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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il contesto, gli attori, il perché del Risorgimento italiano - 3.1 SOGGETTI E PROTAGONISTI - I padri della Patria - Daniele Manin sul “Diritto” di Torino

Daniele Manin sul “Diritto” di Torino

Un esempio di come fra i democratici e i repubblicani si stesse facendo strada l’idea di un’alleanza strategica con il Piemonte e la politica di Cavour si può vedere nella lettera che il 15 febbraio 1856, Daniele Manin, il difensore della Repubblica veneta esule a Parigi, indirizza a Giorgio Pallavicino.

 

 

[…] Come pensatore ed a priori, credo che la repubblica sia il migliore dei governi, e che l’esercizio della libertà sia più largo e sicuro con la forma federale.
Come uomo politico, vado con paziente cura cercando quello che è praticamente possibile; e quando parmi averlo trovato, m’ingegno d’indirizzare la mia azione per la via che stimo ad essa pratica possibilità conducente. […]
Il primo punto essenziale, sul quale tutti i patriotti italiani sono d’accordo, è l’indipendenza. Ma perché l’indipendenza sia solidamente costituita e conservata, è necessario che l’Italia, cessando d’essere una espressione geografica, diventi una individualità politica. Tre sono le forme possibili d’individualità politica: unità monarchica, unità repubblicana, e confederazione repubblicana. La parola unificazione comprende queste tre forme. Dunque il secondo punto parimente essenziale è l’unificazione. Questi due punti sono reciprocamente connessi ed inseparabilmente legati: l’Italia non può essere unificata se non è indipendente, e non può durare indipendente se non è unificata. Ecco pertanto i cercati due termini della formula, ecco l’iscrizione della bandiera nazionale: INDIPENDENZA ED UNIFICAZIONE. […]
Il partito piemontese, ed il partito mazziniano, hanno entrambi, a mio avviso, il torto d’essere troppo esclusivi. […] L’uno pare che dica: Più dell’Italia, amo la dinastia di Savoia; e l’altro pare che dica: Più dell’Italia, amo la forma repubblicana. […]
Il Piemonte è una grande forza nazionale. Molti se ne rallegrano come d’un bene, alcuni lo deplorano come un male, nessuno può negare che sia un fatto. Ora i fatti non possono dall’uomo politico essere negletti: egli deve constatarli, e cercare di trarne partito.
Rendersi ostile, o ridurre inoperosa questa forza nazionale nella lotta per l’emancipazione italiana, sarebbe follia. Ma è un fatto che il Piemonte è monarchico. E dunque è necessario che all’idea monarchica sia fatta una concessione, la quale potrebbe avere per corrispettivo una convalida dell’idea unificatrice.
A mio avviso, il partito nazionale italiano dovrebbe dire:
«Accetto la monarchia, purché sia unitaria: accetto la casa di Savoia, purché concorra lealmente ed efficacemente a fare l’Italia, cioè a renderla indipendente ed una. – Se no, no – […]». […]
La monarchia piemontese, per essere fedele alla sua missione,
Dee sempre tenere dinanzi agli occhi, come regola di condotta, lo scopo finale, consistente nell’lTALlANA INDIPENDENZA ED UNIFICAZIONE;
Dee profittare d’ogni occasione, d’ogni opportunità, che le permetta di fare un passo in avanti nella via conducente verso quello scopo; […]
Dee quindi evitare tutto ciò che in qualunque modo le potesse legare le mani, astenersi da ogni accordo coi perpetui nemici d’Italia, l’Austria ed il papa, e a nessun presso prender parte a trattati che confermino o riconoscano quella posizione territoriale e politica, ch’essa è chiamata a distruggere;
Dee mantenersi il nucleo, il centro d’attrazione della nazionalità italiana, dee impedire che altri nuclei, che altri centri d’attrazione si formino;
Quando la grande battaglia del riscatto nazionale sarà impegnata, dee prendervi parte risolutamente, e non deporre la spada finché l’Italia non sia fatta, arrischiando senza esitazione di perdere il trono del Piemonte per conquistare il trono d’Italia.

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Da: Lettere di Daniele Manin a Giorgio Pallavicino con note e documenti sulla questione italiana, Torino 1859, pp. 126-130, citato da Banti A.M., Nel nome dell’Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini, Editori Laterza, Roma-Bari 2011, pp. 282-284.

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