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Fonti consultate
L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.2 Il Sud: brigantaggio, rivolte, nuovi poteri/padroni - La rivolta di Palermo (1866)
La rivolta di Palermo (1866)
Una veduta di Palermo con il Foro Italico e il monte Pellegrino
In Sicilia le illusioni che avevano portato tanta parte della popolazione a schierarsi con le camicie rosse di Garibaldi si
scontravano ogni giorno di più con la realtà del nuovo Stato italiano: le nuove tasse, la coscrizione obbligatoria, i
controlli polizieschi, la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici che favorì un ristretto numero di borghesi e mise fine alle
attività di beneficienza che erano state così importanti per i poveri della città. Inoltre il disprezzo con cui i nuovi
funzionari settentrionali trattavano i siciliani, considerati mezzo barbari e mafiosi, era insopportabile per un popolo di
antica civiltà come quello siciliano.
Molti erano gli scontenti e per ragioni diverse: autonomisti, filoborbonici, repubblicani, ex garibaldini delusi reduci dell’esercito meridionale, membri del clero, contadini, mafiosi.
Questo malcontento così diverso esplose il 16 settembre 1866 quando a Palermo scoppiò una rivolta che per sette
giorni e mezzo tenne in mano la città e i paesi vicini. Fu un’insurrezione senza leader e senza programmi, anche se si
creò una giunta rivoluzionaria nella quale non si sa come avrebbero potuto convivere le diverse posizioni politiche. In
realtà la città rimase in mano a migliaia di rivoltosi che svuotarono i magazzini, bruciarono gli uffici pubblici, svaligiarono
i palazzi, prendendosela specialmente con tutto ciò che poteva ricordare gli odiati piemontesi.
Il governo italiano decise di intervenire con la forza, così come da anni stava facendo in tutto il Sud Italia per dimostrare
all’Europa che nessuno, cinque anni dopo la proclamazione del Regno, sarebbe riuscito a rimettere in discussione
l’unità nazionale. Fu proclamato lo stato d’assedio, le navi della Regia Marina bombardarono la città, 40.000 soldati
sbarcarono e sedarono la rivolta con una dura repressione, rappresaglie, persecuzioni, torture e violenze. Duecento
furono le perdite tra i militari, mentre tra i rivoltosi furono migliaia i caduti in combattimento e per le successive condanne a morte, mentre altri migliaia furono imprigionati. Ma i dati ufficiali non furono mai resi noti e il governo cercò di far passare la rivolta di Palermo come un episodio di reazione borbonica sostenuta da briganti e da mafiosi. In realtà si cominciava a capire che in Meridione la situazione era critica. Fu ordinata la prima inchiesta parlamentare della storia
d’Italia, ma poi niente fu fatto per risolvere i problemi che pure l’inchiesta aveva messo in evidenza.