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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il biennio 1848-1849 - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 I fatti di Toscana e la Repubblica Romana - Il discorso di Montanelli sulla Costituente 

Il discorso di Montanelli sulla Costituente

Quando Giuseppe Montanelli (1813-1862) parla in piazza Grande a Livorno l’8 ottobre 1848, fra gli applausi della folla, lo fa nel ruolo di governatore. È infatti con Francesco Domenico Guerrazzi e Giuseppe Mazzoni uno dei tre esponenti del partito democratico ai quali Leopoldo II ha affidato il governo del Granducato. Montanelli parla come un eroe redivivo: aveva partecipato il 29 maggio come volontario alla battaglia di Curtatone e lo si era creduto morto.
Nel celebre discorso – che puoi leggere qui di seguito – Montanelli sostiene e riprende la parola d’ordine mazziniana che troverà la sua prima realizzazione nell’Assemblea Costituente della Repubblica Romana eletta a suffragio universale maschile nel febbraio 1849 e che, ben oltre la sua attuazione pratica, diventa una specie di slogan mobilitante non solo per i democratici ma anche per i liberali moderati.

[...] La mia fede politica è DEMOCRATICA, NAZIONALE, CRISTIANA. È democratica, perché io ritengo esser finita l’epoca delle classi privilegiate, e cominciare l’epoca dei Popoli. (Applausi). – Quando dico Popolo intendo l’unità collettiva sociale: non intendo una classe solamente: Popolo siamo tutti. (Applausi).
La mia fede politica è nazionale, perché io riguardo i diversi Stati d’Italia come parti di un tutto, come membra di un corpo: il bene dell’uno non è vero, se non risponde al bene generale della Nazione. (Applausi). Tutto si deve fare per la Nazione: tutto si deve fare colla Nazione.
La mia fede politica è cristiana, perché io riguardo il movimento politico che attualmente si effettua nelle società europee come una più larga incarnazione della idea cristiana, come un’applicazione dei principii immortali del Cristianesimo alla civile società. Noi ci professiamo cristiani, ma in molte cose rimanemmo pagani. Pagano il diritto di conquista, pagani altri elementi i quali vogliono essere eliminati da una società che si dice cristiana. E così intendo che l’ordine politico debba essere sempre subordinato all’ordine morale [...].
Vengo a dichiarazioni ancora più precise. Noi italiani siamo in un periodo di rivoluzione. – La nostra rivoluzione è ben diversa dalla rivoluzione che si effettuava in Francia nel secolo scorso; e s’ingannerebbe chi volesse giudicare l’una col criterio dell’altra. La rivoluzione francese era principalmente animata da un bisogno di Libertà. La rivoluzione italiana è principalmente animata da un bisogno di Nazionalità. I Governi italiani non possono avere forza se non in quanto partecipino a questa rivoluzione e allo spirito di cui s’informa: vale a dire allo spirito nazionale. Quindi a dar forza ai governi italiani non bastò che si trasformassero nel senso della Libertà; perché lo ripeto, l’idea animatrice della nostra rivoluzione è l’idea nazionale. Noi ci movemmo per essere italiani indipendenti; noi combattemmo per questo. I nostri Martiri morirono gridando: Viva l’Italia.’ Personificare l’Italia, avere un Governo Nazionale italiano, ecco l’anima della nostra rivoluzione. [...]
Questo gran fatto della fondazione di un Governo Nazionale dovrà precedere o seguitare la conquista della Indipendenza, e la cacciata dello straniero? Noi abbiamo creduto che dovesse susseguire all’espulsione dello straniero, e questo fu il nostro errore fatale. Non accusiamo il Popolo italiano. – Il Popolo italiano non mancò a sé stesso. Quando suonò quel grido: Via lo straniero d’Italia, il Popolo italiano si alzava gigante, combattevano eroicamente le città lombarde, il grido della Lombardia rimbombava da una parte all’altra d’Italia, e da tutti i cuori scoppiava una voce sola: soccorso alla Lombardia! E tutti ci sentimmo come da mano fatale sospinti verso le Alpi, tutti sentimmo il bisogno di piantare lo stendardo nazionale su quegli eterni baluardi d’Italia. Ma che cosa mancò a tutte queste forze, le quali insorgevano per compiere l’opera della nostra Indipendenza? Mancò l’unità della direzione: quindi il non avere un Governo Nazionale, il combattere come Piemontesi, come Toscani, come Napoletani, come Romani, e non come Italiani. Fu la causa prima per cui questa grande impresa mancava. (Applausi).
La fondazione adunque del Governo Nazionale è necessaria per effettuare la stessa impresa dell’Indipendenza. Tutti sentiamo che solamente colla guerra potremo redimere la Italia.
Nessuno di noi (spero) crederà che l’Italia libera possa uscire dai protocolli. Tutti dobbiamo sentire che solamente colle armi nostre, colle nostre braccia, potremo liberare la Patria: ma questa guerra della quale è sì grande il bisogno, questa guerra come la continueremo noi senza uno stendardo intorno al quale si raccolgano le forze nazionali, senza un punto al quale sieno volti tutti gli sguardi, e dal quale muova l’impulso? E questo centro, e questo punto, e questo stendardo, non possono essere se non che quelli di un Governo Nazionale. – Perciò io credo che il bisogno supremo della Italia attuale sia che i Governi separati italiani compongano una Dieta permanente, che sia la personificazione vivente dell’Italia. (Una voce: «è giustissimo››). [...]
Si tratta dunque di creare il Governo dei Governi: la Costituzione delle Costituzioni. (Applausi)[...] È necessario adunque che la Dieta permanente italiana sia l’opera di una Costituente Nazionale (Applausi), in cui i rappresentanti tutti dei diversi Stati d’Italia si uniscano.
Questo consesso solenne stabilirà le basi, le attribuzioni, il centro della Dieta. Ora si tratta di spingere i diversi Governi d’Italia all’effettuazione di questo disegno.
Questo è l’impulso che deve dare il partito democratico.
Si hanno molte false idee intorno al partito democratico: si crede che esso voglia la proclamazione immediata della Repubblica; si crede che esso non sia per accettare alcuna transazione coi Governi attuali. Questo è un errore. […] democratici veri vogliono prima di tutto la restaurazione della Nazionalità Italiana: vogliono che i Governi Italiani i quali si associarono a una Rivoluzione che si chiamava Rivoluzione Nazionale, fondino la Nazione; altrimenti sarebbero stati menzogneri fin da principio. (Pausa).
Noi dunque dobbiamo cercare che presto si effettui questo voto. Il nostro grido dappertutto deve essere VIVA LA COSTITUENTE ITALIANA. (Evviva del Popolo).

[La Costituente italiana proclamata il dì 8 ottobre 1848 sulla pubblica piazza dal governatore di Livorno Giuseppe Montanelli, «Il Corriere Livornese. Giornale politico, letterario e commerciale», 9 ottobre 1848.]

Da Banti A.M., Nel nome dell’Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini, Laterza, Roma-Bari 2011, pp. 207-209.

 

 

Guida alla Lettura

1) Giuseppe Montanelli spiega con un errore politico l’insuccesso dei patrioti italiani nella primavera-estate del 1848. Di quale errore si tratta? Condividi che sia stato un errore? Spiega perché sì o perché no e confrontati con i compagni.

2) Montanelli parla dal balcone di piazza Grande a Livorno l’8 ottobre 1848 come un sopravvissuto della battaglia di Curtatone (29 maggio) e con un braccio al collo. Questo fatto rende più credibile il suo discorso? Spiega perché.

3) Perché Montanelli non ritiene «che l’Italia libera possa uscire dai protocolli»? Con quale strumento pensa, invece, che si debba liberare la Patria?

4) Il compito del Partito Democratico, secondo Montanelli, sarebbe quello di:

  • definire le funzioni della Dieta permanente;

  • far convocare la Costituente italiana;

  • proclamare subito la Repubblica;

  • abbattere i governi assoluti.

 

Scegli la risposta corretta e giustificala in riferimento al testo.

5) Quali sono lo scopo e le funzioni della Costituente secondo i democratici? Come doveva essere eletta questa assemblea? Per rispondere confronta anche le unità La Costituente nell’immaginario popolare e La Repubblica Romana.

6) Quale idea di unità nazionale si ricava dal discorso di Montanelli? Come deve essere raggiunta e per quale scopo? Fai le tue ipotesi con riferimento al testo e confrontati con i compagni.

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