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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMI, EVENTI - 2.6 Fare gli italiani - L'ultimo viaggio del commendator Notarbartolo, un affare mafioso (S. Vassalli)

L'ultimo viaggio del commendator Notarbartolo, un affare mafioso (S. Vassalli)

È il 1° febbraio del 1893. Il commendator Emanuele Notarbartolo si appresta a tornare in treno alla sua casa di Palermo
da Sciara, dove si è recato a curare i suoi affari. Alla stazione d’arrivo lo attenderanno la moglie e una delle figlie, come
sempre. Ma questo viaggio non è come tutti gli altri.

 

Un breve fischio, uno strappo, un cigolio lungo di ferraglia sotto i piedi dei viaggiatori e l’accelerato per Palermo si rimise
in moto, stridendo e scricchiolando in tutte le connessioni delle sue carrozze vetuste, mentre dalla locomotiva lontana
giungeva l’ànsito del vapore imprigionato nella caldaia e mentre il tonfo dei pistoni si faceva sempre più rapido e
convulso, a mano a mano che il treno acquistava velocità. Il commendator Emanuele Notarbartolo si sedette e quasi si sdraiò sul divano di velluto rosso dello scompartimento di prima classe di cui era l’unico occupante, dopo averne alzato uno dei bracciuoli. Si sentì stanco, ma soddisfatto. […] Guardò fuori, per vedere dov’era: ma il vetro del finestrino, rigato trasversalmente dalla pioggia e quasi opaco, gli lasciò scorgere soltanto vaghe ombre di fichidindia, muricce e canneti che balzavano incontro al viaggiatore e immediatamente sparivano, nell’estrema luce di una giornata grigia e piovosa che ormai stava per lasciare il posto alla notte. […]
Tornò ad appoggiarsi al velluto rosso del sedile, lasciando che le gambe e le braccia e anche la testa si muovessero e
sobbalzassero al ritmo del treno, nella penombra dello scompartimento. […]
La vettura sobbalzò sugli scambi. Avvicinandosi la stazione di Cerda, si udì il rumore lancinante dei freni che si
stringevano intorno ai ceppi delle ruote; si videro le case di là della strada e i marciapiedi lucidi di pioggia con le ombre
scure dei viaggiatori che aspettavano il treno riparandosi sotto i cappucci degli scappulari o sotto gli ombrelli.

Infine, il treno si fermò in una nuovola di vapore bianchissimo e il commendator Notarbartolo, continuando a guardare fuori dal finestrino, ebbe modo di assistere ad un piccolo episodio, che lo sorprese e lo incuriosì. Un uomo alto e barbuto, con gli occhiali, s’avvicinò allo scompartimento dov’era lui, con la mano alzata per aprire lo sportello; e l’avrebbe certamente aperto, e sarebbe salito, se un ferroviere che era sul marciapiedi non gli avesse fatto segno di salire nello scompartimento a fianco, dicendogli anche alcune parole che Notarbartolo non poté sentire a causa del frastuono della locomotiva. Per quanto insignificante, la vicenda lo lasciò sconcertato. Da quando in qua – si chiese il commendatore – i controllori delle ferrovie hanno questo potere, di far viaggiare i passeggeri negli scompartimenti che vogliono loro? Chi paga il biglietto è libero di sedersi dove gli pare e piace! Ma il convoglio si rimise in moto con il suo solito rumore di sportelli sbattuti e di ferraglia sottoposta a sforzi intollerabili, […].
A poco a poco, e senza quasi che lui se ne fosse reso conto, il buio fuori dei finestrini si era venuto riempiendo e il treno
si era venuto riempiendo di rumori. Una voce aveva gridato di vagone in vagone: «Termini Imerese!, Termini Imerese!»,
e poi si erano visti i fanali della stazione, e la tettoia di ferro, […]. Nella stazione di Termini, di solito, la sosta durava non meno di venti minuti perché i ferrovieri dovevano unire i due treni per Palermo, quello che veniva da Catania e quello che veniva da Messina, […]. Il commendator Notarbartolo si alzò, mosse qualche passo nello scompartimento per sgranchirsi le gambe. Guardò fuori dal finestrino e si sorprese di vedere, fermo sulla banchina, quello stesso controllore che a Cerda aveva dirottato l’uomo con gli occhiali verso un’altra parte del treno: stava là con in mano la lanterna delle segnalazioni, e sembrava che montasse la guardia alla carrozza di prima classe. Notarbartolo abbassò il finestrino.
Disse: «Ehi, voi!»
Il controllore si voltò. Era un uomo sui trentacinque anni, magro e basso di statura, con due baffetti sottili e un’espressione del viso tra losca e stupita, come di chi sia stato sorpreso a fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare!
Guardò il viaggiatore che l’aveva chiamato e poi guardò dietro di sé, verso la stazione, per sincerarsi che quello non stesse parlando con un’altra persona.

«Con quanto ritardo arriveremo a Palermo?», chiese Notarbartolo.
L’uomo in divisa sembrava impaurito. Cercò nel taschino l’orologio: lo fissò a lungo, come se avesse difficoltà a leggere le ore.

«Partiremo tra dieci minuti, – disse infine, senza guardare in viso il destinatario dell’informazione. – Saremo a Palermo verso le sette».

Il commendatore avrebbe voluto chiedergli ancora qualcosa, circa quel tale che era salito a Cerda; ma si sentì il fischio della locomotiva che agganciava le carrozze provenienti da Messina e l’intero convoglio sussultò, si spostò in avanti d’alcuni metri. […]
Quel viaggio aveva incominciato ad innervosirlo, e si domandò che cosa si aspettasse il capostazione a fischiare la
partenza, ora che le carrozze da Messina erano state attaccate: perché non si cercava di recuperare almeno un poco
del ritardo accumulato fino a quel momento?

Attraverso il vetro, vide che il ferroviere era rimasto fermo sotto la tettoia e che stava parlando con un altro uomo: un frenatore, con il berretto azzurro da operaio delle ferrovie e due grandi baffi a manubrio. L’operaio indicava qualcosa in direzione delle sale d’aspetto e il controllore, a giudicare dai gesti, gli stava dicendo di avere pazienza: bisognava aspettare... Poi tutt’e due si voltarono verso la carrozza di prima classe, e soltanto quando si accorsero di essere a loro volta osservati fecero finta di guardare gli uomini del servizio postale, che passavano di lì proprio in quel momento.

Cosa stava succedendo? Una percezione improvvisa e acuta di pericolo attraversò come un lampo la mente del commendator Notarbartolo: ma non c’era nessun pericolo lì attorno, c’erano soltanto le grida cadenzate dei venditori di lupini e di frittelle, la monotonia della pioggia, le réclames, i fanali a gas... Quando la campanella che annunciava la partenza dei treni incominciò a suonare, il capostazione uscì dal suo ufficio sotto la tettoia e si diresse verso la locomotiva. Sbuffando come sempre, il treno si mosse; allora dalla sala d’aspetto di prima classe vennero fuori due uomini vestiti di scuro con i cappelli rigidi calcati fin sopra le orecchie, e Notarbartolo capì subito che erano i suoi assassini. Li guardò con gli occhi dilatati dal terrore mentre si dirigevano verso il treno che gli sfilava davanti, affrettando il passo, ma senza correre; vide il controllore che gli indicava lo scompartimento – il suo scompartimento! – e poi anche vide lo sportello che si apriva e i due uomini che entravano nella luce azzurrata. Uno dei due, l’uomo più grasso con la faccia deturpata dal vaiolo, si buttò a sedere sul divano di fronte a lui e lo guardò come se avesse voluto valutare la resistenza che gli avrebbe opposto all’atto d’essere scannato. L’altro uomo, invece, quello con la faccia larga e gli occhi incavati, dopo aver chiuso lo sportello restò in piedi davanti al finestrino e gli voltò le spalle, mentre il treno sferragliava nell’intrico di scambi e di binari lucidi di pioggia e superava uno dopo l’altro gli ultimi fanali a gas dello scalo ferroviario, avviandosi, senza possibilità di ritorno, verso il buio della notte e dell’aperta campagna...
Notarbartolo era solo e disperato, come ogni uomo è solo e disperato di fronte alla morte. Gridare non gli sarebbe
servito a niente, perché se anche gli altri viaggiatori l’avessero sentito, non avrebbero potuto aiutarlo: la carrozza in cui
si trovava, infatti, era composta di tre grandi scompartimenti isolati l’uno dall’altro e accessibili soltanto dall’esterno del
treno. […]
La locomotiva, ormai, aveva acquistato velocità. Subito dopo il ponte sul fiume San Leonardo c’è una galleria e il treno
per Palermo ci si buttò a capofitto, fischiando come un demonio e riempiendola di vapore. Allora l’uomo che fino a quel momento era rimasto in piedi davanti al finestrino si voltò, fece cenno all’altro che tirò fuori dalla giacca un feddapani (coltello per affettare il pane) con la lama seghettata e lunga più di venti centimetri. Notarbartolo si slanciò verso il portabagagli per prendere il fucile e quel gesto probabilmente gli costò la vita, perché la prima coltellata lo raggiunse all’addome mentre ancora aveva tutt’e due le braccia sollevate sopra la testa; s’aggrappò alla reticella, che si ruppe, e crollò in avanti. […] le sue gambe si piegarono, i suoi occhi si rovesciarono e non videro più niente.

 

Da Vassalli S., Il cigno, Einaudi, Torino 1993.

 
 
 
 
 
 
 

Guida alla Lettura


1) Descrivi brevemente il protagonista del brano, ricordando la sua condizione sociale, le sue attività, le sue abitudini (alcune delle quali sono sintetizzate nell’introduzione) ecc.


2) Assieme a Notarbartolo e ai suoi assassini, sembra quasi che un altro personaggio del testo sia il treno e tutto quello che attorno a esso si muove. Raccogli le informazioni contenute nel brano che riguardano il trasporto ferroviario di fine XIX secolo e descrivi brevemente come funzionava la locomotiva, com’erano organizzati e arredati i vagoni, com’erano illuminate le stazioni ecc.


3) Osserva ora la tecnica narrativa dell’autore. Egli in un certo senso “avverte” il lettore che il viaggio del commendatore non sarà come gli altri. Ricerca nel testo le “stranezze” che vengono via via evidenziate e riportale sul foglio di appunti, numerandole (per esempio, perché al viaggiatore con gli occhiali e con la barba viene consigliato di salire in un altro scompartimento?).


4) L’autore descrive il personaggio in terza persona attraverso “una voce narrante”. Ma fra l’autore, il narratore, il protagonista (il commendatore Notarbartolo) e il lettore, chi ti sembra che sia al corrente di quello che sta per succedere?


5) L’abilità di uno scrittore sta nel far calare il lettore nei panni dei suoi personaggi. Tu, in chi ti identifichi? Perché cominci a sentir disagio a un certo punto della narrazione? In che modo l’autore riesce a realizzare un clima di suspense? Come lettore, quale punto di vista nello svolgersi dei fatti ti trovi ad assumere?

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