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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 La fine del potere temporale dei papi: Italia e contesto europeo - Timori popolari e comportamenti dei soldati (E. De Amicis) 

Timori popolari e comportamento dei soldati (E. De Amicis)

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Edmondo De Amicis, oltre al racconto dello scontro armato e delle accoglienze entusiaste ai bersaglieri, racconta anche alcuni incontri con la gente del popolo, preti e frati di Roma e dei dintorni.

La copertina della seconda edizione di Ricordi del 1870-1871 di Edmondo De Amicis 

A Monterotondo, discorrendo con un cittadino dei più noti, e in voce di liberale, gli domandammo come fosse contento
del nuovo stato di cose:
“Per me sono contentissimo;” rispose, e lo diceva sinceramente: “tutto va bene, non si potrebbe desiderare di meglio.”
E poi a bassa voce: “Hanno rispettato le chiese, hanno lasciato stare i preti; messe, vespri, funzioni, ogni cosa come
prima.”
“Oh curiosa! Ma credeva che si venisse qui a guastare il mestiere ai preti, lei?”
“Io?... nemmen per sogno.”
Certo che lo credeva, e con lui chi sa quanti, che all’entrare dei nostri soldati si saranno chiusi in casa e fatti dar del
codino. Ma ora che si son disingannati e rassicurati, non credo che saranno meno sinceramente Italiani degli altri. [...]
Non ricordo in che villaggio, una donna del popolo fermò il primo ufficiale che vide, e gli disse con voce affannosa e
supplichevole: “È una buona persona il nostro curato, glie l’assicuro; è un galantuomo; non gli dispiace mica che
vengano i soldati del Re; non gli facciano nessun male, lo dica ai soldati, ci faccia questa carità...”
Quella donna credeva fermamente che il mandato dell’esercito italiano fosse di far la festa ai preti, [...] Ora lamentatevi, se vi pare, ch’essa non abbia messo fuori della finestra la bandiera tricolore.
Passava un drappello di seminaristi, per una via di Nepi, poco dopo che v’erano passati i soldati.
Un popolano, accennandoli, disse in tuono burlesco: “Ora... quelli là... è finita...” E mi guardava.
“Perché finita?” gli domandai.
“A questi lumi di luna...”
“Ma che lumi di luna! I seminari e i seminaristi seguiterete ad averli; ce li abbiamo anche noi, e ce li avremo sempre.”
Fece un atto di sorpresa, e poi domandò: “In Italia? Ce li avete anche voi in Italia?”
“Sicuro.”
“E passeggiano per le strade?”
“Passeggiano per le strade.”
“E nessuno gli dice nulla?”
“E cosa volete che gli dicano?”
C’era da perdere la pazienza; mi ripugnava quasi di credere a tanta ignoranza. [...]


Un oste, all’apparir dei soldati, s’affrettava a nascondere certi palloncini da luminaria su cui era scritto: W. Pio IX. Un ufficiale lo sorprese, e gli disse: “Lasciate quella roba dove si trova.”
“Ma io...”
“Lasciatela.”
“Ma io non son mica per il Papa; io son per lor signori.”
“Ma per esser per noi, non c’è mica bisogno di rinnegare il Papa!”
“Ma questa roba...”
“Ma questa roba vi potrà ancora servire, e tra poco, speriamo, perché le cose s’aggiusteranno.”
“Lei dice bene.”
“E voi facevate male.” [...]

E non mancarono i preti che accolsero festevolmente i soldati. A Baccano un prete e un frate stettero a veder sfilare sei battaglioni di bersaglieri sulla porta del convento, sereni e ridenti ch’era un piacere a vederli. Tutti i soldati, passando, dicevano qualche cosa all’uno, all’altro.
“Si va a Roma, reverendo.”
“Dio v’accompagni!”
“Senti! È dei nostri!”
Il prete si mise una mano sul cuore.
– Viva! viva! si gridò dalle file. E il frate e il prete ringraziarono.
Non ho sentito mai, né altri può affermare d’aver mai sentito, un soldato dire una parola sconveniente ad un prete. [...]

Nei primi due giorni non si videro in Roma né preti né frati, o almeno pochissimi. Ma non si può dire che stessero
nascosti per timore: qual ragione di temere i nostri soldati a Roma più che nella provincia? [...]

La mattina dopo il 20, venendo dal Campo Vaccino sul Campidoglio, la prima cosa che vedo, in cima a una delle grandi
scale che danno sulla piazza, è un gruppo di bersaglieri e di frati che se la discorrono fraternamente, seduti sugli scalini.
I bersaglieri mangiavano; due o tre frati rivolgevano tra le mani una gamella, guardandola di sopra e di sotto; altri
tenevano in mano un pane di munizione; altri osservavano con molta curiosità i cappelli piumati appesi al muro. Ci fosse
stato un fotografo! Parevano amici vecchi. [...]

La sera, per le strade, se ne videro molti. Ce n’era di tutti i colori: bianchi, neri, bigi, cacao. Alcuni erano accompagnati
da soldati. La gente guardava e rideva. Era infatti una mescolanza così nuova e strana, che pareva di sognare. E il
modo con cui andavano assieme! Come fosse la cosa più naturale del mondo, come fossero stati insieme sempre:
discorrevano di politica. [...]

Chi avesse visto in viso quei due cardinali, di cui non ricordo il nome, che passarono in carrozza dinanzi ai bersaglieri,
presso Castel Sant’Angelo, poco dopo ch’era stato ordinato alle truppe di render loro gli onori come ai principi del
sangue; chi avesse visto il sorriso che fecero quando si videro presentare le armi, lo sguardo benigno e gentile che
girarono sui soldati, e l’atto di ringraziamento con cui accompagnarono lo sguardo, e la serena e lieta dignità con cui si
ricomposero dopo quell’atto; chi li avesse visti avrebbe giurato che un sorriso, uno sguardo e un atto così, quei due
cardinali non lo avevano mai fatto ai loro bene amati campioni.

E cardinali, e preti, e frati, [...] e quanti Romani cattolici trepidavano per le chiese e pei sacerdoti, debbono essersi tutti
solennemente e irrevocabilmente ricreduti. Sentivano dire che i soldati italiani erano barbari, e non li hanno visti torcere
un capello a un reverendo; ch’erano empi, e li hanno veduti affollarsi nelle chiese a baciare i piedi dei santi; ch’erano
vandali, e li hanno visti pagare ogni cosa a soldi sonanti, e regalare le pagnotte ai frati; ch’erano licenziosi e insolenti, e hanno sentito dire dai popolani: – Che rarità di soldati son questi che non dicon nulla alle donne! –

Volere o non volere, un grande edifizio di menzogne è caduto, e perdio, si potrà raccoglierne i ruderi, ma non si rifabbrica più.

Quante conversioni politiche hanno fatto i nostri soldati!

Da De Amicis E., Ricordi del 1870-71, in: http://www.liberliber.it, pp. 115-121.

 

 

 

 
 
 
 
 

Guida alla Lettura


1) De Amicis racconta il dialogo con cinque o sei persone incontrate durante il tragitto da Monterotondo a Roma: quali timori emergono da alcuni di loro? Chi poteva aver indotto queste persone ad avere tali paure?


2) Altri manifestano invece delle speranze. Quali?


3) Speranze e timori sono confermati dalla condotta dei soldati italiani?


4) De Amicis racconta anche degli episodi di cui sono protagonisti preti e frati: c’è traccia di ostilità negli episodi raccontati?


5) Prova a spiegare le seguenti frasi, quelle conclusive del brano:

 

  • «Che rarità di soldati son questi che non dicon nulla alle donne.»

  • «un grande edifizio di menzogne è caduto, e perdio, si potrà raccoglierne i ruderi, ma non si rifabbrica più.»

  • «Quante conversioni politiche hanno fatto i nostri soldati!».

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