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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
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Giolitti: una figura politica controversa e criticata
Giolitti fu indubbiamente un politico molto determinato e capace, artefice di molte riforme e provvedimenti importanti. Probabilmente proprio per questo ebbe, oltre a sostenitori fedeli, anche avversari e critici.
Fin dal 1892 una rivista romana di satira politica «L’Asino» fece di Giolitti uno dei bersagli preferiti dei propri articoli.
L’uomo politico era criticato per la differenza di atteggiamento verso il nord industriale e verso il sud agricolo.
Gli veniva contestata la «politica del doppio volto»: liberale e democratico al nord sia verso le richieste degli industriali sia verso le esigenze degli operai a cui aveva consentito di organizzarsi e scioperare.
Al contrario, si sosteneva, aveva represso le lotte contadine al sud, appoggiandosi ai prefetti, cioè ai funzionari che erano responsabili dell’ordine pubblico. L’accusa non era del tutto vera perché era stato Crispi a reprimere le lotte dei Fasci siciliani. D’altra parte Giolitti certo non consentiva alle tendenze autonomiste delle lotte siciliane, perché convinto sostenitore di uno stato unitario e monarchico.
Emigranti italiani
Era peraltro indubbio che durante i governi Giolitti la questione meridionale non era stata affrontata e, mentre al nord l’industrializzazione consentiva a masse di contadini espulsi dalle campagne almeno la possibilità di diventare operai di fabbrica, nel sud l’espulsione dalle campagne diventava emigrazione di massa. In effetti durante gli anni dei governi Giolitti l’emigrazione passò da fenomeno settentrionale, come era stato dal 1875 al 1900, a fenomeno soprattutto meridionale con quattro regioni coinvolte (Puglia, Calabria, Campania e Sicilia) da cui partirono quasi 3 milioni di persone su un numero complessivo di 9 milioni di emigranti.
Gravi furono anche le accuse del deputato socialista Gaetano Salvemini che nel 1910 bollò Giolitti quale «ministro della malavita», accusandolo di accettare, nei collegi elettorali del sud, l’alleanza con uomini compromessi con la malavita i quali facevano ricorso a brogli, intimidazioni e, nel complesso, a metodi malavitosi. Indubbiamente la scarsa strutturazione di partiti (tranne quello socialista) nell’Italia liberale rendeva spesso poco chiare le alleanze elettorali. Salvemini, secondo alcuni, attenuò il suo giudizio negativo, ma certo si era trattato di una critica durissima.