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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
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Giuditta Tavani Arquati, patriota e martire
Giuditta Tavani Arquati (Roma 1830-1867) è stata una patriota romana, uccisa dagli zuavi francesi nel 1867 durante la dura repressione dei moti popolari collegati all’impresa garibaldina di Mentana.
La sua famiglia apparteneva a un ceto di piccoli imprenditori poco sviluppato nella conservatrice Roma papale, e forse per questo attirato dalle idee liberali e dalle prospettive unitarie. I Tavani possedevano un lanificio a Trastevere, producevano lane comprando la materia prima da pastori e allevatori della provincia. Ed è proprio uno di questi allevatori conosciuti nel lanificio del padre, Francesco Arquati, che Giuditta sposa a quattordici anni nel 1844. Il marito ha vent’anni più di lei, ma all’epoca né la giovane età della sposa, né la forte differenza d’età tra marito e moglie erano rare.
Con il marito si trasferisce a Subiaco, e negli anni successivi lavora con lui nell’attività di tessitura. Parla francese e tedesco, e aiuta il marito nella produzione e nei contatti con i commercianti. Nel 1845, Giuditta e Francesco ritornano a Roma. Negli anni 1848-1849 Giuditta partecipa con il padre e il marito alla difesa della Repubblica Romana. Il padre sarà incarcerato nelle prigioni pontificie e, alla fine della carcerazione, andrà in esilio a Venezia. Anche Giuditta e il marito sono fuggiti da Roma, hanno seguito i fuorusciti e Garibaldi verso Venezia alla caduta della Repubblica Romana.
Dopo alcuni anni di esilio, Giuditta e Francesco nel 1865 tornano a Roma con nuove speranze. È stato proclamato il Regno d’Italia, e l’impegno patriottico li vede ancora in prima fila. Il padre di Giuditta, Giustino Tavani, ha ceduto il lanificio originario alla famiglia Ajani. Gli Arquati e gli Ajani diventano amici, e Francesco dirige il lanificio Ajani.
Proprio nel lanificio Ajani la coppia raccoglie armi per la sommossa popolare che dovrebbe fiancheggiare l’ingresso del corpo di spedizione garibaldino del 1867. È il 25 ottobre 1867, nei locali del lanificio si raccoglie una dozzina di patrioti per organizzare un piano. Insieme a Giuditta e Francesco ci sono due dei figli, Antonio, dodicenne, e Adelaide ancora piccola.
Il gruppo di cospiratori è stato individuato, probabilmente per una delazione, e alle porte del lanificio bussano i gendarmi. Giulio Ajani e altri patrioti, che al momento dell’irruzione si trovano in una casa vicina, vengono arrestati e incarcerati. Giuditta fa in tempo a nascondere la piccola Adelaide in una cesta da bucato, qualcuno lancia una bomba e comincia l’inferno: trecento zuavi danno l’assalto al lanificio. Gli insorti resistono inaspettatamente per ore, in attesa di aiuti che però non arrivano. Giuditta carica i fucili e incoraggia gli altri. Alla fine sono sopraffatti. Gli zuavi infieriscono con le baionette sul figlio Antonio, sul marito e su Giuditta, incinta. Tutti i presenti sono trucidati.
Carlo Ademollo, L'eccidio della famiglia Tavani Arquati, 1880, olio su tela, 27x44 cm,
Museo del Risorgimento, Milano
Attività
Osserva con attenzione il quadro di Carlo Ademollo e rispondi alle domande:
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Sono presenti gendarmi e zuavi: da che cosa riconosci gli zuavi? Da che cosa riconosci i gendarmi?
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Gli zuavi non appartenevano all’esercito pontificio. Da quale stato europeo provenivano? Perché si trovavano a Roma?
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Trovi normale che ci sia un sacerdote, un esponente della Chiesa romana, con i paramenti, a benedire i corpi della famiglia Arquati? Discutine con i compagni e l’insegnante.