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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il biennio 1848-1849 - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.3 Documenti da Belgioioso - Carlo Alberto fugge da Milano 

Carlo Alberto fugge da Milano

Dalle memorie di Cristina di Belgioioso pubblicate in Francia (L’Italie et la révolution italienne de 1848-L’insurrection milanaise) e successivamente tradotte in italiano, riportiamo le pagine in cui si descrive la fuga di Carlo Alberto da Milano.

Infine vaghe voci cominciarono a circolare – il re avere capitolato! Non vollero dapprima crederle i milanesi. Due infelici, che primi ne avevan portata la nuova, furono massacrati a furor di popolo sulla Piazza dei Mercanti: si credevano austriaci travestiti venuti a bella posta per seminar discordie fra il popolo e l’armata. Ma ben presto si moltiplicaron le voci: a mille a mille le ripeterono: cadde il velo: la verità fu in luce. Una sorte tanto più orribile, quanto inevitabile, era riserbata alla città di Milano. Le truppe piemontesi stavano per partire: una gran parte di già in marcia; i nostri capi sì del civile, che del militare fuggiti, o a seguire il re preparati; restava il popolo abbandonato – solo – consegnato nelle mani del Radetzky e dei suoi soldati! […] Finalmente la rabbia successe alla disperazione. Irritata la folla si porta al palazzo Greppi, decisa d’impedire la fuga del re, determinata a fargli stracciare l’infame capitolazione. Un battaglione di carabinieri a cavallo, che vi stava a difesa, all’avvicinarsi di quella massa riceve ordine di ritirarsi, onde non esacerbare di più gli animi inaspriti. […] una deputazione della guardia nazionale interroga Carlo Alberto sul fatto della capitolazione. Egli lo nega: allora gli è forza seguire suo malgrado quei deputati al balcone, di là arringa il popolo, scusa la sua inscienza dei veri sentimenti dei milanesi: si dice soddisfatto in vederli sì pronti alla difesa: solennemente promette di battersi alla loro testa sino all’ultimo sangue. Qualche colpo di fucile partì contro Carlo Alberto. Alle ultime parole della sua arringa il popolo sdegnato grida «Se la è così, lacerate la capitolazione.» Il re trae allora un pezzo di carta di saccoccia, lo tiene in sospeso, sicché il popolo lo veda: poi lo fa in brani.
Per tutta la città in un baleno si divulga la notizia: avere il re lacerata la capitolazione, e restare ormai col suo esercito a difendere Milano. Fu vera gioia. I preparativi di difesa alacremente si spinsero. A termine della capitolazione dovevano entrare gli Austriaci il giorno cinque alle sei di sera: venne la notte – gli Austriaci non si videro. […]
La sera del 5 nuove voci si sparsero, ancor più strane. Le munizioni dell’esercito piemontese per errore condotte a Piacenza: mancanti le truppe di polvere, averne chiesto invano al Comitato di difesa – si diceva. Non voglio discutere un fatto del tutto inverosimile a quel che mi sembra. Si parlava di oggetti preziosi nascosti in uno dei palazzi della nazione: a tal voce se ne tentò il saccheggio: si trovò falso il detto. Si assicurava infine (e questa volta non v’era inganno) tenere nei suoi magazzini nascosti 60 mila fucili il governo: li trovò il popolo e se ne impadronì: si armò. Eppure si niegavan le armi a lui, che il giorno innanzi la leva in massa a gran grida voleva decretata.
Venne la notte. Non tardò il re ad abbandonare la città. Il colonnello della Marmora con una scala, a fune si lascia calare da una finestra del palazzo Greppi: corre alla casa dove stavan nascosti il reggimento guardie e quello dei bersaglieri di Piemonte e seco li mena a proteggere la fuga del re: vani sforzi furono tentati per ritenere il re fuggitivo, che poche ore prima difendere Milano sino all’ultimo sangue giurava.
Era appena suonata la mezza notte: propizia l’ora: qualche colpo di fuoco partì diretto contro quel re, che su di un cavallo, non suo, fuggiva la città, nella quale trionfante e vincitore aveva promesso d’entrare.
Solo alla mattina del giorno dopo si seppe della sua fuga e il popolo ne rimase interdetto. Alla notizia della rotta capitolazione l’entusiasmo s’era destato sino alla frenesia: la fuga del re, calma, costernazione, avvilimento induceva nel popolo: tetro silenzio alle grida di rabbia seguiva. S’era alla disperazione: il re non partiva solo. Un regio commissario ed il Comitato di difesa avevano nelle funzioni rimpiazzato il Governo provvisorio: il commissario fuggiva col suo re: i membri del Comitato di difesa alla mattina del sabato si presentavano al re, contro la capitolazione protestando: dopo di che, quasi bastasse, scomparvero nell’ombre. Da tutti eravamo abbandonati: soldati piemontesi, e lombardi da quelle file uniti – reggimenti lombardi da officiali piemontesi capitanati – generali agli ordini di Carlo Alberto obbedienti, tutti eran partiti alla stess’ora: l’artiglieria piemontese, e nostra: munizioni e carriaggi: sino i 4 milioni, patriotica offerta delle chiese e dei privati, tutto s’era involato.

 

Da Principessa Cristina Triulzi-Belgioioso, L’Italia e la rivoluzione italiana (Dalla “Revue des Deux Mondes” 1848); aggiuntovi: Gli ultimi tristissimi fatti di Milano (narrati dal Comitato di Pubblica Difesa, con documenti), prefazione di Arcangelo Ghisleri, Remo Sandron Editore, Libraio della R. Casa, Milano-Palermo-Napoli 1904, in http://www.liberliber.it, pp. 34-35.

 

 

Guida alla Lettura

1) Che cosa solennemente promette Carlo Alberto il 5 agosto davanti al popolo milanese? E come lo fa?

2) Immagina di essere un giornalista inglese che assiste ai fatti raccontati da Cristina di Belgioioso: scrivi un articolo per il giornale, di orientamento liberale e democratico, che ti ha inviato a Milano nel 1848.

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