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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il biennio 1848-1849 - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.2 Documenti da Cattaneo - La fuga degli austriaci da Milano nella testimonianza di Carlo Cattaneo  

La fuga degli austriaci da Milano nella testimonianza di Carlo Cattaneo

Carlo Cattaneo, responsabile militare delle Cinque Giornate, raccolse molte testimonianze sugli eventi di cui era stato protagonista. Nei brani riportati qui sotto testimonia la fuga di Radetzky e il ritrovamento dei corpi dei cittadini catturati durante gli scontri e trucidati nei cortili del castello. Le virgolette sono di Cattaneo stesso e si riferiscono agli articoli di giornale e alle testimonianze che aveva raccolto: tra gli anni 1850 e 1855 pubblicò poi in tre volumi i documenti raccolti sotto il titolo Archivio triennale delle cose d’Italia dall’avvenimento di Pio IX all’abbandono di Venezia.

«Alla fine il nemico fuggiva; quei cinque giorni gli erano costati quattromila uomini; di quattrocento cannonieri erano avanzati cinque e l’artiglieria era data da condurre ai cacciatori tirolesi». «La carrozza di Radetzky era imbottita di paglia e altro, in modo che da lungi paresse un furgone». E si lesse nell’Allgemeine Zeitung la confessione d’un officiale, che «nessuno poté recar seco se non ciò che aveva sulla persona; Radetzky salvò a stento le sue decorazioni; e dovette marciar via con quattro lire [...]. I più degli ufficiali avevano i loro cavalli in casa, nonché le loro uniformi; perdettero tutto, e partirono senza mantelli». [...]
Dei cittadini prigionieri, alcuni furono trascinati a piedi coll’esercito; alcuni lasciati addietro.
«Da prigionieri, ci trovammo padroni del Castello e dei nostri nemici. I feriti, al vederci, si mostravano atterriti, temendo di essere scannati. Venne il mattino; un animoso popolano scalava il muro del Castello, la cui porta era ancora chiusa; e salito sul torrione vi piantava la bandiera tricolore. Entravano i liberatori, incerti della nostra sorte, e lieti di trovarci vivi. Ma non tutti. Alle grida di gaudio si mescevano gemiti dolorosi; le fosse rosseggiavano di sangue; nei cortili, luridi di fango e di ceneri, giacevano ossa abbrustolite, membra tronche sporgevano dal terreno smosso. In un orto, sette cadaveri d’uomini, mezzo spogliati, e barbaramente insultati e mutilati; due gambe di diversa dimensione, e che dalle forme apparivano femminili; in un’acqua corrente attigua, molte membra. Tanto apparvero sformati i visi e le membra delle vittime, che fu impossibil cosa il ravvisarle. Non era occhio che rimanesse asciutto».

 

[adattamento del testo di Antonella Olivieri]

Da Cattaneo C., Considerazioni sul 1848, in http://www.liberliber.it, pp. 57-58.

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