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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - L'impresa dei Mille - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.6 Palermo - Nievo racconta a Bice Palermo 

Nievo racconta a Bice Palermo

In una lettera alla cugina Bice Melzi Gobio Ippolito Nievo racconta in tono ironico, a metà fra il divertito e l’incredulo, la città di Palermo: l’impossibile impresa della sua conquista e come ci si viveva sotto la dittatura del generale Garibaldi
 

 


Palermo, 24 giugno 1860
 
Bice carissima – Ti ricordi quand’io ti diceva – Sicilia non c’è mai stato gran che ed ora non c’è più nulla. I nostri si fanno illusione come è solito; sarà la seconda edizione aumentata e ingrandita di Pisacane e di Sapri?  Or bene – nulla di più vero de’ miei presentimenti. Rivoluzione in Sicilia non ce n’era mai stata, qualche fermento nelle Squadre, qualche dimostrazione nelle città, poche rappresaglie e feroci dei regii, ecco tutto. […] Fin là il merito fu dei soldati – le due marce sopra Parco e sopra Missilmeri sono merito di Garibaldi e resero possibile la discesa sopra Palermo. Che miracolo! – Ti giuro, Bice! – Noi l’abbiamo veduto e ancor esitiamo quasi a credere! – I Picciotti (vuol dire ragazzi e così noi chiamiamo quelli delle Squadre perché tra loro si chiamano così), fuggivano d’ogni banda: dentro pareva una città di morti; non altra rivoluzione, che sul tardi qualche scampanio. E noi soli, ottocento al più, sparsi in uno spazio grande quanto Milano, occupati senz’ordine, senza direzione (come ordinare e dirigere il niente?) alla conquista d’una città contro venticinquemila uomini di truppa regolare, bella, ben montata, che farebbe la delizia del Ministro La Marmora! Figurati che sorpresa per noi straccioni! – Io era vestito come quando partii da Milano; mostrava fuori dei calzoni quello che comunemente non si osa mostrar mai al pubblico, e portava addosso uno schioppettone che consumava quattro capsule per tirare un colpo – per compenso aveva un pane infilato nella baionetta, un bel fiore di aloè sul cappello, e una magnifica coperta da letto sulle spalle alla Pollione – Confesso che ero bellino – II Generale era stupendo anch’esso. – Egli restò sempre in maniche di camicia: aveva sopra di me il solo vantaggio che i suoi calzoni invece che rotti erano rappezzati. Entrò in Palermo con quaranta uomini, conquistò Piazza Bologna con trenta, e credo che fosse solo o tutt’al più in compagnia di suo figlio quando pose il piede in Palazzo Pretorio – Noi intanto correvamo per vicoli per contrade per piazze due qua, uno là come le pecore, in cerca dei Napoletani per farli sloggiare, e dei Palermitani per far loro fare la rivoluzione o almeno almeno qualche barricata. Riescimmo mediocremente sì nell’una cosa che nell’altra cosa. I Napoletani erano occupatissimi a scappare e i Palermitani a ripararsi dalle bombe che fioccavano, per dire la verità, con molta indiscrezione. In fin dei conti Palermo rimase nostra, proprio nostra di noi, di noi soli, come direbbero a Milano. Garibaldi fu arditissimo e noi fummo eroi solo per avergli creduto una tale impossibilità. Se questi non sono miracoli, io canonizzo Sant’Antonio – credo che primo pensiero di Garibaldi arrivando a Roma, sarà di farsi canonizzare da Pio Nono. Ne ha tutto il diritto; e un po’ di diritto lo abbiamo anche noi. Basta! Quando noi in dieci o dodici, assistemmo il 7 giugno alla evacuazione del Palazzo Reale credevamo d’aver le traveggole! Quindici mila uomini tutti in un nucleo con cavalleria artiglieria e il diavolo che li porti, sgomberavano dinanzi a noi, colle orecchie basse e la coda fra le gambe! Se avessi veduto i vecchi Generali che figura facevano! e che scappellate a Garibaldi! – Non finirei più se volessi contartene – Ma, descritto il passato mi toccherebbe poi sempre accennare al futuro? Che faremo ora? Medici è arrivato, il Generale sembra impaziente, già una colonna dei primi venuti (come siamo superbi di questa distinzione!) si slancia per Catania e Messina – si buccina, si pensa d’una imminente spedizione in Calabria: alcuni Calabresi sono partiti – Nicotera fra gli altri liberato per opera nostra dalle prigioni di Trapani. Sai! gli è quello della lotteria dei canditi. Io facilmente partirò anch’io, se qua potranno far senza me. Sono diventato un uomo d’importanza, il che costituisce una posizione abbastanza incomoda. Tutti mi fanno la corte per suppliche raccomandazioni ed impieghi – principi e principesse, Duchi e Duchesse a palate agognano 20 ducati al mese di salario. Sai ch’è curiosa questa commedia! E il Signor Dittatore dice di sì a tutti, per cui tocca poi a noi sbrigarsene. – Ora quando mi scrivi ti prego a darmi del Capitano e non già del Milite: cos’è questo milite? Lo fui, or più noi’ sono! – Ora sono anche Vice-Intendente Generale ma ti risparmio questo secondo titolo che è discretamente antipatico benché mi dia a lavorare una diavoleria – Basta! facciamo di tutto, purché si riesca! – Mi sembra di essere Arlecchino finto principe. – Tengo però sempre i miei vecchi abiti in stanza a ricordo delle miserie passate – Oh se potessi venire a Bellagio ad abbagliarvi un poco! come sarei vanaglorioso! Ho una zimarra rossa che sembro un Generale di Napoleone il grande, ed una spada coll’impugnatura d’oro (in confidenza è ottone indorato) che fa gola a tutti questi ladroncelli Siciliani, compresi i Principi e le Principesse. – Per un tari si va in carrozza un’ora intiera: noi siamo sempre in carrozza; per un carlino si piglia una libbra di pezzo duro: noi pigliamo pezzi duri tutto il giorno; con un paio di reverenze si entra nei parlatori a chiacchierare colle monache: noi siamo tutti i dopo pranzi a far visita alle monache. […] 

 


Da Nievo I., Diario della Spedizione dei Mille, Mursia, Milano 2010.    

 

Guida alla Lettura       


1) Con quale abbigliamento Nievo conquista Palermo?
 
2) Come, invece, si vestirà dopo?
 
3) Fai un disegno delle due diverse tenute dello scrittore-soldato o cerca su Internet due immagini che possano rappresentarle.
 
4) Dalla lettera quali informazioni possiamo ricavare circa:

     

  • le divise dei garibaldini;  

  • il ruolo di Garibaldi nella conquista di Palermo;  

  • la vita dei garibaldini in città;  

  • gli sviluppi della spedizione;  

  • le promozioni di Ippolito Nievo.  

 

5) Ippolito Nievo, a Palermo, viene promosso capitano e nominato viceintendente generale. Quale ruolo gli viene ufficialmente affidato con questo incarico?

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