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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il contesto internazionale. Movimenti e istituzioni - 5 GLI ESULI, I RIFUGIATI POLITICI DEL RISORGIMENTO - Tra due insurrezioni (1820-1848) - Il generale Garibaldi, un eroe popolare

Il generale Garibaldi, un eroe popolare

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Giuseppe Garibaldi

Nato a Nizza nel 1807, si dedicò alla carriera di marinaio fino a che, nel 1834, dovette rifugiarsi all’estero per aver partecipato a un moto mazziniano. In esilio in Sud America, combatté per l’indipendenza del Rio Grande do Sul, in Brasile, e per quella dell’Uruguay.
Nel 1848, appena seppe di una possibile guerra contro l’Impero austriaco, tornò in Italia e divenne la guida indiscussa dei volontari nella guerra di quell’anno e in tutte le tappe successive del Risorgimento. Benché fosse repubblicano e odiasse Cavour, si convinse che l’indipendenza e l’unità nazionale potevano essere raggiunte solo se venivano fatte in nome di Vittorio Emanuele di Savoia, re di Sardegna. Per questo combatté nelle file dell’esercito piemontese, ma quando le guerre ufficiali si concludevano, lui riprendeva l’iniziativa e forzava gli eventi: nel 1849 partecipò alla difesa della Repubblica Romana fino alla sua capitolazione; nel 1860 andò con i suoi volontari alla conquista del Regno delle Due Sicilie che, poi, cedette a Vittorio Emanuele; nel 1862 e ancora nel 1867 cercò di conquistare lo Stato Pontificio con lo stesso tipo di azione che aveva utilizzato nel sud, ma in entrambi i casi fu bloccato perché in quel momento gli equilibri internazionali non potevano accettare la fine dello Stato della Chiesa. 

Garibaldi fu sicuramente la figura più affascinante del Risorgimento italiano, non solo perché fu un combattente generoso e fortunato, dotato di grandi abilità militari e fascino personale, ma anche perché mai approfittò dei suoi successi per interessi personali: dopo ogni vittoria se ne tornava alla sua isola di Caprera a fare l’agricoltore, senza accettare onori e ricompense. Le sue gesta lo fecero diventare un mito a livello nazionale e internazionale. Lui e i suoi volontari vestiti con una camicia rossa divennero oggetto di un vero e proprio culto, tanto che negli anni successivi della storia d’Italia, molti altri combattenti non esitarono a definirsi “garibaldini”.

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