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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Un decennio di preparazione e di guerre (1850-1859) - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 La Seconda guerra d’indipendenza - Henry Dunant sull’orrore di Solferino

Henry Dunant sull’orrore di Solferino

Ecco la testimonianza di Henry Dunant sulla battaglia di Solferino. La pietà e l’orrore suscitati da quella carneficina furono tali che cinque anni più tardi, il 22 agosto 1864, dodici nazioni sottoscrissero i primi articoli della convenzione di Ginevra, tramite i quali si definiscono per la prima volta i diritti dei prigionieri di guerra.

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La prima pagina di Un souvenir de Solférino

La descrizione della battaglia

Qui, si svolge una lotta corpo a corpo, orribile, spaventosa; Austriaci e Alleati si calpestano, si scannano sui cadaveri sanguinanti, s’accoppano con il calcio dei fucili, si spaccano il cranio, si sventrano con le sciabole o con le baionette; è una lotta senza quartiere, un macello, un combattimento di belve, furiose ed ebbre di sangue; anche i feriti si difendono sino all’ultimo: chi non ha più un’arma afferra l’avversario alla gola, dilaniandola con i denti. […]
Il cielo s’è oscurato e fitte nubi coprono ad un tratto l’orizzonte. Il vento si scatena con furia e solleva nello spazio rami d’alberi spezzati; una pioggia fredda, spinta dall’uragano, anzi, per meglio dire, un autentico ciclone s’abbatte sui combattenti già sfiniti dalla fame e dalla fatica, mentre raffiche e turbini di polvere acciecano i soldati, costretti a lottare anche contro gli elementi. […]
Quanti giovani ungheresi, boemi o rumeni arruolati solo da alcune settimane, si sono gettati a terra per la fatica e l’inedia, una volta giunti fuori tiro, e non si sono più rialzati o, indeboliti dalla perdita di sangue, benché forse lievemente feriti, sono periti miseramente di sfinimento o di fame! […]

L’abbandono dei soldati feriti

Se ci fossero stati aiuti sufficienti per provvedere al servizio di raccolta dei feriti nella pianura di Medole, in fondo ai burroni di S. Martino, sulle pendici del monte Fontana o sulle alture di Solferino, non si sarebbero lasciati per lunghe ore, il 24 giugno, in preda ad angosce crudeli e nell’amaro timore dell’abbandono quel povero bersagliere, quell’ulano o quello zuavo che, cercando di sollevarsi nonostante l’atroce sofferenza, faceva inutilmente segno da lontano, con la mano, perché si inviasse una barella dalla sua parte, ed infine non si sarebbe corso il terribile pericolo, il giorno seguente, di sotterrare dei vivi assieme ai morti, come purtroppo è probabilmente avvenuto! […]

I primi impotenti aiuti

Tra gli Austriaci fatti prigionieri ve ne sono alcuni pieni di terrore, perché si era pensato bene di presentar loro i Francesi, soprattutto gli zuavi, come demoni senza pietà. […] parecchi che ricevettero cure generose da soldati francesi, nella loro cecità e nella loro ignoranza li ricompensavano in maniera assurda […]. Un granatiere della guardia vuol sollevare un soldato austriaco mutilato; questi, che aveva vicino una pistola carica, la afferra e spara a bruciapelo sul soldato francese che gli porgeva aiuto.
Non ci sarebbe il mezzo di costituire, in un periodo di pace e di tranquillità, delle società di soccorso, il cui scopo fosse quello di far curare i feriti, in tempo di guerra, da volontari attivi, devoti e ben qualificati per un’opera simile? […]

La pietà e l’assistenza ai feriti ricoverati nelle chiese

[…] Nell’Ospedale e nelle Chiese di Castiglione sono stati depositati, fianco a fianco, uomini di ogni nazione. Francesi, Austriaci, Tedeschi e Slavi, provvisoriamente confusi nel fondo delle cappelle, non hanno la forza di muoversi nello stretto spazio che occupano. Giuramenti, bestemmie che nessuna espressione può rendere. Risuonano sotto le volte dei santuari. Mi diceva qualcuno di questi infelici: noi ci siamo battuti eppure ci lasciano morire. Malgrado le fatiche che hanno sopportato malgrado le notti insonni, essi non riposano e, nella loro sventura implorano il soccorso dei medici e si rotolano disperati nelle convulsioni che termineranno con il tetano e la morte. […] La Intendenza Francese che si è stabilita a Castiglione accorda la autorizzazione di utilizzare, per i servizi degli ospedali, prigionieri robusti e tre medici austriaci vengono a collaborare con un giovane aiutante maggiore corso. […]
Povere madri di Germania, d’Austria, d’Ungheria e di Boemia, come non pensare alle vostre angosce quando avete appreso che i vostri figli feriti sono prigionieri di paesi nemici! Ma le donne di Castiglione vedendo che io non fò alcuna distinzione di nazionalità seguono il mio esempio e testimoniano la stessa benevolenza a tutti questi uomini di origine diversa e che sono per loro tutti ugualmente stranieri. – Tutti fratelli! – ripetevano con emozione. Onore a queste donne compassionevoli, a queste fanciulle di Castiglione! nulla le ha disgustate, stancate o scoraggiate, e la loro modesta devozione non ha tenuto conto né di ribrezzo, né di fatiche, né di sacrifici.

 

Da Dunant H., Un souvenir de Solférino, Franco Angeli, Milano 2009; http://books.google.it.

Guida alla Lettura

La descrizione della battaglia – L’abbandono dei soldati feriti

1) Come si fronteggiavano i soldati? A distanza oppure in combattimenti ravvicinati? Quali armi utilizzavano? Come cercavano di eliminare il nemico?

2) C’era possibilità di salvezza per i feriti? Che rischio drammatico potevano correre?

I primi impotenti aiuti – La pietà e l’assistenza ai feriti ricoverati nelle chiese

1) Era facile aiutare i soldati feriti da parte di personale specializzato? Per quale motivo, secondo l’autore?

2) La popolazione civile invece riesce nell’intento di aiutare in modo compassionevole. Come interviene? Distingue fra alleati e nemici?

3) I valori della futura Croce Rossa erano già presenti nell’intervento di Dunant, del popolo di Solferino e dei paesi vicini: riconoscili ed elencali.

4) Le provenienze dei soldati: a Solferino non c’erano solo piemontesi, francesi e austriaci. Pensa che per i francesi combattevano molti algerini. Qual è la tua opinione in proposito?

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