: il coro Dal tuo stellato soglio del Mosè in Egitto è una invocazione alla libertà delle minoranze oppresse, di quelle ebraiche ancora segregate nei ghetti, ricorrente nel melodramma (v. Nabucco di Verdi).

Di Rossini sono almeno altre due le composizioni per la libertà (del popolo greco, in questo caso). La prima è Il pianto delle Muse in morte di Lord Byron morto a Missolungi, eseguita a Londra nel giugno 1824. Rossini aveva conosciuto Byron a Venezia.

L’altra opera dedicata alla causa ellenica è Le siège de Corinthe (L’assedio di Corinto) del 1826. Il coro Répondons à ce cri de victoire! (Rispondiamo a questo grido di vittoria) cantato dai greci contro i turchi assalitori accese di entusiasmo, a Parigi, il pubblico della Salle Le Peletier, che per mezz’ora richiamò l’autore alla ribalta.

L’opera certamente più “risorgimentale” di Rossini è quella che conclude nel 1829 la sua lunga carriera teatrale: il Guillaume Tell. Il grido che risuona più alto fra le montagne svizzere e il lago è inequivocabile: Liberté! Indépendance!, ed è l’indipendenza dagli Asburgo, come quella che si vuole in Italia, nel Lombardo-Veneto. Nel 1836, alla Scala, l’opera viene stravolta dalla censura austriaca. La vicenda è trasferita in Scozia, dove William Wallace, anzi Vallace, lotta contro la tirannide inglese. Analogamente, a Bologna, nell’ottobre 1840, la censura papalina pretende un libretto completamente nuovo, ambientato in Scozia, con il protagonista, Rodolfo di Sterlinga, che lotta in kilt contro il giogo inglese. Rossini, che all’epoca risiedeva a Bologna, riduce il lavoro in tre atti e vi aggiunge un nuovo coro finale. Successo strepitoso, ben trentacinque repliche. Durante le prime recite, le incessanti richieste di bis sono accompagnate da un concerto di bastoni picchiati sulle panche di legno della platea. A un certo punto si temono i soliti tumulti patriottici (è pur sempre un’opera contro la tirannide), allora la polizia scheda i più scalmanati vietando loro di tornare di nuovo in teatro.

Attività

1) Quali sono i contenuti del proclama di Rimini? Chi lo proclamò? Cerca informazioni in Internet e in Fare l’Italia, fare gli italiani e, ricostruendo la situazione politica dell’Italia del tempo, spiega perché Rossini venne schedato a vita dalla polizia asburgica.

 

2) Chi era Lord Byron? Come mai morì in Grecia, a Missolungi? Perché Rossini gli dedicò una composizione? Per rispondere consulta Internet e l’unità:

 

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