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Sei in: Fare l'Italia, fare gli italiani - Il biennio 1848-1849 - 2 SPAZI, TEMPI, EVENTI - 2.5 I fatti di Toscana e la Repubblica Romana - Battaglia sulle mura di Roma 

Battaglia sulle mura di Roma

Questa lettera fu scritta da Emilio Dandolo all’amico Angelo Fava il 5 giugno 1849, due giorni dopo la morte del fratello Enrico e di tanti altri difensori della Repubblica Romana. Dal testo si coglie la drammaticità del momento.
Nato nel 1830, di tre anni minore del fratello Enrico, Emilio morì nel 1859 di tubercolosi, conseguenza della ferita di cui parla nel testo. Al suo funerale il 22 febbraio, pochi giorni prima dell’inizio della Seconda guerra d’indipendenza, parteciparono molte dame dell’aristocrazia milanese, che la polizia austriaca aveva chiamato “le oche”, perché si rifiutavano di partecipare alle feste dell’arciduca Massimiliano. Una di esse depose sul feretro una ghirlanda di camelie bianche e rosse circondate di foglie verdi tra gli applausi della folla e la rabbia della polizia.

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Legionari garibaldini a Roma

L’altro ieri alle 6 del mattino batté la generale. Noi eravamo cinque nello stesso appartamento e ci alzammo lieti e sicuri. Enrico aveva avuto la febbre il giorno prima, quella mattina si sentiva bene. Montammo allegramente in carrozza e ci recammo alla caserma in Campo Vaccino e non ci veniva neppure in testa che qualcuno di noi potesse morire. Sentivamo da lungi il cannone e ciò raddoppiava il nostro entusiasmo. Dopo due ore venne ordine di correre a porta S. Pancrazio. Giuntici, la prima compagnia sortiva. Il nemico occupava le alture di Villa Corsini e di Villa Panfili (a 600 passi circa dalla Porte) e faceva un fuoco micidiale. Venticinque soldati della prima compagnia cadevano in poco tempo morti o feriti. Venne ordinato alla seconda di escire di rinforzo e mio fratello si avanzò alla testa di essa con al fianco Morosini. Giunti presso a Villa Corsini, sortì un ufficiale francese con circa 30 uomini che fece con la mano segno amichevolmente di fermarsi e gridò in italiano: “Siamo amici”. Enrico ordinò alla compagnia di fermarsi; su quel punto i soldati francesi fecero una scarica. Erano a trenta passi. Enrico cadde trapassato da una palla nel petto. Venne rilevato da due soldati e trasportato in una stalla vicina. Visse pochi minuti, non parlò, ma solo pregò, movendo le labbra finché spirò. […]
Quando seppi che era ferito (mi si fece per quattro ore ignorare la verità), già colpito da una palla, corsi a cercarlo. Avevo come l’istinto della disgrazia: passai vicino al cadavere, e Morosini fu appena a tempo a nascondermelo. Finalmente Manara mi rivelò ogni cosa; io caddi a terra fuori di me; indebolito dalla ferita mal bendata e dal terribile colpo avutomi, mi trascinai sino in Roma, sostenuto da due soldati, fino a S. Pietro in Montorio dove riposava mio fratello. Io lo travidi di sotto al lenzuolo.
Era dietro al cancello chiuso di una Cappella, insieme a molti altri cadaveri. Mi sentii mancare di nuovo e fui portato a casa. Si sperava che il giorno si rinnovasse l’attacco, ma né ieri né oggi nulla di nuovo. I francesi tentano di porre le batterie ed i nostri li disturbano coi cannoni e coi bersaglieri. Da un momento all’altro ci attendiamo un attacco decisivo. Nel nostro Corpo (al combattimento erano presenti circa 40 Ufficiali e 500 soldati) noi contiamo 12 Ufficiali e 110 soldati morti e feriti: Garibaldi e i bersaglieri Bolognesi ebbero perdite quasi uguali. I nostri si sono battuti da veri soldati dalle otto del mattino alle sei di sera, senza mangiare, senza cedere un palmo di terreno, anzi, con tre attacchi alla bajonetta respingendo i francesi dalle loro forti posizioni. Che Iddio protegga e benedica il loro valore e le nostre disgrazie! Ora sono pronto a raggiungere mio fratello, se Dio vuole. Resto a letto perché la ferita mi fa male e voglio esser in caso di fare il mio dovere appena faccia bisogno.

 

Da Monti A., Quarantotto romantico ed eroico, Sansoni, Firenze 1948, pp. 176-178.

 

 

Guida alla Lettura

1) Qual era lo stato d’animo di Emilio Dandolo e dei suoi amici il 3 giugno e qual è quello del 5 giugno?

2) Quale giudizio dell’ufficiale francese emerge dal racconto di Emilio?

3) Controlla nell’unità sulla Repubblica Romana per quanti altri giorni riuscirono a resistere e quali tra i personaggi citati in questa lettera morirono nei giorni seguenti.

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