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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il completamento dell’unità e la costruzione dello Stato - 2 SPAZI, TEMPI,  EVENTI - 2.2 Il Sud: brigantaggio, rivolte, nuovi poteri/padroni - Immagini del brigantaggio nell'inchiesta Massari

Immagini del brigantaggio nell’inchiesta Massari

Alla fine del 1862 venne istituita una commissione parlamentare guidata da Giuseppe Massari, per indagare sulle cause
del brigantaggio e della camorra. L’obiettivo era quello di rivedere le conclusioni a cui era arrivata una precedente
inchiesta, guidata dal deputato lombardo Antonio Mosca, che aveva sostenuto che il brigantaggio dell’Italia meridionale
era una vera e propria rivolta dei contadini poveri contro la borghesia terriera che aveva usurpato arbitrariamente le
terre demaniali, per cui l’unico modo per fermare la rivolta era togliere la terra agli usurpatori e darla ai contadini che ne
avevano diritto. Questa conclusione non poteva essere gradita al Parlamento dove i deputati meridionali, moderati o
democratici, erano essi stessi usurpatori delle terre demaniali.

La commissione Massari quindi doveva arrivare a un risultato diverso e per questo furono ascoltati solo i “galantuomini” filogovernativi e i fiancheggiatori dei briganti, ma non i briganti prigionieri, le vedove e le madri di quelli uccisi, il popolo del Sud. Il risultato della commissione fu che i briganti erano solo delinquenti comuni istigati dai sostenitori dei Borboni e dalla Chiesa che si approfittavano dell’ignoranza, fanatismo e superstizione religiosa degli abitanti nelle campagne
meridionali per restaurare a Napoli l’antico regime. Nessun cenno fu fatto, invece, agli errori e alle prepotenze dei
vincitori piemontesi come possibile causa della rivolta popolare. Per questo la commissione propose rimedi immediati
solo di tipo repressivo, anche se ammise che fossero necessari rimedi a lunga scadenza per la popolazione come
alfabetizzazione, lavori pubblici, nuove vie di comunicazione ecc.
Quelli che seguono sono brani della relazione della commissione che fu letta al Parlamento il 4 maggio 1863.


Il sistema feudale spento dal progredire della civiltà e dalle prescrizioni delle leggi ha lasciato una eredità che non è ancora totalmente distrutta: sono reliquie d’ingiustizie secolari che aspettano ancora ad essere annientate. I baroni non sono più, ma la tradizione dei loro soprusi e delle loro prepotenze non è ancora cancellata, ed in parecchie delle località che abbiamo nominate l’attuale proprietario non cessa dal rappresentare agli occhi del contadino l’antico signore feudale. Il contadino sa che le sue fatiche non gli fruttano benessere né prosperità; sa che il prodotto della terra innaffiata dai suoi sudori non sarà suo; si vede e si sente condannato a perpetua miseria, e l’istinto della vendetta sorge spontaneo nell’animo suo. L’occasione si presenta; egli non se la lascia sfuggire; si fa brigante; richiede vale a dire alla forza quel benessere, quella prosperità che la forza gli vieta di conseguire, ed agli onesti e mal ricompensati sudori del lavoro preferisce i disagi fruttiferi della vita del brigante. Il brigantaggio diventa in tal guisa la protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche secolari ingiustizie. [...]

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Rudolf Koller, Aratura, 1868, olio su tela, 137x204 cm, collezione privata, Zurigo

Agli occhi di quelle plebi piene di immaginazione e crucciate dalle privazioni il brigante appare ben altra cosa da quella che è realmente; di nanzi ad esse si trasforma, diventa un essere fantastico, il simbolo delle loro contrastate aspirazioni, il vindice [vendicatore] dei loro torti. La stessa leggenda alimenta la tradizione brigantesca. Il concetto popolare del brigante è tutto speciale, tutto proprio e conforme alle condizioni e alle disposizioni degli animi; la lurida realtà cede il posto a una finzione immaginaria d’indole affatto opposta; il brigante non è più l’assassino, il ladro, il saccheggiatore, ma l’uomo che con la sua forza sa rendere a sé e agli altri la giustizia a cui le leggi non provvedono; il masnadiere è trasformato in eroe. In questa metamorfosi si raccoglie una intiera storia di dolori non alleviati, di ingiustizie non riparate, ed un insegnamento morale che non può andare perduto. […]

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A sinistra, Thomas Allom, La famiglia di un brigante di Sonnino
A destra, la banda di Agostino Sacchitiello di Bisaccia, provincia di Avellino

I cattivi consigli della miseria non temperati dalla istruzione e dalla educazione, non infrenati da quella religione grossolana che si predica alle moltitudini, avvalorati dallo spettacolo del cattivo esempio prevalgono presso quegl'infelici, e l'abito a delinquere diventa seconda natura. La fioca voce del senso morale è soffocata, ed il furto anziché d'essere ripugnanza appare mezzo facile e legittimo di sussistenza e di guadagno, ond'è che sorgendo dall'occasione l'impulso al brigantaggio le sue fila non indugiano ad essere ingrossate. Su 375 briganti che si trovavano il giorno 15 aprile prossimo passato nelle carceri della provincia di Capitanata, 193 appartengono al misero ceto dei così detti braccianti. 

 

Guida alla Lettura

1) La commissione Massari riconosce la profonda miseria in cui vivono braccianti e contadini nel Sud? A che cosa ne attribuisce le cause?

2) Perché, secondo la commissione, i contadini si fanno briganti? In questo modo ti sembra che li giustifichi? Perché pensi che abbia dato questo giudizio?

3) Molti hanno detto che i piemontesi, venuti a contatto con le popolazioni del Meridione, abbiano provato il disprezzo e il senso di superiorità di chi si sente civilizzato rispetto a chi è selvaggio. Puoi trovare conferma di questo giudizio nelle parole della commissione?

4) Confronta le due immagini di briganti. Danno un’idea diversa del brigante?

 

5) La legge Pica può essere considerata la risposta immediata di tipo repressivo che la commissione Massari proponeva per lottare contro il brigantaggio? Controlla quando fu emessa.

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