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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Le classi sociali nel Risorgimento - 1 L’ARISTOCRAZIA - Una ragazza da marito nella Sicilia del 1860 (dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa)

Una ragazza da marito nella Sicilia del 1860 (dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa)

Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa è un romanzo storico ambientato in Sicilia durante e dopo la Spedizione dei Mille (1860). Al centro del racconto è la figura del principe Don Fabrizio Salina con la sua antica e nobile famiglia. In questa pagina, Don Fabrizio ha appena comunicato alla moglie l’intenzione del nipote Tancredi, che si trova a Napoli al seguito di Garibaldi, di sposare Angelica, la figlia di Calogero Sedara, il ricco amministratore delle sue terre.

Il contenuto della lettera venne comunicato da Don Fabrizio soltanto alla moglie, quando già erano a letto sotto il chiarore azzurrino del lumino a olio incappucciato nello schermo di vetro. Maria Stella dapprima non disse parola ma si faceva una caterva di segni di croce; poi affermò che non con la destra ma con la sinistra avrebbe dovuto segnarsi; dopo questa espressione di somma sorpresa, si scatenarono i fulmini della sua eloquenza. Seduta nel letto, le dita di lei gualcivano il lenzuolo, mentre le parole rigavano l’atmosfera lunare della camera chiusa, rosse come torce iraconde. «Ed io che avevo sperato che sposasse Concetta! Un traditore è, come tutti i liberali della sua specie; prima ha tradito il Re, ora tradisce noi! Lui, con la sua faccia falsa, con le sue parole piene di miele e le azioni cariche di veleno! Ecco che cosa succede quando si porta nella casa gente che non è tutta del vostro sangue!» Qui lasciò irrompere la carica di corazzieri delle scenate familiari: «Io lo avevo sempre detto! ma nessuno mi ascolta. Non ho mai potuto soffrirlo quel bellimbusto. Tu solo avevi perduto la testa per lui!» In realtà anche lei era stata soggiogata dalle moine di Tancredi; anch’essa lo amava ancora; ma la voluttà di gridare «la colpa è tua!» essendo la più forte che creatura umana possa godere, tutte le verità e tutti i sentimenti venivano travolti. «E adesso ha anche la faccia tosta di incaricare te, suo zio, Principe di Salina e padrone suo cento volte, padre della creatura che ha ingannato, di fare le sue indegne richieste a quel farabutto, padre di quella sgualdrina! Ma tu non lo devi fare, Fabrizio, non lo devi fare, non lo farai, non lo devi fare!» La voce diventava acuta, il corpo cominciava a irrigidirsi. Don Fabrizio ancora coricato sul dorso sogguardò di lato per assicurarsi che la valeriana fosse sul cassettone. La bottiglia era lì ed anche il cucchiaio d’argento posato di traverso sul turacciolo; nella semioscurità glauca della camera brillavano come un faro rassicurante eretto contro le tempeste isteriche. Un momento volle alzarsi e prenderli; però si accontentò di mettersi a sedere anche lui; così riacquistò una parte di prestigio. «Stelluccia, non dire troppe sciocchezze; non sai quel che dici. Angelica non è una sgualdrina; lo diventerà forse, ma per ora è una ragazza come tutte, più bella delle altre e forse anche un tantino innamorata di Tancredi, come tutti. Soldi, intanto, ne avrà; soldi nostri in gran parte ma amministrati sin troppo bene da don Calogero; e Tancredi di questo ha gran bisogno: è un signore, è ambizioso, ha le mani bucate. A Concetta non aveva mai detto nulla, anzi è lei che da quando siamo arrivati qui lo trattava come un cane. E poi non è un traditore: segue i tempi, ecco tutto, in politica come nella vita privata, del resto è il più caro giovane che io conosca; e tu lo sai quanto me, Stelluccia mia.»
Cinque enormi dita sfiorarono la minuscola scatola cranica di lei. Essa singhiozzava adesso; aveva avuto il buon senso di bere un sorso d’acqua e il fuoco dell’ira si era mutato in accoramento. Don Fabrizio cominciò a sperare che non sarebbe stato necessario di uscire dal letto tiepido, di affrontare a piedi nudi una traversata della stanza già freschetta. Per esser sicuro della calma futura si rivestì di falsa furia: «E poi non voglio grida in casa mia, nella mia camera, nel mio letto! Niente di questi ‘farai’ e ‘non farai’. Decido io; ho già deciso da quando tu non te lo sognavi neppure. E basta!»
L’odiatore delle grida urlava lui stesso con quanto fiato capiva nel torace smisurato. Credendo avere un tavolo dinanzi a sé menò un gran pugno sul proprio ginocchio, si fece male e si calmò anche lui.
La moglie era spaurita e guaiolava basso come un cucciolo minacciato. «Dormiamo ora. Domani vado a caccia e dovrò alzarmi presto. Basta! Quel che è deciso è deciso. Buona notte, Stelluccia.» Baciò la moglie, in fronte prima, segno di riconciliazione, in bocca poi, segno di amore. Si ridistese, si voltò dalla parte del muro. Sulla seta della parete l’ombra sua coricata si disegnava come il profilo di una giogaia montana su un orizzonte ceruleo.
Stelluccia anch’essa si rimise a posto, e mentre la sua gamba destra sfiorava quella sinistra del Principe, essa si sentì tutta consolata e orgogliosa di aver per marito un uomo tanto energico e fiero. Che importava Tancredi... ed anche Concetta...

Da Tomasi di Lampedusa G., Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 111-113.

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Una scena tratta dal film «Il Gattopardo» di Luchino Visconti. Nella scena B. Lancaster e C. Cardinale

Attività

Dopo aver letto il testo rispondi alle seguenti domande:

  1. La scena ci fa capire quali fossero i rapporti in una famiglia aristocratica di quel tempo: come definiresti il rapporto fra marito e moglie, cioè tra il principe Don Fabrizio e la principessa Maria Stella? E quello tra il padre, il principe Salina e sua figlia Concetta? Prova a descriverli entrambi con aggettivi o espressioni adatti. Poi confronta le tue scelte con quelle dei compagni.

  2. Perché il principe condivide la scelta del nipote Tancredi che vuole sposare Angelica, una ragazza borghese? Perché, invece, la principessa non è d’accordo? Ritrova nel testo le opposte ragioni dei due personaggi e trascrivile con parole tue.

  3. Tu come giudichi la scelta del principe? Spiega perché sei d’accordo oppure no e discutine con i compagni.

  4. Quale mutamento sociale è connesso e viene accelerato dalla conquista garibaldina (e poi piemontese) della Sicilia? Qual è la nuova classe emergente e chi la rappresenta fra i personaggi nominati nella scena?

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