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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMI, EVENTI - 2.6 Fare gli italiani - La mafia, l'industria della violenza (G. Ruffolo)
La mafia, l’industria della violenza (G. Ruffolo)
Secondo Giorgio Ruffolo un capitalismo di tipo mafioso si insediò al Sud immediatamente dopo il raggiungimento dell’unità. Nel passo seguente lo storico ci illustra come si sviluppò in Sicilia nel settore della produzione di agrumi.
Agrumeto in Sicilia
[…] La mafia nasce, nell’età moderna, contemporaneamente allo sviluppo del capitalismo, e ne assume in pieno la logica suprema dell’accumulazione. Il suo “specifico” è che pone al servizio di quel fine autenticamente moderno metodi di una società primordiale e violenta. Ed è proprio questa la ragione del suo successo: inserire nel mercato e nel contratto la forza della sopraffazione. Mettere al servizio del profitto la paura e la violenza. […]
Chi ha inteso la mafia come un rigurgito, una resurrezione d’istituzioni e relazioni “feudalistiche” si è sonoramente sbagliato. Lo sviluppo industriale che, secondo quell’interpretazione, avrebbe dovuto travolgerla è stato il suo brodo nutriente.
È proprio negli anni di cui ci stiamo occupando, dell’ultimo scorcio del XIX secolo, che si compie in Sicilia quella che potremmo definire una rivoluzione capitalistica mafiosa. Le pendici incantevoli della Conca d’Oro di Palermo […] hanno visto fiorire proprio in quel tempo il capitalismo mafioso. La produzione intensiva di agrumi era alimentata da un’eccezionale domanda inglese e americana. La marina britannica utilizzava i limoni per combattere lo scorbuto.
Dal 1840 erano arrivati nei frutteti di Palermo anche i produttori di tè, avidi di quell’olio di bergamotto che è essenziale per dare aroma alla famosa miscela Earl Grey. I proprietari di quei frutteti erano stati soverchiati dalla domanda di migliaia di casse destinate ai porti di Londra o di New York. Ma non furono essi a beneficiarne. Tra loro e i consumatori si era inserita una nuova classe, quella dei gabellotti. I gabellotti avevano cominciato spesso come sorveglianti e custodi di tutta la complessa rete d’intermediari che dovevano assicurare il difficile svolgimento delle fasi della coltivazione, la manutenzione e la raccolta di questa produzione specializzata e delicatissima: campieri, curatoli, fontanieri. L’interesse dei gabellotti consisteva, ovviamente, nel comprare al prezzo più basso possibile dai proprietari, per vendere al più alto agli importatori. Si valevano per questo delle pressioni più persuasive, la minaccia e la violenza, nei riguardi dei proprietari e degli intermediari subalterni, per imporre le loro condizioni e i loro prezzi. A questo scopo si servivano delle cosche mafiose, delle quali non di rado facevano parte. Non erano pochi i “signori” che finivano per cedere le loro proprietà ai gabellotti, che diventavano così una nuova classe, una borghesia mafiosa. Non era sempre possibile stabilire chi, in questo rapporto, stesse sopra e chi sotto. I gabellotti avevano bisogno dei mafiosi, e viceversa.
Ciò che è certo è che, in Sicilia e nelle altre zone del Mezzogiorno, dove attecchirono in tempi diversi organizzazioni di tipo mafioso, come la camorra in Campania, la ’ndrangheta in Calabria, la Sacra corona unita in Puglia, lo Stato centrale perse la sua prerogativa essenziale: il monopolio della forza.
Esso finì, nelle zone nelle quali non era più monopolista a venire a patti con i poteri rivali. Talvolta, le frequenti forme di collusione e corruzione di esponenti del potere politico – deputati, magistrati, poliziotti – trascendono il malcostume privato, rivelando una vera e propria “redistribuzione” del potere, tra pubblico e privato.
Da Ruffolo G., Un paese troppo lungo. L’unità nazionale in pericolo, Einaudi, Torino 2009, pp. 170-172.
Guida alla Lettura
1) Spiega con parole tue chi erano i gabellotti e quale ruolo ebbero nella nascita e nello sviluppo di un capitalismo mafioso.
2) In quali altre zone del Mezzogiorno, oltre che in Sicilia, si formarono o si svilupparono associazioni mafiose dopo l’unità d’Italia?
3) Che cosa significa che nelle zone in cui prosperavano organizzazioni mafiose «lo Stato centrale perse la sua prerogativa essenziale: il monopolio della forza»? Quali conseguenze comportò questo fatto?
4) Che cosa sai delle organizzazioni mafiose di oggi? In quali zone del paese sono insediate? La situazione è simile a quella degli ultimi decenni del secolo XIX o è diversa?