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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 La Seconda guerra d’indipendenza - Diario di un soldato austriaco a Solferino

Diario di un soldato austriaco a Solferino

Ulrich Ladurner, giornalista di Merano, ha pubblicato un testo in cui racconta le fasi di preparazione e svolgimento della battaglia di Solferino e San Martino sulla base del diario del bisnonno, soldato dell’esercito austriaco in quel 1859 e impegnato nella guerra contro i franco-piemontesi.
Nei brani che seguono, che Ladurner riporta dal diario, troverai testimonianze della crudezza dello scontro.

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Uno squadrone di ussari, facenti parte dell’esercito austriaco, carica il nemico durante la battaglia di Solferino

II 24 mattina ci ha svegliati dal sonno il rombo dei cannoni, e questa gioia si è mutata in dolore. Alle cinque, mentre facevamo bollire l’acqua, hanno fatto fuoco sull’accampamento, ed ecco che subito manca il tempo di sgombrare, così tutta la gioia del giorno di San Giovanni è svanita.
Poi suonarono le trombe, e da ogni parte si dice: II nemico è qui, ecco che si avvicina. E dopo avanzammo spediti e combattivi su un’altura e vi rimanemmo per un po’, e lì avevamo davanti a noi il II battaglione, ma sembrava che il nemico venisse sempre più vicino. Quindi avanziamo attraverso il paese, e sulla destra stava il cappellano militare che ci diede l’assoluzione plenaria, sulla sinistra i contadini con le lacrime agli occhi che piangevano per noi, uno che porta un pagliericcio, un altro un letto, e preparavano per i feriti e vennero vuotate anche le case e le chiese per fargli spazio. E così marciammo verso il campo di battaglia con animo lieto per rimpiazzare i nostri commilitoni. Alle 8, poiché loro erano rimasti sempre all’aperto dalla mattina presto, prendemmo ad avanzare senza sosta, e ci incaricammo di far fuoco. […] ma quel sibilo dei colpi di cannone, non è possibile descriverlo.
Marciavamo per una collina, eravamo tutti deboli e stanchi per la sete perché non si trovava acqua. Così avanzammo con foga, ma appena arrivammo in cima, ecco che tutto il colle divenne nero di piemontesi che venivano contro di noi e fummo respinti. Lì molti di noi sono fatti a brandelli e ci sono pianti e lamenti perché crediamo che tutto sia perduto, e invece no, proprio per niente: riprendemmo infatti coraggio e scagliamo il secondo attacco, ma allora ci diciamo: Fratelli, su, con animo lieto, ne va del nostro caro sangue! E allora li respingemmo oltre San Martino, dove molti vengono stesi dal nemico, tanto che quasi non si riusciva a passare, e noi abbiamo attaccato a più riprese e il nemico ha ripiegato più indietro, ma c’è sempre un fuoco di pallottole che non si riusciva a sentire la propria voce, perché era davvero una pioggia di pallottole che pareva impossibile scamparla se non con l’aiuto di Dio. Eravamo già da tre ore in mezzo al fuoco e senza speranza di un cambio e avevamo già dovuto abbandonare sul campo molti compagni che perdevano sangue, e presto non ce l’avremmo più fatta a stare in piedi per la sete e la debolezza. Ma per fortuna trovammo una pozza, c’erano già parecchi morti dentro e l’acqua infatti era rossa di sangue, ma con piacere ognuno bevve a volontà per salvarsi dalla sete. E, provati interiormente, restammo nel fuoco fino alle due del pomeriggio. Rimanemmo nella vecchia postazione e il nemico si ritirò, e allora
regna il silenzio. Alle cinque di sera ecco arrivare un terribile tempo di burrasca, che il vento spingeva verso di noi.

 

Da Ladurner U., Solferino. Storia di un campo di battaglia, Il Mulino, Bologna 2009.

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Guida alla Lettura

1) In quale settore del fronte combatte l’autore del diario? Ha di fronte i francesi o i piemontesi?

2) Quanto tempo ci mettono i soldati austriaci a raggiungere la prima linea? Ti sembra molto? Ricorda che non c’erano jeep e carri.

3) Qual è il disagio più forte che emerge dal racconto, a parte ovviamente il pericolo che viene da pallottole e colpi di cannone?

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