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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il biennio 1848-1849 - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.2 Documenti da Cattaneo - Registro mortuario delle barricate in Milano   

Registro mortuario delle barricate in Milano

Carlo Cattaneo, dopo il ritorno degli austriaci a Milano si rifugiò dapprima in Svizzera e in seguito in Francia, prima di ritornare definitivamente a Lugano.
Mentre era a Parigi pubblicò in francese un resoconto sugli avvenimenti di cui era stato protagonista, Considerazioni sul 1848, che sarà ampliato nel testo
Dell’insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra, pubblicato in italiano a Lugano nel 1849.
In esso Cattaneo riporta le cifre relative ai caduti durante le Cinque Giornate, traendo i dati dal registro ufficiale del Municipio, citando e commentando mestieri e professioni, in funzione della sua tesi finale.

Le note mortuarie che sogliono pubblicarsi dalla municipalità di Milano, portano pei gloriosi giorni di marzo tutto il pregio d’un monumento storico. [...]
Fino al 31 di marzo si registrarono morti di ferite più di trecento.
Attribuiti all’ordine dei possidenti ne riscontrammo tre soli [...]. Qui non v’è orma di patriziato. Non vogliamo per ciò dire che nessuno di nobile famiglia offrisse il capo ai colpi nemici; e ben ci ricorda d’averne ammirato alcuno sempre fra i primi al pericolo; ma non sono codesti generosi che negano al popolo il suo diritto. Ed è forza pur dirlo, erano ben pochi; e se così non fosse stato, i casi della morte che colpirono li altri, non li avrebbero potuti così perfettamente risparmiare. [...]
Ma tornando a rimestare il cumulo dei cadaveri, vi ravvisiamo fra i più segnalati un Augusto Anfossi già mercante e militare in Oriente e audacissimo condottiere agli assalti. Vi troviamo tre giovani ingegneri, [...] l’istitutore Boselli e il prete Marco Lazzarini trucidato nel presbiterio di San Bartolomeo. Troviamo l’ispettore della strada ferrata di Monza Gerolamo Borgazzi, venuto con una squadra a soccorso della città; troviamo il giovine ragioniere Tomaso Barzanò; tre studenti [...]; due impiegati [...]; tre scrivani; il cavallerizzo Foscati e il suggeritore teatrale Misdari. Il commercio è rappresentato da due mercanti, due mediatori, e tre o quattro commessi [...] fra i quali un Petrolini ticinese. Fra codesti Ticinesi – che furono anche primi a rompere il confine per soccorrerci, e senz’altra mente che di soccorrerci, – fu lodato e compianto in quei giorni l’intrepido feritore Giuseppe Broggi. [...] Contammo non meno di 26 venditori di vino, d’olio, di latte, di droghe, di salumi, di frutta, di pane. Ma la maggior turba degli uccisi doveva ben essere fra li operai; le barricate e li operai vanno insieme oramai come il cavallo e il cavaliere. Il sacro mestiere degli stampatori ebbe cinque morti, e troviamo fra i morti anche un legatore. Vi sono tre macchinisti, un incisore, un cesellatore, un orefice. Dei lavoratori di ferro e di bronzo morirono non meno di quindici; onde pare che questa forte razza fosse tutta sulle barricate. Ed è pur glorioso all’arte de’ calzolai il numero di tredici uccisi. Dei sarti caddero quattro; tre cappellai; e venti tra verniciatori, doratori, sellai, tessitori, filatori, guantai e anche un parucchiere. V’ha una decina di muratori, scalpellini e d’altre arti edilizie. L’agricoltura ebbe le sue vittime nell’affittuario Molteni, in un giardiniere, un ortolano e sei contadini.
Un cadavere diedero le guardie di finanza e due i valorosi pompieri. Abbiamo infine parecchi facchini e giornalieri, e altri ignoti di mestiere e di nome [...]. L’unica relazione che forse potrebbero avere codesti registri col patriziato è una lista di circa diciotto tra servitori, cocchieri, cuochi e portinai, alcuno dei quali sarà forse morto per procura de’ suoi padroni. Gloria e potenza a loro; e requie a lui!
Quei feriti che soggiacquero a morte più lenta, saranno nei registri d’aprile e maggio, che ancora non avemmo.
Grande più che non si crederebbe è il numero delle donne uccise; alcune lo saranno state per caso, ma molte per coraggio e per amore; e alcune per ferocia dei nemici, che non solo imperversarono nelle parti indifese della città, ma nascosti sopra le guglie del Duomo, si piacevano ad avventare insidiosi colpi ai balconi interni e alle finestre mal chiuse. Vediamo indicata una levatrice, una ricamatrice, una modista e tra quelle che si dicono alla rinfusa cucitrici, alcune giovinette. Quante storie di semplice affetto; e d’inosservato dolore vi stanno riposte! O poeti, interrogate questi sepolcri, e siate poeti della vostra gente.
Noi raccogliendo solo il sommario significato di questi aridi ruoli, ripetiamo che il sangue dei cinque giorni fu veramente versato dal popolo, e al popolo se ne deve gratitudine e gloria. Fu questa la prima vittoria dell’Italia contro l’oppressore; e diciamolo pure, fin qui, è l’unica vittoria vera; li altri sono fatti d’arme, onorevoli quanto si vuole, ma senza valevole acquisto di terreno; anzi con perdita dolorosa, assidua, vasta, di provincie e di città. [...]

 

[Adattamento del testo di Antonella Olivieri]

Da Cattaneo C., Dell’insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra, 1849, Tipografia della Svizzera italiana, Lugano 1849, in http://www.liberliber.it, p. 36.

Guida alla Lettura

1) Individua nel testo la tesi di Cattaneo a proposito dei nobili. Quasi in fondo al testo Cattaneo, parlando dei servitori caduti, aggiunge un commento ironico sui nobili: individualo e cerca di spiegare il senso dell’ironia di Cattaneo.

2) Conteggia i caduti raggruppandoli per professioni. Puoi costruire una tabella (artigiani – operai – commercianti – servitori – agricoltori – altre professioni).

3) Vi sono vittime tra le donne? A quale categoria appartengono? Che ipotesi fa Cattaneo sui motivi del loro coinvolgimento?

4) Cattaneo non considera definitivi i dati. Perché?

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