top of page

Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il biennio 1848-1849 - 1 IL TEMA - Mameli: Insurrezione e Costituente

Mameli: Insurrezione e Costituente

Goffredo Mameli scrisse questo articolo sul giornale «Il Diario del popolo» il 27 ottobre 1848. Lui, come altri patrioti, stavano premendo per la ripresa della guerra antiaustriaca, ma erano consapevoli dei pesanti conflitti politici tra la corrente monarchica filopiemontese e quella repubblicana che erano emersi nella guerra conclusa dall’armistizio Salasco (9 agosto 1848). Mameli, di tendenza repubblicana, prova a trovare una soluzione che riesca a tenere insieme le due correnti risorgimentali.

Due sono i problemi che in questi momenti agli Italiani si presentano principali: trovare il modo più pronto ed efficace di
cacciar Radetzky oltre l’Alpi; trovar modo di compiere la rivoluzione interna evitando la guerra civile.
Queste due questioni sono più congiunte che a prima vista non appare. Dopo l’insurrezione del marzo fu tentato
dall’Associazione Nazionale capitanata da Giuseppe Mazzini di disgiungere totalmente la guerra di indipendenza dalla
questione politica, di riunire il partito monarchico e il democratico nel comune grido di guerra all’Austria. Si aveva una
armata regolare e un paese insorto; era ugualmente stolto rifiutar l’opera dell’armata regolare, o spegnere l’insurrezione;
sollevando la bandiera repubblicana si correa rischio di perdere l’armata regolare; sollevando la bandiera monarchica si
spargeva l’insurrezione, e poi decidendo definitivamente delle sorti del paese, si provocava lo sviluppo dei vari partiti, le
diffidenze dei governi, e dei popoli Italiani, le gare di capitale. Il tentativo dell’Associazione mancò, il governo di Torino
ruppe la neutralità e usando dell’influenza che gli dava un’armata propria in Lombardia, e d’altri mezzi – non tutti nobili –
s’impose alla Lombardia. Le conseguenze della “fusione” sono compendiate nella capitolazione di Milano, e
nell’armistizio volgarmente detto “Salasco”.
L’insurrezione accenna voler chiamare un’altra volta in campo gli Italiani. Con quale bandiera v’andranno?
Cominceranno la guerra gridando “viva la Monarchia”, o “viva la Repubblica”?
Noi non vorremmo né l’una cosa, né l’altra. Dare senz’altro l’Italia un’altra volta nelle mani al principio che l’ha tradita ci
parrebbe ormai qualche cosa di peggio che una stoltezza. Intimar la guerra ai governi italiani mentre pende la guerra
d’indipendenza ci parrebbe non solo indebolire l’Italia rendendone più sensibili le divisioni, ma un precipitarla in una
guerra civile che peserebbe lungamente sulla coscienza dell’uomo, o del partito che l’avesse provocata. E alzar nella
Lombardia la bandiera monarchica o la repubblicana è ugualmente decretare la guerra civile: il partito che facesse una
cosa o l’altra ne avrebbe la responsabilità. Sulla coscienza dei monarchici di buona fede pesano già troppe sventure
della patria perch’essi vogliano aggiungervi anche questa colpa, e i repubblicani debbono sentir troppo la santità della
loro bandiera per non volerla sollevare insegna di guerra fraterna.
Ma d’altra parte i partiti si sono troppo sviluppati in questi ultimi tempi per poterli arrestare con un’idea negativa come è
quella di “aspettare” a guerra finita. Sicché convien dare all’insurrezione Lombarda una bandiera, e una bandiera che
possa essere accettata da tutti i partiti. Tale ci pare quella della sovranità popolare, la quale si traduce nella pratica nella
parola “Assemblea Costituente” Italiana. Noi diciamo che il principio della sovranità popolare è generalmente accettato
da tutti i partiti giacché oramai il diritto divino ha perduto totalmente il credito e gli scrittori monarchici non si difendono
dal partito contrario che sostenendo la monarchia essere il governo voluto dalla maggiorità del popolo – noi non
discutiamo sulla verità dell’ipotesi, ma notiamo solo ch’essi invocando un tacito mandato popolare ammettono
implicitamente il principio della sovranità popolare, principio che hanno comune coi repubblicani giacché questi ne fanno
primo, anzi unico dogma delle loro credenze politiche.
Cosicché la parola “Assemblea Costituente” ci par l’unico grido politico che possa sollevarsi nella guerra lombarda
senza tradire la causa italiana, senza offendere nessun partito d’opinioni coscienziosamente sentite.
Frattanto il paese dovrebbe esser governato da giunte d’insurrezioni le quali si occupassero esclusivamente di
combattere il più efficacemente possibile l’armata austriaca. Tale maniera di governo ha inoltre il vantaggio di essere la
meglio acconcia a promuovere e condurre la guerra d’insurrezione, guerra che assalendo il nemico non in un punto
solo, ma su molti, esige molti centri di azione. Il popolo divori coll’insurrezione i suoi nemici, e decida delle sue sorti colla
“Costituente”.

 

Da Bidussa D. (a cura di), Goffredo Mameli. Fratelli d’Italia. Pagine politiche, Feltrinelli, Milano 2010, pp. 53-55.

 

 
 
 
 

Guida alla Lettura


1) Dopo l’insurrezione di Milano, a quale dei due problemi degli italiani Mazzini e i repubblicani hanno dato più spazio e quale hanno messo in secondo piano? Perché?


2) Nelle parole di Mameli ti sembra che si approvi il modo con cui il governo di Torino ha gestito la guerra appena conclusa?


3) Di fronte a una ripresa del conflitto contro l’Austria, Mameli non vuole che ci si divida tra repubblicani e monarchici.
Perché non vuole che siano i monarchici a guidare la nuova fase della guerra? Perché non vuole che siano i repubblicani?


4) Quale principio politico secondo Mameli unisce le due correnti? Quale parola d’ordine comune quindi può essere utilizzata? Per combattere contro chi?

bottom of page