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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.4 Il contesto internazionale - L’Inghilterra nel contesto internazionale

L’Inghilterra nel contesto internazionale

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William Bell Scott, Ferro e carbone, 1855-1860, olio su tela, National Trust, Wallington, Northumberland

Un’economia industrializzata e liberista

A metà dell’Ottocento l’Inghilterra era senza dubbio la più importante e ricca nazione del mondo.

Mentre l’Europa continuava a essere un continente prevalentemente agricolo, l’Inghilterra era l’unico paese in cui l’industria era al centro della vita economica e in cui gli operai erano più numerosi dei contadini. Dopo la metà dell’Ottocento, lo sviluppo della produzione siderurgica e chimica diede il via a una seconda rivoluzione industriale e a un aumento ancor più vertiginoso dei traffici. Il rapidissimo sviluppo delle ferrovie, l’introduzione di battelli a vapore, l’invenzione del telegrafo e poi del telefono resero possibili comunicazioni e scambi in un mondo che appariva ora molto più piccolo e raggiungibile. Le merci inglesi erano spesso migliori e specialmente meno costose, perché non erano prodotte a mano ma con le macchine e con tecniche di lavorazione avanzate. Tuttavia, perché queste merci potessero essere vendute su tutti i mercati del mondo, occorreva che venissero eliminati i dazi doganali, con cui ogni nazione proteggeva i propri prodotti dalla concorrenza straniera. Gli industriali inglesi riuscirono così a imporre l’ideologia liberista in economia; un’ideologia che sosteneva la libertà di iniziativa, di concorrenza e di scambio e che, ovviamente, li favoriva, in quanto erano i produttori più moderni, più forti e più organizzati.

Un impero coloniale in espansione

Da più di un secolo la potente flotta navale aveva garantito all’Inghilterra una supremazia sui mari e nel commercio internazionale. Questo vasto impero coloniale fu un elemento essenziale nello sviluppo industriale inglese, perché garantiva sia le materie prime sia i mercati dove vendere le merci prodotte.
La vittoria inglese nella guerra dei Sette anni (1756-1763) aveva portato nuovi importantissimi territori sia in America settentrionale e centrale sia in Asia. Anche se, alla fine del Settecento, gli Stati Uniti si erano staccati proclamando l’indipendenza, nel corso dell’Ottocento altri territori molto importanti, come India, Cina, Australia, Sudafrica, entrarono a far parte dell’impero e, dopo la metà del secolo, cominciò la corsa tra le potenze europee per spartirsi l’Africa.
Il Mediterraneo era sempre stato uno spazio commerciale e, dopo l’apertura del canale di Suez, si ritrovò nuovamente al centro dei traffici internazionali. Per questo motivo l’Inghilterra fu attenta a insediare le sue basi per poterlo controllare: Gibilterra, Malta, poi Cipro divennero inglesi, mentre in Sicilia molti capitali privati furono investiti nella produzione di aranci, vino e zolfo.

Uno Stato costituzionale

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Franz Xaver Winterhalter, Ritratto della regina Vittoria, 1859,
olio su tela, 242x158 cm, The Royal Collection, Londra

Già da metà del Seicento l’Inghilterra era una monarchia costituzionale. Il Governo era nominato dal sovrano e doveva essere approvato dal Parlamento che era costituito da una Camera dei Comuni, elettiva, e da una Camera dei Lords, ereditaria. Il voto era inizialmente concesso solo a chi aveva un reddito medio-alto, ma gradualmente venne allargato anche a ceti meno abbienti. Nel corso del secolo, infatti, le classi lavoratrici si organizzarono in partiti e sindacati e riuscirono a ottenere diverse riforme, che migliorarono sia la loro partecipazione al voto, sia le loro condizioni di vita e di lavoro. L’Inghilterra, infatti, stava godendo di un periodo di prosperità e benessere e quindi gli imprenditori potevano permettersi di fare concessioni alle classi lavoratrici. In questo modo i lavoratori, avendo a disposizione più denaro, sarebbero diventati anche consumatori dei nuovi prodotti industriali. Dopo un primo momento di lotte operaie, detto Cartismo dalla carta di richieste che venivano poste, il lungo periodo tra il 1837 e il 1901 in cui regnò la regina Vittoria, e che per questo venne chiamato “vittoriano”, non vide in Inghilterra i moti rivoluzionari e le tensioni sociali che si verificarono in altri paesi europei. Infatti, la piccola e media borghesia, ma anche i lavoratori qualificati potevano godere del successo economico della nazione. La classe dirigente era moderna ed efficiente ed erano garantiti i diritti fondamentali dei cittadini, come quelli di proprietà, di contrattazione, di parola, d’opinione, di religione. Per questo l’Inghilterra divenne la meta dell’esilio di molte persone perseguitate dai propri governi. A Londra Mazzini e Marx, non solo vissero indisturbati, ma poterono pubblicare le loro opere e tenere contatti con i propri seguaci. L’opinione pubblica inglese, a cui la stampa forniva informazioni da tutto il mondo, seguiva favorevolmente le lotte per l’indipendenza dei popoli europei, le sosteneva economicamente ed era pronta ad ammirarne gli eroi, come Garibaldi che, arrivato a Londra nel 1864, fu accolto da una folla di cinquecentomila persone.

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