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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
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L’insurrezione e la resistenza di Venezia
L’insurrezione
Appena cominciarono ad arrivare a Venezia le notizie che il 13 marzo 1848 a Vienna, la capitale dell’Impero austriaco, era scoppiata un’insurrezione per chiedere la Costituzione, i veneziani insorsero contro il governo austriaco che da cinquant’anni controllava la città, da quando cioè Napoleone Bonaparte nel 1797 gliela aveva consegnata, dopo aver messo fine alla storica Repubblica di Venezia.
Le ragioni dello scontento dei veneziani verso il governo austriaco erano molte. Le grandi famiglie aristocratiche, che avevano sempre controllato il potere politico e amministrativo, ora ne erano state estromesse e in molti casi si erano allontanate dalla città, abbandonando i loro fastosi palazzi. I commercianti soffrivano per la concorrenza di Trieste, che il governo austriaco aveva scelto come suo porto principale sul mare Adriatico e che aveva dotato di moderne infrastrutture. Anche gli operai dell’Arsenale, che avevano ereditato dai loro padri il privilegio di lavorare nei cantieri navali, non solo vedevano che il lavoro era diminuito, ma che veniva fatto fare anche dai forzati, per non doverli pagare.
Lo scontento popolare si era già manifestato da mesi sotto forma di scritti, progetti, richieste alle autorità perché concedessero riforme economiche e dessero più autonomia alla città e garantissero la libertà di stampa. Ma gli austriaci avevano risposto con violenza a queste critiche espresse in modo ancora legale; Daniele Manin e Nicolò Tommaseo, che più si erano esposti nel farle, erano stati arrestati.
Così il 17 marzo la popolazione scese in piazza, liberò i prigionieri politici, tra cui Daniele Manin.
Manin fu messo a capo del governo provvisorio e, il 22 marzo, proclamò la rinascita della Repubblica veneta di San Marco, di fronte a una folla festante che gridava «Viva la Repubblica! Viva San Marco!»
Sanesi, La proclamazione della Repubblica di San Marco, litografia, 1850
Il corrispondente della «Gazzetta di Augusta» scrisse in quel giorno: «Chi non conosce i veneziani non può formarsi idea dell’effetto che esercita su di loro un tal grido. Io vidi alcuni vecchi cadere a ginocchi piangendo davanti il Sacro Vessillo e pregare Dio di lasciarli ancor vivere. Le donne e i fanciulli ne seguivano l’esempio.»
Anche altre città venete dell’entroterra, come Udine, Belluno, Vicenza, Padova erano insorte in quegli stessi giorni, ma gli austriaci riuscirono facilmente a riprenderne il controllo, mentre i patrioti si rifugiavano a Venezia che invece era decisa a resistere.
Intanto in Italia e in Europa erano scoppiate altre sommosse, Carlo Alberto aveva dichiarato guerra all’Austria, appoggiato dal papa e dagli altri sovrani della penisola, mentre migliaia di volontari si recavano a combattere per l’indipendenza dell’Italia.
Il governo repubblicano si organizzò preparandosi alla difesa armata contro gli austriaci, ma non aveva a disposizione un vero esercito e i rifornimenti di armi e di cibo erano difficili perché gli austriaci avevano accerchiato la città lagunare. Venezia aveva quindi un disperato bisogno di appoggio, per cui il 5 luglio deliberò l’annessione della Repubblica al Regno di Sardegna. Manin, che era repubblicano, si dimise in attesa dei tre commissari piemontesi inviati da Carlo Alberto. Egli infatti riconosceva la necessità che Venezia non restasse isolata, ma sperava in un progetto federalista secondo il quale l’Italia non sarebbe stata unificata in modo centralizzato dai sovrani piemontesi, ma si sarebbe costituita gradualmente dalla fusione di centri diversi, tra cui la Venezia repubblicana.
Venezia rimane sola
Ma proprio in quei giorni il Piemonte fu sconfitto a Custoza (27 luglio) e l’armistizio di Salasco del 9 agosto mise fine alla guerra. I piemontesi si ritirarono, lasciando Venezia al suo destino.
In quei momenti drammatici, Manin riprese il potere insieme a un triumvirato e mandò un appello a tutti gli italiani perché venissero in soccorso di Venezia in nome della libertà contro gli austriaci. Accorsero in migliaia, delusi del modo in cui il Piemonte aveva condotto le operazioni militari. Tra essi il generale dell’esercito napoletano Guglielmo Pepe, che rifiutò di obbedire all’ordine di rientrare a Napoli e si unì ai veneziani con duemila volontari, prendendo il comando dell’esercito che difendeva la città. Tra questi volontari ci furono patrioti come Giuseppe Sirtori o Enrico Cosenz, che nel 1860 faranno parte dello Stato maggiore di Garibaldi durante l’impresa dei Mille.
Guglielmo Pepe (1783-1855)
Immagini di Giuseppe Sirtori e Enrico Cosenz in divisa da garibaldini
durante l’impresa dei Mille del 1860
Nei mesi seguenti la città si organizzò a difesa, cercando un aiuto militare dalla Francia, che però non venne, e sperando che la rivolta in Ungheria tenesse impegnati i soldati austriaci nel centro dell’Europa, distogliendoli dal Veneto.
Ma all’arrivo della primavera del 1849, la morsa degli austriaci si strinse sempre più sulla città assediata. Il 4 maggio gli austriaci presero a cannoneggiare il forte di Marghera, uno dei punti più strategici ancora in mano veneziana. I soldati veneziani tennero duro tre settimane, ma alla fine dovettero evacuare il forte.
Combattimento di austriaci e veneziani a Piazzale Maggiore nella notte dal 6 al 7 luglio 1849
La ritirata delle truppe venete dai forti di Marghera
Ormai tutta la terraferma era in mano agli austriaci che poterono avvicinare le artiglierie e iniziare un bombardamento, il primo della millenaria storia di Venezia.
Oltre ai cannoni, gli austriaci cercarono di utilizzare ordigni a miccia ritardata appesi a piccole mongolfiere. L’esplosivo avrebbe dovuto cadere esattamente quando i palloni fossero giunti sopra la città, ma il vento respinse i palloni, facendoli tornare verso le linee austriache, cosicché il primo tentativo di bombardamento aereo della storia risultò fallimentare.
La resa
Nonostante i danni alle case, la popolazione non si perse d’animo e dalle zone colpite si raccolse attorno a piazza San Marco, decisa a resistere a ogni costo. Una prima richiesta di resa da parte del comandante in capo delle forze austriache, feldmaresciallo Radetzky, fu sdegnosamente respinta.
Ma i rifornimenti erano sempre più scarsi perché gli austriaci avevano inasprito il blocco terrestre e navale. Nel caldo di luglio comparve anche il colera che cominciò a decimare la popolazione indebolita dalla fame.
Popolazione stremata dall’assedio
La situazione divenne insostenibile e alla fine l’Assemblea diede incarico a Manin di trattare la resa, che venne firmata il 22 agosto 1849. Il 27 gli austriaci entravano a Venezia, ammutolita dal dolore e dagli stenti, mentre Manin, Tommaseo, Pepe e molti altri patrioti prendevano la via dell’esilio. Il 30 agosto Radetzky fece celebrare dal patriarca una messa solenne per ringraziare Dio di aver restituito Venezia, sebbene semidistrutta, al legittimo sovrano.
Nel corso della lunga lotta a Venezia c’erano stati mille morti in combattimento, tremila per colera e malaria e seicento feriti. Ma anche l’esercito austriaco aveva subito gravi perdite: 12.000 morti e 15.000 feriti, mentre erano stati consumati oltre 500.000 colpi di cannone.
Guida alla Lettura
1) Che cosa grida la folla che il 22 marzo 1848 festeggia il successo della rivolta? A quale passato di Venezia il popolo fa riferimento e perché?
2) Nell’immagine della proclamazione della Repubblica di San Marco nel marzo 1848, quale bandiera sventolano i veneziani che festeggiano il nuovo governo insediato a Palazzo Ducale?
3) Perché i veneziani, che avevano un lunghissimo passato repubblicano, a un certo momento votarono per l’unificazione con il Regno di Sardegna? Pensi che abbiano fatto bene? Che cosa credi che abbia pensato Carlo Alberto di fronte a questa decisione veneziana?
4) Perché secondo te un vecchio generale napoletano come Guglielmo Pepe decise di andare a combattere a Venezia?
5) Quali furono le cause della resa finale di Venezia?
6) Immagina di essere un patriota, che da più di un anno stava seguendo da lontano la resistenza di Venezia. Quali sentimenti avrai provato all’annuncio della sua resa?