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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Gli stati preunitari: origine, restaurazione, moti liberali - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 Il Regno delle Due Sicilie - Pietro Colletta: la repressione del brigantaggio durante il regno di G. Murat

Pietro Colletta: la repressione del brigantaggio durante il regno di G. Murat

Pietro Colletta (1775-1831) è stato un patriota e generale italiano. Nel 1799 aderì alla Repubblica partenopea e, al ritorno di Ferdinando IV di Borbone fu imprigionato e condannato a morte. La famiglia corruppe alcuni giudici ed egli così sfuggì alla pena capitale. Al ritorno dei francesi divenne generale e aiutante di campo di Gioacchino Murat. Le grandi capacità gli valsero la conferma nel grado anche dopo la restaurazione dei Borboni, per i quali represse i moti separatisti siciliani del 1820. Alcuni alti funzionari e il capo della polizia però lo accusarono di idee liberali e ancora una volta fu condannato a morte, ma poi mandato in esilio in Moravia. Anche se gli fu concesso di rientrare a Napoli nel 1823 preferì restare nel Granducato di Toscana dove collaborò alla redazione della rivista «Antologia» e conobbe Giacomo Leopardi, Niccolò Tommaseo e altri importanti intellettuali dell’epoca. Si dedicò agli studi letterari e storici. Scrisse un importante saggio, Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825, nel quale esprime anche motivate critiche ai provvedimenti di Murat. Il saggio fu pubblicato postumo nel 1834. I brani che seguono sono appunto tratti dal suo saggio e danno una chiara idea della ferocia con cui già durante il regno di Gioacchino Murat il brigantaggio venisse represso, nonostante le idee libertarie nate con la Rivoluzione francese e diffuse in tutta Europa dalle armate francesi. 

 

 


XXVII. Mentre il re stava in Calabria con molta parte dell’esercito, quelle stesse province e le altre del regno erano sempre mai travagliate dal brigantaggio [...]
 
Gioacchino poi che vidde possibile ogni delitto a’ briganti, fece legge che un generale avesse potere supremo nelle Calabrie su di ogni cosa militare o civile per la distruzione del brigantaggio. Il generale Manhès, a ciò eletto, passò il seguente ottobre in apparecchi, aspettando che le campagne s’impoverissero di frutta e foglie, aiuti a’ briganti per alimentarsi e nascondersi; e dipoi palesò i suoi disegni. Pubblicate in ogni comune le liste de’ banditi, imporre a’ cittadini di ucciderli o imprigionarli; armare e muovere tutti gli uomini atti alle armi; punire di morte ogni corrispondenza co’ briganti, non perdonata tra moglie e marito, tra madre e figlio; armare gli stessi pacifici genitori contro i figli briganti, i fratelli contro i fratelli; trasportare le gregge in certi guardati luoghi; impedire i lavori della campagna, o permetterli col divieto di portar cibo; stanziare gendarmi e soldati ne’ paesi, non a perseguire i briganti, a vigilare severamente sopra i cittadini.
[...] Undici della città di Stilo, donne e fanciulli (poiché i giovani robusti stavano in armi perseguitando i briganti), recandosi per raccorre ulivi ad un podere lontano, portavano ciascuno in tasca poco pane, onde mangiare a mezzo del giorno e ristorare le forze alla fatica. Incontrati da’ vigilatori gendarmi, dei quali era capo il tenente Gambacorta (ne serbi il nome la istoria), furono trattenuti, ricercati sulla persona, e poiché provvisti di quel poco cibo, nel luogo istesso, tutti gli undici uccisi. Non riferirò ciò che di miserevole disse e fece una delle prese donne per la speranza, che tornò vana, di salvare, non sé stessa, ma un figliuolo di dodici anni.
 
[...] Nel bosco di San Biase nacque di donna che fuggiva col marito brigante, un bambino; e perché intoppo al fuggire, e con gl’innocenti vagiti denunziatore del luogo che nascondeva i genitori, la madre portandolo di notte nella città di Nicastro destò un’amica, le consegnò piangendo il figliuolo, e tornò al bosco. Ne’ dì seguenti saputo il fatto, il generale Manhès prese del bambino provvida cura, ma la pietosa nutrice fu per castigo uccisa. E qui mi arresto, ché l’animo non basta a narrare altri fatti i quali certificarono delle orribili minacce del generale essere l’adempimento certo, inflessibile, maggiore.
 

[...] Benincasa, capo dei briganti, da’ suoi tradito, legato mentre dormiva, nel bosco di Cassano, fu menato in Cosenza; e ’l general Manhès comandò che gli si mozzassero ambe le mani, e, così monco, portato in San Giovanni in Fiore, sua patria, fusse appeso alle forche: crudel sentenza, che quel tristo intese sogghignando di sdegno. Gli fu prima recisa la destra, ed il moncone fasciato, non per salute o pietà, ma perché non tutto il sangue uscisse dalle troncate vene, essendo riserbato a più misera morte. Non die’ lamenta; e, poi che vidde compiuto il primo uffizio, adattò volontario il braccio sinistro su l’infame palco, e mirò freddamente il secondo martirio, e i due, già suoi, troncati membri lordi sul terreno, e poi legati assieme per le dita maggiori, appesigli sul petto. Spettacolo fiero e miserando. Ciò fu a Cosenza. Nel giorno istesso impreso a piede il cammino per S. Giovanni in Fiore, le scorte tra via riposarono; e di esse una offrì cibo a quel sofferente, che accettò, ed imboccato, mangiò e bevve, né solo per istinto di vita, ma con diletto. Giunse in patria, e nella succedente notte dormì; al dì vegnente, vicina l’ora del finale supplizio, ricusò i conforti della religione; salì alle forche non frettoloso né lento, e per la brutale intrepidezza morì ammirato. 
 


Da Colletta P., Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825, in: http://www.liberliber.it, pp. 256-258.    

 

Guida alla Lettura  

    
1) Sottolinea nel testo e trascrivi le manifestazioni di particolare ferocia nei tre episodi citati da Pietro Colletta.

   
2) Per quale motivo secondo te vengono attuate manifestazioni di così marcata ferocia?

  • per odio personale del generale Manhès;

  • perché il generale Manhès è francese e non capisce la lingua locale;

  • per scoraggiare la popolazione e impedirle di appoggiare i briganti.

   
3) Quali emozioni prova Pietro Colletta nel riferire i tre episodi? Evidenzia e trascrivi le frasi che ti fanno capire le sue emozioni e il suo giudizio.

   
4) Secondo te la ferocia usata servì ad allontanare la popolazione dai briganti? Quali sentimenti contraddittori suscita il brigante Benincasa? Evidenzia e trascrivi le frasi che te li fanno capire.

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