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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Gli stati preunitari: origine, restaurazione, moti liberali - 3 SOGGETTI E PROTAGONISTI - Santorre di Santarosa, un patriota cosmopolita
Santorre di Santarosa, un patriota cosmopolita
Santorre Annibale Derossi, conte di Pomerolo, signore di Santa Rosa (più noto come Santorre di Santarosa) nacque nel 1783 a Savigliano, in Piemonte, da una famiglia nobile e di tradizioni militari. A soli tredici anni si arruolò nell’esercito regio e combatté, a fianco del padre, contro l’armata guidata da Bonaparte. Dopo essersi laureato all’Università di Torino, si avvicinò all’attività politica, venne eletto sindaco del suo paese natale e, entrato nell’amministrazione pubblica nel periodo napoleonico, vi ricoprì incarichi importanti che mantenne anche con la Restaurazione e con il ritorno della monarchia sabauda: sottoprefetto a La Spezia dal 1812 al 1814 con i francesi e ispettore del ministero della Guerra e Marina, addetto alle leve provinciali, sotto i Savoia, dal 1816.
Avvicinatosi alla Carboneria, cominciò a elaborare l’idea che il Regno sabaudo, dotandosi di una Costituzione, potesse guidare una campagna di unificazione nazionale, liberando i territori italiani dalla dominazione straniera, soprattutto dagli austriaci. Questo progetto sembrò potersi concretizzare nei moti del 1821. In tale occasione i generali ribelli, che guidavano l’insurrezione dei presidi militari di Alessandria, Vercelli e Torino, si pronunciarono a favore di una Costituzione simile a quella spagnola del 1812, ma Vittorio Emanuele I non la concesse e preferì abdicare a favore del fratello Carlo Felice e, in sua assenza, nominò reggente Carlo Alberto, incaricandolo di trattare con gli insorti.
Carlo Alberto, assunto l'incarico, concesse la Costituzione e nominò Santorre di Santarosa ministro della Guerra del governo provvisorio.
Santorre di Santarosa come è rappresentato nella statua eretta nella piazza centrale di Savigliano, suo paese natale. Veste l’abito di ministro di Guerra, nella mano sinistra tiene un documento, la Costituzione del 13 marzo 1821, la destra è appoggiata sull'elsa della spada dalla quale pende una corona d'alloro; ai suoi piedi stanno il berretto greco e la scimitarra. La statua riporta su tutti e quattro i lati iscrizioni attribuite al patriota Niccolò Tommaseo
Ma il ritorno di Carlo Felice, i tentennamenti del reggente, i dissidi interni ai carbonari e l’intervento dell’esercito austriaco fecero fallire l’insurrezione e costrinsero il conte piemontese a riparare all’estero: dapprima in Svizzera, a Ginevra, e poi a Parigi dove, pur vivendo sotto falso nome e senza mezzi, riuscì a comporre e pubblicare la sua unica opera organica, La révolution piémontaise.
Preziose in questo esilio gli furono la compagnia di Luigi Ornato, che preferì seguire «il suo maestro», pur avendo la possibilità di rimanere in Piemonte con la sua famiglia, e l’amicizia sincera del filosofo Victor Cousin che lo difese a spada tratta dall’accusa di cospirazione contro il governo francese e lo ospitò in casa sua a Auteuil. Il processo non riuscì a dimostrare l’accusa di cospirazione per insufficienza di prove, ma Santarosa venne ugualmente espulso dalla Francia e fu costretto a riparare in Inghilterra.
A Londra il conte visse uno dei periodi più amari del suo esilio, nonostante l’amicizia con un altro profugo piemontese, Giacinto Collegno, e l’incontro e la condivisione degli ideali patriottici con altri due insigni transfughi italiani: Ugo Foscolo e Giovanni Berchet.
In ristrettezze economiche e sentendosi escluso dalla buona società londinese, Santarosa si trasferì a Nottingham, dove riuscì a trovare un’occupazione come professore di lingua italiana e, nel contempo, cominciò a coltivare l’idea di combattere per la libertà e l’indipendenza della Grecia, finché, avuta assicurazione di un incarico rilevante in quella guerra, lasciò l’Inghilterra il 10 novembre 1824, sbarcando due settimane dopo sulle coste del Peloponneso, insieme al fido Giacinto Collegno.
Ma il governo greco, nonostante le sue ripetute richieste, non gli affidò alcun incarico. Allora il conte decise di partecipare alla guerra nel solo modo che gli era consentito: come soldato semplice e con il nome di Annibale Derossi.
Dopo aver preso parte agli scontri di Patrasso, Santarosa venne inviato con un centinaio di compagni in rinforzo alle truppe greche che difendevano dall’assalto dei turchi l’isola di Sfacteria, dove morì combattendo l’8 maggio 1825. Il cadavere non fu più ritrovato.
L’amico Victor Cousin lo esaltò, in un articolo diventato famoso, come il simbolo romantico dell’eroe che pur «sconfitto, e per di più in terra straniera, aveva fecondato col suo sangue quel germe di libertà e di indipendenza che in Italia doveva germogliare e svilupparsi soltanto qualche decennio più tardi».
Guida alla Lettura
1) Come è rappresentato Santarosa nella statua eretta in suo onore a Savigliano? Quali elementi della sua biografia sono riconoscibili? Descrivili e collocali nel suo percorso di vita.
2) Osserva ora il ritratto: a chi è intitolato? Che tipo di abito indossa Santarosa? Quali differenze noti fra le due rappresentazioni e come te le spieghi?