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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.4 Il contesto internazionale - L’unità d’Italia e il ruolo degli esuli (1850-1859)

L’unità d’Italia e il ruolo degli esuli (1850-1859)

Nel decennio che segue le rivoluzioni del 1848-1849 due fattori concorrono a fare della “questione italiana”, una questione centrale nelle relazioni internazionali.
Il primo è riconoscibile nell’azione politica di Cavour che – con la partecipazione alla guerra di Crimea (1855-1856) e i successivi accordi segreti di Plombières (1858) – fa assumere un ruolo di primo piano al piccolo Regno di Sardegna fra le potenze europee. I grandi stati, in particolare Francia e Inghilterra, volevano infatti ridefinire quel quadro di alleanze che, uscito dal Congresso di Vienna (1815), appariva ormai come superato. In altri termini la formazione di uno stato nazionale italiano, al centro del Mediterraneo, in funzione antiaustriaca, non dispiaceva né a Londra né a Parigi.
Il secondo fattore non riguarda la politica istituzionale, ma il formarsi di un’opinione pubblica nell’Europa del tempo, e si può individuare nella promozione svolta dagli esuli a favore della causa italiana. Un grandissimo numero di profughi politici (come conseguenza della larga partecipazione alle insurrezioni del biennio 1848-1849) aveva trovato asilo in diversi paesi: Malta, Belgio, Svizzera, Gran Bretagna, Francia, dove si moltiplicavano i centri d’iniziativa patriottica e i fuoriusciti facevano sentire la propria voce attraverso «i principali giornali liberali e radicali d’Europa (soprattutto francesi e britannici). […] Questo dibattito mediatico aumentò notevolmente la popolarità della causa italiana presso pubblici ampi, diversificati e inattesi. Senza questo lavorio quotidiano lungo un intero decennio probabilmente rimarrebbero inspiegabili gli entusiasmi francesi e, soprattutto, inglesi che nel 1860 favoriranno l’impresa dei Mille».

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Edoardo Matania, Mazzini sulla via dell’esilio

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