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L’impianto manualistico serve poco
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Bersaglieri e corazzieri
Fare l'Italia, fare gli italiani
Il processo di unificazione nazionale
Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Le donne nel Risorgimento - 3 CULTURA E POLITICA - Le donne tra analfabetismo e istruzione
Le donne tra analfabetismo e istruzione
Sappiamo che l’analfabetismo, predominante tra gli uomini dei ceti popolari, era ancora più marcato tra le donne. Possiamo domandarci se, almeno nei ceti borghesi e aristocratici, le donne avessero maggiori opportunità per studiare e avere accesso alla cultura.
Nei primi decenni dell’Ottocento le donne del popolo erano in gran parte analfabete, soprattutto nelle campagne, ma anche nelle città. C’erano in Italia delle situazioni più avanzate, come nel Lombardo-Veneto o nel Granducato di Toscana, dove i governi erano stati influenzati dalle idee illuministe, ma l’istituzione di scuole pubbliche, peraltro poche, era pensata soprattutto per i maschi. Anche la Chiesa, sia nelle parrocchie urbane che in quelle rurali, quando, accanto al tradizionale insegnamento del catechismo, istituiva delle scuole, le destinava soprattutto ai maschi. La situazione cambiò lentamente, in relazione alla crescita dell’industrializzazione e al connesso sviluppo dei servizi che richiedevano un’alfabetizzazione di base. Questo sviluppo si può collocare negli ultimi decenni dell’Ottocento, dopo l’unificazione d’Italia.
Con la legge Casati del 1860, che rendeva obbligatori i primi due anni di scuola elementare sia per i maschi che per le femmine, ebbe inizio un miglioramento dell’istruzione femminile, anche se la mancanza di sanzioni per i genitori che non rispettavano tale obbligo rendeva poco efficace il provvedimento. La legge Coppino nel 1877 rese l’istruzione di base obbligatoria per tre anni e introdusse sanzioni per gli evasori.
Federico Faruffini, La lettrice, 1864
Un ruolo importante ebbero le donne della borghesia e dell’aristocrazia, più aperte e sensibili agli ideali risorgimentali, che li interpretarono anche come spinta alla libertà e al progresso. Spesso queste donne divennero protagoniste di iniziative filantropiche a favore dell’istruzione e della formazione professionale delle donne dei ceti più umili. Cristina Belgioioso, per esempio, nelle sue terre di Locate di Triulzi, già a metà degli anni quaranta diede vita a un asilo per la cura e l’educazione dei bambini più piccoli, che vivevano abbandonati a se stessi perché genitori e fratelli lavoravano tutto il giorno. Istituì anche scuole elementari per bambini e bambine, due scuole professionali (una per maschi e una per femmine) e una scuola di lavori femminili. In Piemonte, Juliette Colbert di Barolo, la contessa che ospitò e assunse Silvio Pellico dopo gli anni trascorsi nel carcere dello Spielberg, aveva avviato un asilo già negli anni venti, e una scuola per fanciulle negli anni trenta. Qualche anno prima aveva fondato una scuola per le fanciulle costrette alla prostituzione dalla miseria. Molte altre donne dei ceti colti e benestanti indirizzarono le proprie energie in iniziative di istruzione femminile e di cura dei bambini negli ultimi due decenni dell’Ottocento.