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L’impianto manualistico serve poco
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Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 La Seconda guerra d'indipendenza - Vittorio Emanuele a San Martino
Vittorio Emanuele a San Martino
Paolo Solaroli, generale del Genio e aiutante di campo di Vittorio Emanuele, durante la guerra tenne un diario nel quale sono narrati diversi episodi che aiutano a capire il comportamento, in battaglia, del re e le sue ambizioni. Durante gli assalti al colle di San Martino, Vittorio Emanuele si era mosso con grande energia correndo incessantemente da un punto all’altro per spronare i soldati all’attacco. Ma davvero era una testimonianza di personale abnegazione che si chiedeva al comandante in capo dell’esercito? Solaroli riporta questo dialogo avuto in prima persona con il sovrano.
Sebastiano De Albertis, L’artiglieria della Terza Divisione alla battaglia di San Martino, 1887,
olio su tela, 166x353 cm, Gallerie di Piazza Scala, Milano
«Maestà, i cavalli non possono più muoversi, e lei deve mettersi in un posto fisso dove tutti sappiano trovarlo e ricevere i suoi ordini a tempo. Ella vede che da questa mattina tutti corrono invano; alla guerra tutto dipende dalla prontezza e precisione». Mentre io dicevo queste parole, il Re mi aveva fissato in faccia e mi guardava negli occhi, tutto il seguito taceva e mi guardava con stupore. Io senza guardar nessuno, indicai l’altura di Castel Venzago: «Di là Vostra Maestà vedrà tutto, e tutti sapranno trovarlo.» Il Re non mi aveva mai levato gli occhi d’addosso disse: «Lei crede che di là posso veder tutto?». Gli dissi di sì. – Allora il generale La Marmora, che non aveva mai parlato perché una parte del torto era sua, che è uno di quelli che vuol vedere tutto, e crede, se non vede lui, che nessuno può far nulla, disse: «Sì Maestà, di là può veder bene». Presimo la strada e in un momento arrivammo. […] Il Re continuando a guardare disse: «Come va che il fuoco è quasi cessato?» Io gli risposi che era perché San Martino era ripreso dal nemico e i nostri si erano ritirati. «Lei burla» dice il Re. «No Maestà, guardi col cannocchiale e vedrà il nemico in posizione sulle alture». – Tutti dissero: sì, sì, è vero. – II Re disse: «Sì che stiamo bene! i Francesi hanno vinto tutto, e noi no; bisogna prenderlo».
In effetti dopo parecchie ore Benedek, il generale austriaco, senza essere stato chiaramente sconfitto, ricevette l’ordine di ritirarsi e i piemontesi, alle otto di sera, presero il colle.
Da Paolo Solaroli, Diarii delle campagne del 1848-1859-1860-1866 scritti da un aiutante di campo di S. M. il Re Vittorio Emanuele II (cfr. Roberto Martucci, L’invenzione dell’Italia unita, Sansoni, Firenze 1999, pp. 87-88); citato in Ulrich Ladurner, Solferino. Storia di un campo di battaglia, Il Mulino, Bologna 2009.
Guida alla Lettura
Dopo aver letto il documento riportato rispondi alle domande e discuti le tue valutazioni con i compagni.
1) Come valuti il comportamento e il giudizio che il re dà degli avvenimenti?
2) Come valuti i suggerimenti del generale Solaroli al re? Ti sembrano sensati? Qual è il ruolo che Solaroli attribuisce al sovrano? Quale critica è sottintesa nel suo suggerimento?
3) Come valuti l’atteggiamento del seguito, composto certamente da alti ufficiali?