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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 3 SOGGETTI E PROTAGONISTI - Giolitti: da un discorso agli elettori del 1889

Giolitti: da un discorso agli elettori del 1889

Il discorso di cui sono riportati alcuni brani venne pronunciato da Giolitti in uno dei comuni del suo collegio elettorale. Oltre a costituire la base programmatica delle elezioni imminenti, il discorso delinea le sue idee politiche di lungo periodo. 


[...] L’Italia si trova all’inizio di un nuovo periodo della sua vita politica, l’opinione pubblica profondamente turbata, i partiti estremi forti e audaci quali non furono mai dalla costituzione del Regno d’Italia in poi, i nuovi problemi che si affacciano, le nuove correnti popolari che entrano nella vita politica; la crisi che subiscono le istituzioni parlamentari, tutto rivela l’inizio di un periodo di profonde trasformazioni. [...]  

In Italia, paese di salari bassissimi, i generi di prima necessità sono tassati più che in qualsiasi altro paese del mondo; il complesso delle imposte è giunto a tale altezza da  costituire talora una vera confisca della proprietà; le imposte colpiscono più gravemente i poveri che i ricchi; siamo il paese che ha un debito pubblico più alto in proporzione delle sue ricchezze; [...] la piccola proprietà  oppressa in modo ingiusto comincia in alcune province a scomparire; [...] l’istruzione elementare è insufficiente, la secondaria e la universitaria così organizzate da costituire vere fabbriche di spostati; [...]

Ma quale deve essere il nostro indirizzo?

Due sistemi stanno di fronte.  

L’uno, quello del partito reazionario, che consiste nel rifiutare qualsiasi concessione e opporre ai malcontenti la forza diminuendo le pubbliche libertà e accrescendo i mezzi di repressione.  

L’altro, quello del partito liberale, che consiste nel dare soddisfazione ai desideri della grande maggioranza del paese, e così togliere, o almeno attenuare, per quanto può dipendere dalle leggi e dai metodi del governo, le cause del pubblico malcontento. [...]  

Quanto alla distribuzione delle imposte, quale discordanza  tra il nostro sistema tributario e la disposizione dello Statuto il quale vuole che i cittadini contribuiscano in proporzione dei loro averi! Basta considerare quali enormi somme siano prelevate sui consumi necessari alla vita, per comprendere che da noi il contadino, l’operaio, il piccolo proprietario pagano in proporzione dei figli che hanno da mantenere, ossia in una ragione che cresce col crescere della loro miseria. [...] Oramai nessuno più nega l’esistenza di tale ingiustizia, nessuno nega che l’aliquota complessiva delle imposte sui piccoli redditi è maggiore di quella che colpisce i grandi redditi; ma i più si rifiutano di portarvi rimedio, dicendo che la finanza non presenta margine per uno sgravio, e perciò non si potrebbe diminuire le imposte ai poveri senza accrescerle ai ricchi. [...] Alla piccola proprietà sono pure fatali le tasse di successione [...]: sarebbe giustizia  e saviezza di governo esentare  da tasse di successione la piccola proprietà, e risarcire la finanza con un lieve aumento di tassa sulle successioni maggiori. Il principio della progressione nelle tasse di successione è in vigore dal 1881 in un paese conservatore come l’Inghilterra, e noi continuiamo a considerarlo come un principio rivoluzionario! [...]  

L’Italia deve essere governata con la libertà e la legalità, e può esserlo senza pericolo quante volte abbia un governo che non si metta al servizio di ristrette consorterie, ma che guardando ai soli grandi interessi della patria, si proponga come fine la giustizia per tutti, [...] la cura affettuosa delle classi più numerose della società, delle quali è urgente migliorare  le condizioni economiche intellettuali e morali, se si vuol evitare che cominci un periodo di pericolose agitazioni sociali.  

Non è fenomeno speciale dell’Italia, ma comune a tutti i popoli civili, quello di una profonda trasformazione delle correnti politiche, del prevalere delle quistioni economiche, di una influenza crescente delle classi popolari. Queste classi hanno acquistata la coscienza dei loro diritti e della loro forza, e tale coscienza non vi è legge reazionaria, non vi è prepotenza di governo che possa toglierla; io credo  codesta coscienza un bene, perché rende impossibili molte ingiustizie e costringe i governi a preoccuparsi delle condizioni delle classi più numerose; ma anche coloro che la credono un male, devono tenerne calcolo e procurare che quella forza, la quale fra poco sarà irresistibile, sia volta al bene del paese; a tale scopo è necessario mantenere quella forza nell’orbita legale facendo sì che il governo sia e apparisca [appaia] in tutti i suoi atti il tutore delle classi popolari, il difensore dei loro diritti  e dei loro legittimi interessi. [...] 

 
Discorso agli elettori di Busca, del collegio di Dronero, 29 ottobre 1899, citato da: Capurso A. (a cura di), I discorsi che hanno cambiato l’Italia. Da Garibaldi e Cavour a Berlusconi e Veltroni, Arnoldo Mondadori editore, Milano 2008, pp. 69-80.

 

 

Guida alla Lettura  

 

1) Quali sono i due opposti orientamenti  della politica italiana secondo l’analisi di Giolitti?
 
2) In quale di questi orientamenti o schieramenti egli si riconosce?
 
3) Come valuta il sistema di tassazione in Italia? Chi ne viene danneggiato e chi se ne avvantaggia? Che tipo di riforma si ripromette per il suo governo?
 
4) Quale giudizio dà delle rivendicazioni delle classi popolari  e quali espressioni usa  per descriverle e per descrivere la politica che è, secondo il suo giudizio, necessaria verso queste classi? 
 
5) Quali sono i principi e gli scopi che dovrebbero guidare il governo per i provvedimenti  relativi alla politica sociale? Cosa fece in effetti Giolitti, una volta nominato presidente del Consiglio, per le «classi più numerose»?
Puoi consultare l’unità Giolitti e la sua politica nell’Italia postunitaria fra XIX e XX secolo.

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