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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il contesto, gli attori, il perché del Risorgimento italiano - 3.2 SOGGETTI E PROTAGONISTI - I patrioti - I volontari

I volontari

Tutte le battaglie del Risorgimento videro la presenza costante di migliaia di volontari, cioè di persone che non appartenevano agli eserciti statali, ma che sentivano il dovere di accorrere a dare il loro aiuto dovunque ci fosse la possibilità di lottare contro gli austriaci e per la costruzione della patria italiana.
La figura del volontario non era nuova: infatti già in Età napoleonica a migliaia erano accorsi a difendere gli ideali della Rivoluzione francese; in seguito volontari di ogni nazione, seguendo gli stessi ideali e i valori del Romanticismo, si recarono a combattere dovunque un popolo oppresso stesse lottando per la sua liberazione.
Il contributo dei volontari all’unificazione dell’Italia fu determinante: fu infatti la loro pressione a convincere i sovrani della penisola a partecipare alla Prima e alla Seconda guerra d’indipendenza; furono loro a chiedere e a ottenere, in tutti i territori liberati, un plebiscito popolare per l’annessione al Regno di Sardegna; la conquista del Regno delle Due Sicilie fu opera loro. In battaglia, poi, si distinguevano per il loro coraggio e la loro decisione, tanto da riuscire quasi sempre vittoriosi, al contrario degli eserciti regolari che vennero spesso sconfitti.
I volontari furono non solo i protagonisti del Risorgimento, ma diventarono figure leggendarie e rappresentarono il modello del patriota risorgimentale.
Venivano da tutte le regioni della penisola, appartenevano alle diverse classi sociali, in prevalenza nobili, professionisti, commercianti, ma in numero rilevante dalle città partivano anche artigiani e operai. Erano in maggioranza giovani, mentre i meno giovani avevano alle spalle esperienze di lunghi anni di lotte e d’esilio. Di idee politiche diverse, monarchiche o repubblicane, moderate o democratiche, tutti però avevano gli stessi ideali di giustizia e progresso e sognavano una patria libera dagli austriaci e dai regimi imposti dalla Restaurazione. Tutti condividevano l’idea romantica dell’azione eroica e per questo su molti di loro aveva fatto presa il pensiero di Mazzini, che insisteva sulla responsabilità popolare e sulla necessità dell’azione. I moti mazziniani risultarono sempre fallimentari, ma tutta la generazione dei volontari risorgimentali si formò nel loro culto, mentre i compagni caduti diventarono gli eroi di un mito e i martiri della religione della patria da liberare.
Le truppe volontarie non avevano né la preparazione né la disciplina di quelle uscite dalle accademie militari e per questo erano disprezzate e mal sopportate dai comandi dell’esercito regolare piemontese. Ma il volontario imparava a combattere sul campo, come successe a Luciano Manara che, da giovane leader delle Cinque Giornate di Milano, passò al comando di un corpo di volontari, i bersaglieri lombardi, con cui partecipò alla Prima guerra d’indipendenza e solo più tardi venne inserito nell’esercito piemontese con il grado di maggiore. I volontari erano senza una divisa, senza regole d’ingaggio e molto spesso senza armi; ma la loro decisione in battaglia non dipendeva dalle divise o dalla disciplina militare, ma dalla convinzione nelle ragioni della lotta, dalla stima per i loro comandanti e dalla solidarietà fraterna che li legava ai compagni. Infatti spesso i volontari si riunivano in brigate e battaglioni formati da persone con la stessa provenienza regionale, cosa che favoriva l’affiatamento e la solidità del gruppo.
Difficile dire il loro numero, ma furono migliaia quelli che accorsero alle guerre del 1848-1849 e alla difesa di Roma. Nel 1859 almeno sedicimila andarono a Torino per arruolarsi e chi non fu accettato nell’esercito regolare specialmente perché era repubblicano fu inserito nella brigata dei Cacciatori delle Alpi al comando di Garibaldi. Più di ventimila si unirono a Garibaldi nel corso dell’impresa dei Mille del 1860. Nel 1866, durante la Terza guerra d’indipendenza, quarantamila furono inseriti nel Corpo Volontari Italiani, sempre al comando di Garibaldi.
È Garibaldi, infatti, il modello per eccellenza del volontario risorgimentale: la leggenda del Generale e del suo modo di combattere passò di generazione in generazione, ispirando nei decenni seguenti molti altri movimenti di combattenti volontari. 
Non bisogna dimenticare, infine, che accanto ai volontari combattenti ci furono innumerevoli uomini e donne che li sostennero con ammirazione e passione. Cavour stesso comprese l’importanza di questo consenso popolare e favorì la costituzione della Società Nazionale Italiana, un’associazione fondata a Torino nel 1857 con lo scopo di fornire un’organizzazione di sostegno a chi combatteva per unificare l’Italia sotto il Piemonte.
Dopo l’unità, il patrimonio di idee, esperienze passioni che avevano mosso i volontari non si disperse nella grigia realtà che era venuta a crearsi, ma continuò a esistere e a farsi sentire attraverso la stampa, l’arte e la creazione di associazioni, pronte per nuove battaglie.

Guida alla Lettura

1) I volontari furono solo soldati?

2) Alle idee di chi si ispirarono molti patrioti volontari? Perché?

3) Chi era il modello e il comandante di tutti i volontari?

 

4) Perché, secondo te, i volontari provenivano in prevalenza dalle città?

 

5) Perché i comandi dell’esercito regolare non apprezzavano i volontari ed erano gelosi di loro?

 

6) In che cosa credi che risiedesse la vera forza dei volontari?

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